Lo spettreliografo dell’Osservatorio di Catania

Da La Scienza per Tutti, Anno XXII – N. 16 – 15 agosto 1915

“La descrizione che ne segue è tolta da una nota, alla Regia Accademia dei Lincei, del prof. Riccò che fu il primo ad introdurre l’apparecchio in Italia (1906). Lo spettreliografo è invenzione dell’astronomo americano prof. G. E. Hale.

Lo strumento si compone di una intelaiatura rettangolare fissa A, che si attacca al refrattore, e di una intelaiatura B mobile su 12 rotelle, che porta i principali pezzi ottici, cioè il collimatore C con la prima fessura ed il suo obbiettivo, l’altro tubo parallelo D, con la seconda fessura e con l’obbiettivo della camera fotografica, l’apparato dispersivo, composto dei due prismi E, e lo specchio F, oppure il reticolo. Alla parte fissa è attaccata la camera G col telaio per la lastra sensibile; una carrucola H, su cui passa la corda, che per mezzo di un peso mette in movimento la parte mobile; una clessidra I, la quale regola il movimento con la resistenza uniforme che presenta l’acqua (con 20 % di glicerina) nel passaggio dalla camera anteriore alla posteriore o viceversa, attraverso al rubinetto L più o meno aperto.

“Protuberanze solari osservate (Trouvelot) il 15 aprile 1872.”

L’obbiettivo del collimatore e quello della camera sono doppi, da ritratti. I prismi sono di vetro di Jena O 102, molto dispersivo e trasparente per i raggi bleu e violetti: hanno l’angolo rifrangente di 66°, e pro-ducono una deviazione totale di circa 120°. Il reticolo di diffrazione ha la superficie rigata 46 x 83 mm., e contiene 600 linee per millimetro. Lo specchio è di vetro argentato anteriormente. Lo strumento può essere adoperato in 3 modi: la prima combinazione, specchio a prismi, è quella rappresentata nell’annesso schema; nella seconda combinazione lo specchio viene surrogato dal reticolo; nella terza il reticolo si mette nel posto dei prismi. Il tubo D porta al di sopra della seconda fessura, lateralmente e perpendicolarmente al suo asse ottico, un cannocchialino o microscopio (non indicato nello schema), il quale, mediante un prisma a riflessione totale, fa vedere la faccia anteriore della seconda fessura, e quindi può servire a mettere nel piano focale dell’ obbiettivo della camera la fessura stessa e la lastra sensibile, come si vedrà.

“Schema dello spettreliografo dell’Osservatorio di Catania.”

Lo spettreliografo pesa circa 45 kg. Per non aggiungere tutto questo peso alla estremità oculare del cannocchiale, in questo si sono da prima tolti tutti i contrappesi che vi erano e tutto ciò che non era strettamente necessario per l’uso dello spettreliografo; così si alleggerì il refrattore di quasi quanto è il peso dello spettreliografo.
Per unire lo spettreliografo al cannocchiale, si è costruito una piattaforma M anulare, di ghisa, che si unisce alla intelaiatura esterna fissa A dello spettreliografo mediante otto viti che penetrano nella detta intelaiatura, passando per otto spacchi circolari della piattaforma: così si possono dare diversi orientamenti allo spettreliografo rispetto al cannocchiale e si può rettificarne la posizione con spostamenti, scorrendo entro gli spacchi, prima di stringere le otto viti. Dalla piattaforma sorgono quattro tubi d’acciaio N con le estremità fatte a vite, le quali penetrano in quattro occhi O praticati in quattro forti pezzi d’acciaio a squadra P, che col braccio più lungo sono imbollonati lungo il tubo del cannocchiale Q e su di un anello di ferro che lo abbraccia a 40 cm. dall’estremità. Con dadi e controdadi i quattro tubi si possono fissare in modo che l’asse ottico del collimatore sia parallelo a quello del cannocchiale, e da prima fessura sia prossimamente nel piano focale dell’obbiettivo del refrattore.
L’attacco è riuscito ben rigido ed abbastanza leggero (pesa 10 kg.). Per equilibrare questo nuovo peso e tutto l’apparato in declinazione, si è dovuto applicare all’altra parte del tubo una fascia di piombo; per equilibrare poi il refrattore in ascensione retta, è bastato spostare alquanto in fuori i grandi contrappesi, posti all’estremità dell’asse di declinazione.
RETTIFICHE. – Per centrare il collimatore col cannocchiale si è posto sulla prima fessura allargata una lamina con un foro corrispondente al centro della fessura medesima, poi si è adattato all’ obbiettivo del collimatore una specie di cappuccio, portante un vetro smerigliato, su cui sono segnati dei circoli concentrici all’ obbiettivo stesso; quindi si sono allungate od accorciate le colonne opposte dell’attacco, finchè, fatta cadere l’immagine focale del sole formata dal refrattore sul detto foro,. si vedesse sul vetro smerigliato un dischetto lu-minoso ben concentrico ai detti circoli.
2) Per mettere in prima approssimazione la prima fessura nel piano focale dell’obbiettivo del refrattore per i raggi violetti, si è determinata la posizione di questo fuoco rispetto al portaoculare, mediante lo spettroscopio: poi si è perfezionata questa determinazione facendo con lo spettreliografo delle serie di fotografie dello stesso gruppo di macchie e facole solari, mentre si avvicinava o si allontanava la prima fessura dalla posizione prima trovata.
3) Per mettere la prima fessura nel fuoco del collimatore, si è posto davanti ad essa un filo finissimo, e collocato lo specchio dello spettreliografo in posizione perpendicolare all’asse del collimatore stesso, si è variata la distanza della fessura dall’obbiettivo, fino a vedere ugualmente ben distinto il filo e la sua immagine riflessa.
4) Per mettere la pellicola della lastra sensibile nel piano focale dell’obbiettivo della camera, si è posta nel telarino di questa una lamina di vetro comune, su di una faccia del quale si sono fatti tratti finissimi col diamante; e poi si è spostata la camera, finchè nel cannocchialino adiacente si vedessero nettamente insieme i detti tratti e le righe dello spettro.
Si ammette per ora che i prismi siano nella posizione della minima deviazione per i raggi violetti, e che non vi sia altra rettifica da fare, ciò che per la nota grande abilità del costruttore (O. Toepfer und Sohn di Postdam) dev’essere molto prossimamente vero.
PROVE. — Eseguite le rettifiche e posto al luogo della seconda fessura una camera oscura, si sono fatte delle fotografie dell’intero spettro, che sono riuscite finissime, ma con le righe fortemente curvate (raggio di curvatura circa cm. 4 1/2), per il noto effetto della incidenza obliqua dei raggi che provengono dalle estremità della fessura (rettilinea) e vanno ai prismi, e la conseguente più forte rifrazione di essi raggi. Rimessa la seconda fessura, che ha curvatura uguale a quella della riga K del calcio, e fatte delle fotografie del disco solare, facendo funzionare regolarmente lo spettreliografo, cioè scorrere la prima fessura sotto l’immagine focale del sole, formata dal refrattore e mantenuta immobile dal suo motore, la fotografia del sole è riuscita molto sensibilmente ovale.
La ragione di questa deformazione è, che per ogni elemento rettilineo del disco solare, lasciato passare dalla prima fessura, se ne produce nella seconda fessura un’immagine curvilinea avente per corda la lunghezza della prima fessura, con gli estremi spostati verso il violetto, per modo da uscire dal contorno dell’ immagine ideale circolare.
Wadsworth ha dimostrato che quando nello spettreliografo vi è un numero dispari di riflessioni, la predetta deformazione si può eliminare, facendo entrambe le fessure curve e con raggio di curvatura metà di quello delle righe, e la curvatura rivolta alla stessa parte: e ciò per la inversione simmetrica che I’ immagine subisce nella riflessione. Provato prima questo espediente, applicando sulla fessura prima e seconda, allargate al massimo, due fessure provvisorie tagliate in lamina metallica sottile, l’immagine del sole data dallo spettreliografo riuscì ben rotonda. Allora si fecero eseguire altre due fessure di platino-iridio, come le prime, ma entrambe curve e col raggio di curvatura di 83 mm.; che è il doppio del raggio di curvatura della riga H, esattamente misurata sulla fotografia ottenuta con la prima fessura dritta. Messe a poste le nuove fessure, e rifatti i necessari saggi e le necessarie rettifiche, si ebbero alfine buone fotografie, con contorno perfettamente circolare, rappresentanti esattamente e finamente macchie, protuberanze, facole e floccoli.
ORIENTAMENTO. – Dopo aver provato diversi orientamenti dello spettroeliografo rispetto al refrattore, si è visto che il più conveniente per l’Osservatorio di Catania è quello in cui la parte mobile dello spettreliografo si muove da Ovest verso Est, cosicchè di primo mattino, (epoca in cui l’Osservatorio lavora per l’Unione internazionale per gli studii solari) lo spettreliografo scende per il proprio peso e quindi si risparmia di far uso del peso motore; il che costituisce una semplificazione che giova al buon funzionamento.
Tale orientamento fu dato allo spettreliografo con grande approssimazione: però di tempo in tempo si fa la fotografia dell’orlo nord e sud col refrattore immobile, portando la prima fessura, molto allargata, da una all’altra estremità della corsa del carrello dello spettreliografo e lasciando passare dall’una all’altra posizione il sole col suo moto diurno. Si verifica poi se la congiungente o la tangente comune delle due fotografie dell’orlo è parallela alla traccia lasciata dalla estremità della fessura nel fare la fotografia ordinaria del disco solare.
ESECUZIONE DELLE FOTOGRAFIE. – Quando si fotografa la cromosfera e le protuberanze, affinchè la viva luce del disco solare, durante la lunga esposizione necessaria, non alteri l’immagine, si attacca alla parte fissa dello spettreliografo un dischetto o schermo nero che intercetta quasi tutta l’immagine focale del sole, eccetto l’estremo orlo.
La riga K si vede con l’apposito cannocchialino con estrema difficoltà, anche facendo uso di un vetro violetto, applicato all’oculare; perciò si è stabilito di servirsi della riga H, che si vede con minor difficoltà.
Il tempo dell’esposizione, ossia il tempo della corsa della fessura attraverso il disco solare, è fra sei e dieci secondi per la fotosfera, e circa due minuti per le protuberanze.
Per la fotosfera si adoperano lastre «Lumière» comuni (etichetta bleu) o lastre «Proces» di Wratten per la cromosfera e protuberanze, lastre «Lumière» extra-rapide (etichetta violetta).
L’esecuzione quotidiana delle fotografie con lo spettreliografo è affidata al sig. L. Taffara, assistente dell’Osservatorio, il quale aiutò assiduamente il direttore dell’Osservatorio stesso nelle ultime operazioni di installamento dell’apparecchio, apprendendo bene il maneggio non facile nè semplice dello strumento.

“La fotosfera (fotografie dell’astronomo Hale).”

Non comprendendo (come si disse) lo spettreliografo tutta la immagine solare, ogni giorno si fa una fotografia comprendente più del semidisco settentrionale, una fotografia comprendente più del semidisco meridionale, una fotografia comprendente la zona centrale. Così con le due prime fotografie si ha il disco più che completo, e con la terza si ha la ripetizione della zona centrale, che per esser estesa circa 90°, contiene che per esser estesa circa 90°, contiene sempre le zone di maggior frequenza delle macchie, delle facole e delle protuberanze eruttive, e quindi è la più importante. Con le due prime fotografie, troncandole secondo il diametro Est-Ovest, e col controllo della terza, è facile comporre l’immagine dell’intero disco. Tutto ciò vale tanto per la fotosfera, come per la cromosfera con le protuberanze.
Dai primi di giugno 1908 si fanno, all’Osservatorio di Catania, regolari e quotidiane fotografie della fotosfera e della cromosfera con le protuberanze.

“Fotografia d’una macchia solare.”

Osservazioni visuali della cromosfera e delle protuberanze solari furono raccolte, per un periodo d’oltre quarant’anni, dalla Società degli Spettroscopisti italiani; nelle Memorie della Società figura un piano di statistica generale di dette osservazioni fatte quando non si poteva ancora usufruire dell’ausilio fotografico offerto dallo spettreliografo.”

La straordinaria protuberanza solare del 5 maggio 1915

Da La Scienza per Tutti, Anno XXII – N. 16 – 15 agosto 1915


“Dopo il minimo undecennale dell’attività solare che ha avuto luogo nel secondo semestre del 1913, la produzione delle macchie, delle facole ed anche delle protuberanze solari è stata in deciso aumento, tanto per frequenza che per dimensioni, e l’aumento divenne anche più notevole al principio del 1915, in cui si ebbero grandi e numerose macchie, facole e protuberanze.
È noto che le protuberanze, quelle gigantesche masse di gas e vapori (idrogeno, elio, calcio, ecc.), incandescenti, quelle fiamme che vengono eruttate dalla superficie del sole, si vedono ad occhio nudo soltanto durante le eclissi totali di sole, quando l’astro abbagliante è occultato dalla luna, la quale lascia libero soltanto il contorno del sole da cui spuntano le protuberanze; in ogni altro tempo per osservarle occorre lo spettroscopio; e la loro immagine con esso si può vedere nelle luci semplici e di varii colori dei gas e vapori che la costituiscono.
Collo spettroscopio la luce in cui ordinariamente si osservano le protuberanze è la rossa della riga C fraunoferiana dell’ idrogeno, che è la più luminosa.
Sempre però le protuberanze si vedono soltanto per la loro parte che si proietta fuori del disco solare, perchè entro sono rese invisibili della gran luce soverchiante della fotosfera.
Le protuberanze si possono anche fotografare durante le eclissi, ed in ogni tempo con lo spettreliografo, strumento analogo allo spettroscopio, ma più complicato. In questo strumento ordinariamente l’ immagine si ottiene colla luce violetta delle righe del calcio, H ovvero K, che hanno una forte azione fotografica.
Il 3 maggio ho osservata all’ orlo SW del sole una mediocre protuberanza alta un minuto d’arco (circa 1/16 del raggio del disco solare) alla latitudine eliografica (cioè riferita all’equatore solare) — 46° : era la cima della grande protuberanza che avvicinandosi al tramonto in causa della rotazione del sole, si vedeva sporgere di tanto oltre il contorno occidentale del sole; il giorno 4 la protuberanza assai lucida sporgeva per 7 /100 del raggio solare; il giorno 5 la grande protuberanza era arrivata presso a poco sul contorno visibile del sole e quindi si vedeva in tutta la sua imponente altezza (vedi figura) e con vivissimo splendore; però terminava in alto con brandelli poco luminosi, sospesi sopra la cima i quali alle 8h 50m (tempo medio E. C.) arrivavano all’altezza di 4′ 46″, circa 3/10 del raggio solare: ma questi scomparvero presto, ed a 8h 52m restava la parte più lucida che terminava all’altezza di 2/10 del raggio solare.

“Protuberanza solare osservata il 5 maggio 1915 dal prof. A. Riccò, direttore dell’osservatorio di Catania. (Altezza massima della fiammata: 210.000 chilometri.)”

Il giorno 6, la protuberanza dalla rotazione del sole portata in piccola parte dietro al disco, fu vista con forma singolare assai diversa da quella del giorno precedente e con l’altezza di quasi 9/100 del raggio solare; il giorno 7, quantunque una parte più notevole della protuberanza fosse dietro alla rotondità del sole, si vide più alta che al giorno precedente e assai lucida, ma in forma di lingua o fiamma semplice, alta più di 11/100 del raggio solare.
Dopo, fino al 13 maggio, il cielo non fu mai completamente sgombro, come è necessario per queste osservazioni, cosa eccezionale per il mese di maggio in Sicilia. Della grande protuberanza non si vedeva più traccia; del resto avrebbe dovuto esser alta più di 1/5 del raggio solare per potersi vedere da dietro il globo solare, ove era.
Dunque nel mattino del 5 maggio la protuberanza in discorso, che era di singolare bellezza, raggiunse con la sua parte più brillante l’altezza di 3′ 21″, cioè 2/10 del raggio solare, ossia 140.000 km. di altezza; circa come 11 diametri terrestri; ma i brandelli più alti e più deboli che scomparvero fra 8h 50m e 8h 52m raggiunsero l’altezza enorme di 4′ 46″, cioè 3/10 del raggio solare, cioè 210.000 km., circa come 16 1/2 diametri terrestri; vale a dire come una pila o fila di più che 16 globi terracquei messi l’uno sull’ altro.
Si ha una migliore idea della grandiosità di questo fenomeno solare confrontando la sua immagine con quella del globo terrestre, disegnato nella stessa scala nella figura. Quanti globi come il nostro potrebbero essere avvolti da una immensa fiammata come questa!
Le fotografie dell’orlo solare fatte dal prof. G. A. Favaro con lo spettreliegrafo prima e più dopo le 8h50rn, dietro mio avviso, dànno altezze notevolissime, ma tutte inferiori a quella massima misurata con lo spettroscopio poichè non si potè cogliere il momento di quel massimo, e dopo la protuberanza andò decrescendo.
Queste dimensioni così colossali possono parere fantastiche, incredibili; pure la loro determinazione è facile e sicurissima.
Il nostro spettroscopio (come tanti altri) permette di misurare con precisione il diametro del sole e l’altezza delle protuberanze. Ora dietro misure accuratissime degli astronomi, si sa esattamente quanto è il diametro del sole, ed in cifra tonda è 1.400.000 km., quindi con la semplice regola del tre si determina l’altezza delle protuberanze.

“Protuberanze solari osservate (Trouvelot) il 29 aprile 1872.”

La protuberanza vista nello spettroscopio sulla riga C appariva come una magnifica e colossale fiamma rossa, inchinata verso il polo sud del sole, formata di lunghe striscie o lingue fitte e lucidissime nella parte più luminosa, men fitte e men luminose nei lembi sospesi in alto e nella parte pendente al suo lato occidentale (sinistro della figura) a guisa di un immenso fiocco.
Le protuberanze di simile altezza sono veramente straordinarie e l’osservazione delle medesime è rara, anche perchè raggiungono rapidamente le maggiori altezze e rapidamente si abbassano, od anche si dileguano; però talora ne sono state osservate e misurate anche di più alte. Citerò un solo esempio: quello della protuberanza osservata e misurata dal Padre Fényi a Kalocsa (Ungheria) il 19 settembre 1893; anch’essa aveva la forma di una fiamma verticale e raggiunse l’altezza di 8′ 18″, cioè 360.500 chilometri!
Prof. A. RICCÒ.

Corona e protuberanze incandescenti del Sole

Da La Scienza per tutti, Anno XXII – N. 16 – 15 agosto 1915

“Durante un’eclissi totale di Sole, la Luna, che copre l’astro diurno, appare con un’aureola luminosa, di color argenteo, a raggi: è la corona, nella cui conformazione si constata, ad ogni eclissi, una qualche differenza. Si riuscì a dimostrare com’essa travisi in istretto rapporto con la situazione delle macchie solari e con la loro periodicità.
Nella fase massima di esse si vede la corona cingere uniformemente il disco solare; si nota pure, nei raggi della corona, uno sviluppo pressochè uguale in tutte le direzioni. Un’ illustrazione di questa pagina rappresenta appunto tale fenomeno, constatato e fotografato da Schorr in Suk-Ahras (Algeria) durante l’eclissi totale del 30 agosto 1905.
Nella fase minima invece la corona si estende, prevalentemente, in direzione dell’equatore solare, mentre ai poli dell’astro compare una corta radiazione flabelliforme, analoga alle linee d’ energia magnetica, il che indica una connessione inconfutabile della corona con le forze magnetiche.
Altra illustrazione dà qui una veduta della corona nel momento dell’accennata fase minima delle macchie solari, secondo una fotografia, di Pickering, dell’eclissi totale avvenuta il 1° gennaio 1889.
Inoltre, nel corso d’un’eclissi totale, sono visibili, lungo l’orlo del Sole, tipiche formazioni rosee che o aderiscono all’astro elevandosi a guisa di monti o fiamme, o appaiono sospese su di esso come nubi; sono le protuberanze, osservate con attenzione, la prima volta, durante l’eclissi del 1842. In occasione poi di quella avvenuta nel 1868, Janssen e Lockyer si giovarono, per le loro osservazioni (e furono i primi), dello spettroscopio. Si conobbe da allora con esattezza la composizione delle protuberanze.
A spiegare le linee oscure dello spettro solare, (linee di Fraunhofer) convien ammettere, nell’incandescenza solare, un nucleo gasoso circondato da un’atmosfera di temperatura assai più bassa. La coincidenza delle linee nere di Fraunhofer con quelle chiare indica la presenza di gas metallici, la qual cosa prova, dal canto suo, la presenza di quest’ultimi nell’atmosfera solare e prova inoltre come la maggior parte degli elementi chimici del globo terrestre, e a noi noti, si trovi pure nella detta atmosfera : vi mancano solo l’antimonio, il fosforo, il tallio, l’arsenico, l’oro, il bismuto, il selenio, il boro, il litio, il mercurio, lo zolfo. Le macchie solari, poi, nello spettro stesso dànno linee nere più grosse; donde il padre Secchi concluse che, in esse, i gas metallici si trovano in uno stato di maggior densità.
Invece le protuberanze dànno — sempre nello spettro — più linee coincidenti con le principali linee dell’ idrogeno, dell’elio e del calcio. Da ciò risulta la possibilità di osservar tali formazioni in piena luce solare, e nello stesso disco solare. Vi è infatti nello spettroscopio uno o più prismi mercè i quali lo spettro della luce solare, sì molesta, insopportabile all’occhio, si attenua, diffondendosi, in modo che non abbaglia più, mentre le protuberanze, ove si allarghi la fessura (Lockyer, Zòllner), rimangono visibili nella luce delle linee chiare dell’idrogeno, dell’elio e del calcio – prova questa indiscutibile che le protuberanze sono costituite dai gaz idrogeno, elio e calcio allo stato incandescente, i quali possono, in masse di forme assai diverse, salire, con impeto e velocità sorprendenti, fino all’altezza di 1 a 3 minuti di arco, ed anche più in casi speciali.
Un velo rovente di gas idrogeno avvolge pure iI corpo solare alto in qualche luogo 7000 km., in altri ancor più; è la cromosfera che presenta, nella sua ampiezza media, numerose sporgenze in forma di gruppi di fiammelle.
La corona infine offre uno spettro ininterrotto in cui s’avvertono alcune linee chiare, compresa una verde, che devesi attribuire a un elemento speciale, ignoto, che fu chiamato coronio (1).
Nello spettro si notano parimenti, chiarissime, le linee del calcio. Donde la possibilità di fotografare insieme facole e protuberanze in piena luce solare. Si può — giovandosi dello spettreliografo di Hale — eseguire un tal lavoro con la luce monocromatica delle linee del calcio K e H.
(1) Nell’eclisse del 21 agosto 1914 si è trovato nello spettro della corona un nuovo gruppo di righe rosse.”

A sinistra. – Eclissi solare 30 agosto 1905. – A destra. – Eclissi solare 1889.”

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