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L’automa giuocatore di scacchi (1883)

Da La Scienza per Tutti, Anno III, N. 7, 17 febbraio 1883.

” ■ Il barone di Kempelen, gentiluomo ungherese ed appassionato cultore di meccanica, dopo aver assistito ad una seduta di magnetismo data dal francese Pelletier alla corte di Vienna, asserì che si credeva capace di fabbricare una macchina molto più maravigliosa di quelle che gli avean fatte vedere. L’imperatrice lo prese in parola, e gli espresse il desiderio di vederlo mettersi subito all’opera. Quel desiderio era un comando, perciò il barone si ritirò nelle sue terre, a Presburgo, e, sei mesi dopo, presentò un automa che giuocava una partita agli scacchi col primo venuto e la guadagnava quasi sempre.
■ L’automa di grandezza naturale, vestito alla turca, era — seduto sopra una sedia collocata dietro ad un banco di legno, sul quale veniva collocato lo scacchiere. Prendeva i pezzi colla mano per giuocare, girava la testa a dritta ed a sinistra per meglio vederli, abbassava tre volte la testa quando dava scacco al re, due quando lo dava alla regina e finalmente levava il pezzo mal collocato deponendolo fuori dello scacchiere e giocava il suo. Ad ogni movimento del Turco si udiva il rumore prodotto dal muoversi interno degli ingranaggi, e ad ogni dieci o dodici mosse sì vedeva l’espositore, che si trovava presso l’automa, caricare il meccanismo e qualche volta rimettere a posto alcune ruote.

“L’automa giuocatore di scacchi di Robert Houdin – (Da una fotografia).”

■ Alcune porte aperte nel banco e nel corpo della figura mostravano che internamente non esistevano che meccanismi, ed una calamita, ad arte collocata in evidenza sui tavolo, faceva supporre che il magnetismo, allora in gran voga e tutto pieno di misteri, avesse la parte preponderante.
■ Fra le molte ipotesi formulate in proposito e discusse in due libri pubblicati l’uno nel 1785, l’altro nel 1789, due sembrarono le più verosimili: l’ una, che il corpo del Turco nascondesse un nano straordinariamente piccolo, l’altra, che il direttore agisse sull’automa mediante influenze magnetiche.
■ Queste due spiegazioni non chiarivano bastantemente il fatto, e le opinioni rimasero dubbiose e confuse sino a qualche anno fa, quando la pubblicazione di un libro anonimo portò la luce e svelò completamente l’arcano.
■ Daremo prima la descrizione esatta dell’apparecchio e della successione delle operazioni eseguite dall’espositore, quindi la spiegazione del giuoco.
■ Il banco od armadio, di tre piedi e mezzo di lunghezza, due di larghezza e due di altezza, era munito di porte e di cassetti di cui vedremo poi l’uso. La parte anteriore della seggiola era fissa al banco, e la posteriore poggiava al suolo con due piedi muniti di rotelle come i quattro del banco. La mano diritta del fantoccio poteva moversi sulla piattaforma superiore dell’armadio formante tavolo, e al principio dell’operazione brandiva una pipa, che poi veniva levata e collocata sopra un cuscino posto sulla tavola in una posizione determinata. Lo scacchiere situato dinanzi al giocatore aveva 18 pollici quadrati.

“Automa giuocatore di scacchi. – Disegni esplicativi della macchina.”

■ Passiamo alle manovre dell’espositore.
■ Questo grave personaggio munito d’una lampada, comincia col far esaminare agli spettatori l’interno dell’apparecchio. Egli apre la porta A (fig. 1) e la porta B (fig. 2) situate l’una rimpetto all’altra, introduce la lampada nell’interno dalla parte B in modo che gli spettatori, collocati dall’altra, possono vedere brillare la luce attraverso una serie di congegni e meccanismi che occupano tutta la larghezza dell’armadio. Chiude poscia a chiave la porta B, ritorna dinanzi alla macchina, apre il cassetto G (fig. 1) dal quale estrae una scatola contenente i pezzi del giuoco e il cuscino che fa scorrere sotto il braccio sinistro dell’automa; così il cassetto sembra fatto espressamente per contenere quegli oggetti. Infine apre le due porte C C che veggonsi nella parte anteriore dell’armadio, ed allora sì scorge un grande spazio vuoto colle pareti laterali coperte da una tenda scura e contenente due piccole cassette disuguali L e M varie cinghie e puleggie, destinate in apparenza a mettere in moto i meccanismi chiusi nelle cassette. Passa di poi nuovamente al di dietro, apre la porta D (fig. 2), introduce nell’interno la lampada per far vedere che non vi ha un doppio fondo e la chiude poscia immediatamente; poi ripete l’operazione colla medesima chiave sulle porte A e C. Fa quindi girare tutto l’apparecchio sulle rotelle sottoposte alle gambe per mostrare al pubblico la parte posteriore, rappresentata nella figura 2. Poscia solleva le vesti del Turco, ed apre le porte E ed F’ praticate nel dorso e nella coscia della figura, affinché il pubblico si convinca che là dentro non c’è nascosto nessuno. Queste due porte rimangono sempre aperte.
■ Dopo ciò rimette il Turco nella sua posizione primitiva, cioè colla faccia rivolta agli spettatori, porta via il cuscino e la pipa, e la partita può cominciare.
■ Spiegheremo ora, colla maggior possibile chiarezza, come la partita venga giuocata da un uomo nascosto nell’armadio il quale riesce a celarsi mediante una serie di spostamenti successivi, combinati coll’aprirsi delle diverse porte dell’apparecchio.
■ Il cassetto G, quando è chiuso, non giunge sino alla parete posteriore dell’armadio, laonde rimane uno spazio vuoto O, che non è mai mostrato agli spettatori, e che misura 14 pollici in larghezza, 8 in altezza e 2 piedi e 11 pollici in lunghezza (fig. 9, 10 e 11).
■ Il piccolo armadio che va da A in B è diviso in due da una cortina oscura S (fig. 8) che si alza quando sì apre la porta B e si abbassa quando vien chiusa. La parte anteriore dell’armadio è occupata dagli ingranaggi che figurano di far muovere l’automa, e la parte posteriore è vuota ed è separata dal grande armadio, rinchiuso dalle porte C, da un sipario R che pende liberamente, attaccato soltanto pel lembo superiore.
■ Il grande armadio C C ha una parte Q del fondo (quella che è collocata davanti al Turco), mobile intorno ad un asse orizzontale e caricata verso l’interno di un peso sufficiente per farla riprendere da sé stessa la posizione verticale. Nell’armadio la cassa L è mobile e serve a nascondere un foro aperto nella parete posteriore dell’armadio stesso, mentre la cassa M è fissa, ma senza tondo e copre un altro foro che si apre sopra lo spazio O. L’interno dell’automa è disposto come lo indicano le figure 8, 10 e 11. Finalmente la parete laterale del banco, situata alla destra del Turco, scorre entro scanalature orizzontali convenientemente nascoste, in guisa da permettere l’ingresso da questa parte nella camera R.
■ Si comprende che, se un uomo di piccola statura s’introduce da questo lato nel banco, potrà mettere le sue gambe nello spazio vuoto nascosto dietro al cassetto, e collocare il resto del corpo nell’armadio K, come lo mostra la figura 5. Spingendo poi il sipario che gli sta dinanzi e spostando la cassetta mobile L, può prendere la posizione indicata nelle figure 3 e 4. Egli colloca le estremità dei suoi piedi nella cassa M, ed è in questa posizione che attende che incominci la rappresentazione.
■ Come abbiamo veduto, la prima operazione dell’espositore consiste nell’aprire la porta A; il pubblico non vede che il meccanismo e dietro di esso la tenda oscura S, della quale non può apprezzare la distanza. Passa in seguito ad aprire la porta B, e contemporaneamente si alza la tenda S, laonde, quando introduce la lampada fra i varii congegni del meccanismo, il pubblico è convinto che là non vi può essere nascosto nessuno.
■ Chiude allora questa porta B a chiave, poi, ritornato dinanzi, apre il cassetto G ed eseguisce diverse operazioni per lasciar tempo al compare di prendere la posizione indicata nella figura 5. Essendo la cassetta L ritornata al suo posto e ricaduto il sipario R, quando si aprono le porte C il pubblico non vede che un armadio vuoto, e sebbene sia rimasta aperta la porta A, non può vedere il corpo del compare, poiché al chiudersi della porta D la tenda S è ritornata al suo posto. E allora che l’espositore, introducendo la lampada per la porta D, fa vedere che il grande armadio non ha un doppio fondo.
■ Le porte C vengono nuovamente chiuse colla stessa chiave, e ciò per far credere che le diverse chiusure sieno rese indispensabili dalla necessità di ritirare la chiave. Finalmente si fa vedere che il corpo del Turco è vuoto aprendo le due porte E ed F.
■ Dopo tutte queste operazioni l’espositore carica lentamente la macchina con grande fracasso d’ingranaggi, e frattanto il compare solleva il fondo mobile Q, ritira le gambe che teneva dietro al cassetto, introduce la parte superiore del corpo in una parte del fantoccio atta a dare alle sue reni un appoggio comodo e si siede sulla cassa L come lo si vede nelle figure 6 e 7. La partita può allora incominciare, ed il vero giuocatore segue il suo giuoco attraverso la stoffa trasparente, che costituisce la veste del Turco davanti ai suoi occhi. Perchè il compare possa facilmente introdurre il suo braccio destro in quello dell’automa, bisogna dare a quest’ultimo una posizione speciale che si giustifica coll’aggiunta della pipa nella mano e del cuscino sotto il gomito, oggetti che si levano al cominciare della partita.
■ Una semplice cordicina permette di far muovere una delle dita del fantoccio in guisa che possa prendere o lasciare i pezzi del giuoco. Il braccio sinistro del compare, che è rimasto nella macchina, è impiegato a far muovere la testa ed a produrre lo strepito dei meccanismi ad ogni movimento.
■ In realtà, nell’automa di Kempelen, era il braccio sinistro che faceva muovere i pezzi, ma ciò avveniva semplicemente perché il giuocatore nascosto era mancino. A questo proposito fu immaginato un romanzo molto commovente, nel quale si raccontava che l’uomo rinchiuso era un ufficiale polacco, che si era compromesso in una rivolta contro la grande Caterina, e che aveva perduto le gambe combattendo. Raccolto da Kempelen, questi l’aveva così bene nascosto dalle ricerche della polizia russa che l’infelice proscritto poté portarsi alla reggia e vincere al giuoco la sua sovrana.
■ Le figure che accompagnano il presente articolo sono una riproduzione fedele di quelle che si trovavano inserite nell’opera anonima che abbiamo menzionato.
■ Il prestigiatore Roberto Houdin portò alcune modificazioni all’apparecchio testé descritto, ed ora diremo in che cosa consistono.
■ Nell’automa di Kempelen, il cassetto inferiore non occupa che una parte della profondità del banco; mentre nell’automa francese (vedi figura) quando il cassetto è aperto sembra avere tutta la profondità del mobile. Però, quando lo si spinge per chiuderlo, la parete verticale del fondo è trattenuta: da un fermaglio, e mentre essa sta immobile, il piano orizzontale del cassetto e le pareti laterali continuano ad internarsi. L’illusione è completata dallo scacchiere che entra con tutti i suoi pezzi in piedi nella cassetta A, che non ha parete posteriore, e dalla cassetta D che s’interna nella C spingendo la parete verticale di essa, mobile intorno al suo spigolo orizzontale superiore. Di più il grande scompartimento, sulla sinistra dell’automa, presenta un tamburo mobile, dipinto in nero non lucido come il fondo, che può essere spinto in modo da contenere la parte superiore del corpo del giuocatore vivente quando si protende innanzi. Questa operazione vien fatta nel tempo brevissimo in cui la grande porta resta chiusa, poiché dopo viene immediatamente aperta, ciò che non ha luogo nell’automa Kempelen.
■ Houdin introdusse nella macchina molti altri perfezionamenti destinati, come si direbbe, a gettar la polvere negli occhi del pubblico, perciò moltiplicò le ruote, le leve ed i congegni di ogni sorta, e sopratutto studiò di rendere veritiero il movimento della mano che giuoca, mediante una serie di sottili balene che entrano nelle dita del guanto e si prolungano nella macchina.”

La speculazione del ghiaccio in America (1883)

Da La Scienza per Tutti, Anno III, N. 4, 27 gennaio 1883.

” ■ Il ghiaccio è in oggi diventato un oggetto utile a tutti. Le industrie se ne valgono al pari delle famiglie, di maniera che il consumo che se ne fa è diventato enorme, e la speculazione del ghiaccio va acquistando tutti gli anni maggiore importanza. Fino ad ora fu il ghiaccio naturale che fornì economicamente la materia universalmente consumata, ma il raccoglierlo non è un lavoro esente da molte pratiche difficoltà. Infatti si deve tener calcolo dell’inclemenza e della irregolarità delle stagioni, della deficienza di braccia necessarie per tagliare, raccogliere e mettere nei magazzini enormi quantità di ghiaccio in un tempo sovente brevissimo; quindi è che non di rado si perde il migliore ghiaccio della stagione per mancanza d’uomini e di forze per raccoglierlo.

■ Allo scopo di compire il lavoro necessario al taglio del ghiaccio e per poterlo eseguire nella stagione favorevole, il signor Chauncy A. Sager, di Valparaiso ha combinato una macchina a vapore ingegnosamente adatta per quell’uso. Questa fenditrice locomobile taglia lo strato di ghiaccio formatosi sulla superficie del lago che si vuol sfruttare, in liste longitudinali mano mano che si avanza, e produce delle incisioni trasversali equidistanti, le quali formano così dei massi quadrati perfettamente regolari e di dimensioni opportune per maneggiarli e conservarli. La macchina va innanzi lentamente e dritta, e nello stesso tempo fa agire le seghe circolari laterali. La lamina che produce le fenditure longitudinali è piantata sopra un lungo braccio situato dietro la macchina, perpendicolarmente all’asse dell’albero motore e si estende così ad una certa distanza; essa è governata da una corda che passa sopra una puleggia dell’albero motore.
■ Di fianco all’impalcatura principale della macchina se ne trova un’altra che porta una seconda sega circolare il cui piano è perpendicolare a quello della prima, ed è destinata a produrre le fenditure trasversali.
■ Questa sega riceve un movimento di rotazione per mezzo di una combinazione di ingranaggi conici, di carrucole e di coregge, la disposizione delle quali è indicata chiaramente nel disegno.
■ Una manovella imprime al telajo articolato lo spostamento necessario per produrre il taglio trasversale. Il movimento delle seghe obbedisce a leve regolate dal macchinista. Le ruote motrici son munite di punte e di ramponi che le fanno aderire fortemente alla superficie del ghiaccio, e la parte anteriore del veicolo e costruita in guisa da poterla voltare.
■ Quando non si adoprano le seghe e si vuol spostare la macchina, le braccia che le sostengono vengono rialzate e con esse le seghe.
■ Vedremo ora come questa macchina agisca. Il tutto insieme progredisce lentamente (nella figura di sinistra a destra); la sega di dietro è in moto e taglia longitudinalmente il ghiaccio, in pari tempo la seconda sega è messa a contatto col ghiaccio ed il telajo articolato si abbassa opportunamente per produrre la fenditura in virtù di una lamina metallica di forma arcuata situata dinanzi all’albero. Questa lamina penetra nel ghiaccio ed impedisce ogni movimento della sega in direzione parallela al suo asse.
■ Allorché la sega trasversale ha compito la sua corsa, durante la quale essa ha compresso una molla, la sega stessa viene estratta dalla fenditura e l’azione della molla la riconduce al punto di partenza, vale a dire alla larghezza che separa i due massi successivi.
■ Allora essa è pronta per eseguire un secondo taglio.
■ Alcune guide e fermi opportunamente disposti permettono di produrre delle sezioni longitudinali perfettamente parallele e dei massi perfettamente eguali limitando la corsa della sega trasversale, il che agevola la raccolta. Questa macchina lavora con grande rapidità e sarà certamente bene accetta da tutti quelli che conoscono il valore del tempo durante la stagione propizia alla raccolta del ghiaccio.”

L’Isolatore (1925) (TR)

Da Science and Inventions, Vol. XIII, N. 3, luglio 1925.
Di Hugo Gernsback, membro dell’American Physical Society.

” ■ Forse la cosa più difficile che un essere umano è chiamato ad affrontare è il pensiero lungo e concentrato. Sia che si tratti di un avvocato, che cerca di formulare o memorizzare l’arringa di un caso particolare, sia che si tratti di un inventore con un complesso problema da risolvere, sia che si tratti di un commediografo che cerca di imbastire un intreccio intricato, diventa necessaria un’intensa concentrazione sull’argomento.

“L’autore al lavoro nel suo studio privato, aiutato dall’Isolatore. Eliminando i rumori esterni, il lavoratore può concentrarsi con facilità sull’argomento da trattare.”

■ La maggior parte delle persone che desiderano concentrarsi trova necessario rinchiudersi in una stanza quasi insonorizzata per proseguire il proprio lavoro, ma anche in questo caso ci sono molte cose che distraggono l’attenzione.
■ Supponiamo che siate seduti nel vostro studio o nella vostra stanza di lavoro, pronti ad accingervi al vostro compito. Anche se la finestra è chiusa, i rumori della strada filtrano e distraggono la vostra attenzione. Qualcuno sbatte la porta di casa e subito la vostra tendenza a pensare viene disturbata.
■ Da qualche parte suona il campanello della porta o squilla il telefono, il che è sufficiente, in quasi tutti i casi, a interrompere il flusso dei pensieri.

■ Ma anche se regna una quiete suprema, siete voi stessi a disturbare praticamente il cinquanta per cento del tempo. Ci si appoggia alla sedia e si inizia a studiare il disegno della carta da parati, o si vede una mosca muoversi lungo il muro, o una tenda della finestra dondolare avanti e indietro: tutto ciò è spesso sufficiente a distogliere la mente dal compito immediato da svolgere.
■ Chi vi scrive ribadisce che la più grande difficoltà che la mente umana deve affrontare è la mancanza di concentrazione, dovuta principalmente a influenze esterne.

“Dettagli del casco Isolatore. La visione avviene attraverso come mostrato.”

■ Se in un sol colpo riuscissimo a eliminare queste influenze, non solo ne trarremmo un grande beneficio, ma il nostro lavoro sarebbe portato a termine più rapidamente e i risultati sarebbero nettamente migliori.
■ Chi scrive, dovendo svolgere quasi quotidianamente, nell’ambito delle sue mansioni editoriali, molti compiti che richiedono una notevole concentrazione, ha scoperto che è quasi impossibile mantenere la mente su un argomento per cinque minuti senza essere disturbati. Per questo motivo, ha costruito il casco mostrato nelle illustrazioni a corredo, il cui scopo è quello di eliminare tutte le possibili interferenze che attanagliano la mente.

“Il vetro esterno dell’elmetto Isolatore viene annerito come mostrato a sinistra e poi dotato di una fessura.”

■ Il problema era innanzitutto quello di eliminare il rumore esterno. Il primo casco costruito come da illustrazione era in legno, rivestito di sughero all’interno e all’esterno e infine ricoperto di feltro. Per gli occhi sono stati inseriti tre pezzi di vetro. Davanti alla bocca c’è un diaframma, che permette la respirazione ma tiene fuori il suono. La prima costruzione ebbe un discreto successo e, pur non escludendo tutti i rumori, raggiunse un’efficienza di circa il 75%. Il motivo era che veniva utilizzato legno massiccio.
■ In un casco successivo, in fase di costruzione, è stata inserita un’intercapedine d’aria, come nella nostra illustrazione, senza l’impiego di legno nella costruzione. Questa caratteristica dovrebbe garantire un’efficienza compresa tra il 90% e il 95%, escludendo praticamente tutti i suoni.

“Una vista in sezione dell’ufficio o dello studio ideale dove si svolge un lavoro che richiede concentrazione. Sono previsti tutti i dispositivi per il comfort degli occupanti.
Nell’ufficio ideale, tutti i suoni che potrebbero infastidire gli occupanti sono eliminati da porte, pareti e finestre appositamente costruite.”

■ Si noti che i vetri direttamente davanti agli occhi sono neri. La costruzione prevedeva l’uso di normali vetri per finestre, mentre il vetro esterno era interamente dipinto di nero. Due piccole linee bianche sono state tracciate nella pittura, come mostrato. L’idea è la seguente:
Lo scrittore pensava che escludere i rumori non fosse sufficiente. L’occhio continuerebbe a vagare, distraendo così l’attenzione. Se le due linee bianche sono state tracciate sul vetro, il campo attraverso il quale l’occhio può muoversi è relativamente ridotto. Nell’illustrazione n. 1, si può notare che è quasi impossibile vedere altro che un foglio di carta davanti a chi indossa il casco. Non c’è quindi alcuna distrazione ottica.
■ È stato inoltre riscontrato che se solo il casco viene utilizzato per più di quindici minuti alla volta, chi lo indossa diventa più o meno sonnolento. Questo non favorisce la riflessione e per questo motivo chi vi scrive ha introdotto una piccola bombola di ossigeno, collegata al casco. Questo migliora la respirazione e ravviva notevolmente il soggetto.
■ Con questa disposizione si scopre che un compito importante può essere portato a termine in breve tempo e la costruzione dell’isolatore si rivelerà un ottimo investimento.”