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La raffinazione dello zucchero in Francia nel 1864

da LE MONDE ILLUSTRÉ, Journal hebdomadaire N° 380 del 23 luglio 1864

Una visita alle raffinerie di zucchero del sig. Cézard, presso Nantes.

Coloro che si interessano, secondo diversi punti di vista, dell’importante questione del commercio, della fabbricazione e della raffinazione degli zuccheri, leggeranno, con interesse, noi speriamo, alcune informazioni su uno degli stabilimenti francesi che tratta questa preziosa derrata sulla più vasta scala. Le persone, e sono numerose, che consumano lo zucchero senza essere informati su come venga prodotto nelle fabbriche, troveranno in questa nostra guida un insegnamento che non dovrebbero disdegnare.
Le raffinerie che siamo andati a visitare, appartenevano al sig. Cézard, il quale si dice, si sia deciso a cederle a una potente società per azioni. Tutti gli uomini competenti sanno che, sotto la direzione del loro antico proprietario, queste officine hanno ottenuto il più alto grado di perfezione come installazione e come organizzazione del lavoro.

GRANDI INDUSTRIE FRANCESI. – Vista esterna e reparto principale della raffineria dei Récollets, di proprietà del sig. Cézard, presso Nantes.

Non c’è una sostanza alimentare più diffusa universalmente dello zucchero. Non tutti i popoli conoscono il pane e ci sono pochi paesi dove lo zucchero non rientri nell’alimentazione con una cifra bella tonda. Sotto il regno di Enrico IV, duecentosessanta anni fa, lo zucchero era così raro in Francia, che veniva venduto all’oncia presso le farmacie; più o meno come al giorno d’oggi noi compriamo la china. Nel 1700, il consumo totale in Francia non superava il milione di chilogrammi. L’apprezzamento per questo dolcificante crebbe talmente tanto durante il XVIII secolo, che nel 1789, 23 milioni di chilogrammi furono consumati. Le guerre della rivoluzione, il sistema continentale e i dazi esorbitanti posti da Napoleone I° allo zucchero esotico, ridussero di molto il consumo. Quando più tardi il paese aveva restituito una grande attività al commercio delle colonie, si è avuto, in seguito alla riduzione dei dazi e al benessere divenuto più generale, un grande incremento nella vendita dello zucchero. Ai giorni nostri, la diminuzione del prezzo ha influito sul consumo che ha grandemente contribuito ad aumentare. Nonostante il rapido aumento in Francia, siamo ancora al di sotto degli Stati Uniti e dell’Inghilterra dove la cifra di questo consumo, per individuo, è ancora doppia rispetto a quella francese. L’impego di zucchero in Francia nel 1864 non si valuta in meno di centinaia di milioni di chilogrammi. Quale immenso progresso in mezzo secolo!
La grande fabbrica del sig. Cézard conosciuta con il nome di fabbrica Launay, fonde, essa soltanto da 80 a 90.000 chilogrammi di zucchero al giorno.
La seconda fabbrica detta dei Récollets, tratta ogni gorno da 35 a 40.000 chilogrammi. Questo assicura ogni anno, tra le due fabbriche insieme, circa 36 milioni di chilogrammi, una grandissima parte, come si può vedere, dell’attuale consumo francese.

GRANDI INDUSTRIE FRANCESI. – Reparti principali della raffineria di zucchero di Launay, di proprietà del sig. Cézard, presso Nantes.

La fabbrica Launay, nella quale siamo andati a studiare il lavoro di raffinazione, ha i propri edifici costruiti su una superficie di ventimila metri quadri. Le costruzioni erette monumentalmente dominano su vasti cortili.
Le comunicazioni avvengono su larghe strade e abbastanza comode dove possono circolare e girarsi i lunghi barrocci e i pesanti carri; i primi, carichi di botti della Martinica; gli altri, piegati sotto il peso dei sacchi di giunco intrecciato dell’Avana, o i sacchi di cotone dell’isola di Cuba.
Durante tutto il giorno, i portoni aperti lasciano entrare l’ininterrotta fila di questi veicoli, che forse sostituiranno in breve tempo i vagoni della linea di Orléans, quando una ramo speciale verrà a servire la fabbrica.
Numerosi operai sfondano le botti, sventrano i sacchi e ci mostrano gli zuccheri diversamente colorati, a seconda della loro qualità e della loro provenienza. È presso le caldaie per la fusione che comincia la serie dei trattamenti ai quali lo zucchero va sottoposto. Attraverso un’atmosfera carica di vapore alla quale gli occhi fanno fatica ad abituarsi, proviamo a renderci conto di questa prima operazione. Lo zucchero viene gettato nelle caldaie contenenti dell’acqua resa bollente dal vapore di un bollitore posizionato sul fondo della vasca. Un operaio con un mouveron [spatola da raffineria] agita la massa pastosa. Questo liquido non ha niente di attraente a vedersi. É nero, ribollente e colloso; mille impurità fluttuano sulla sua superficie. Si fa fatica a immaginarsi che un giorno zucchererà il nostro caffè. Ma, pazienza! ecco che viene gettata nella caldaia dell’acqua di calce e del nero animale fino. Quando il nero viene diluito e l’ebollizione inizia, viene aggiunto del sangue di bue diluito con acqua. L’albumina del sangue si coagula al calore e trattiene il nero fino e molte sostanze estranee che impedirebbero la chiarificazione.

Ecco la seconda fase della raffinazione. Le caldaie per la chiarificazione dello zucchero sono situate ai piani superiori. Si fa passare lo zucchero fuso in miscelatori, nei quali viene introdotta una pressione di vapore. Nei chiarificatori, si lascia montare più volte il liquido fino all’ebollizione. Esso diviene via via più limpido sotto l’azione degli agenti che vi vengono mescolati. Alla sua uscita da lì, il liquido prende il nome di chiara. Questa chiara cola su una prima serie di filtri a tasca di rete che trattengono il nero fino mescolato con lo zucchero. Una seconda serie di filtri verticali contenenti, in altezza, diversi metri di nero animale in grani, ricevono la chiara all’uscita dai primi, e completano la sua chiarificazione. Il nero perde dopo un po’ di tempo il suo potere decolorante. Si deve quindi rivivificare, calcificandolo in alcuni forni. Per fare ciò, si lava il nero con acqua calda per liberarlo dai suoi elementi zuccherini. Queste acque di lavaggio dei filtri, zuccherati a un certo livello, vengono impiegati per la fusione degli zuccheri greggi.
Presso il sig. Cézard, alcuni reparti appropriati sono utilizzati per la rivivificazione del nero animale. Questo è un vantaggio che non hanno la maggior parte delle raffinerie di Francia, le quali sono costrette a inviare, con costi elevati, i loro neri per essere trattati in fabbriche specializzate.

Seguiamo ora la chiara limpida e decolorata fino alla sala delle caldaie da cottura. Questa parte della raffinazione è la più importante. L’apparato per la cottura è considerata come l’organo principale di una raffineria. Ne abbiamo contate diverse nella fabbrica di Launay, tutte installate secondo i procedimenti più moderni e mantenute in modo ammirevole. Gli addetti alla cottura sono generalmente gli uomini tra i più esperti nelle fabbriche di zucchero. Essi sopportano una grande responsabilità. L’operazione ch’essi dirigono è un’opera molto apprezzata, esige un’abitudine che non si acquisisce se non dopo un lunghissimo esercizio. I ruoli degli addetti alla cottura sono i più retribuiti nelle raffinerie.
L’apparato per cuocere nel vuoto appare come una grande pentola, leggermente bombata alla sua base, cilindrica nel mezzo e semisferica nella sua parte superiore. Sul fondo, al suo interno, è posta una serpentina a vapore. La calotta è sormontata da un corno dove una estremità è in comunicazione con una potente pompa pneumatica che crea il vuoto nel recipiente. Indotto questo vuoto, la chiara uscendo dai filtri, viene attirata fino a un certo livello. Una volta introdotto iil capore nella serpentina, la chiara viene riscaldata, e grazie al vuoto, l’evaporazione che ha luogo ha una temperatura abbastanza bassa. La pompa tira a sè i residui dell’evaporazione che sono condensati da un getto d’acqua fredda, al loro passaggio in un cilindro verticale adiacente all’apparato. Le molecole della chiara si rapprendono. Essa si addensa; e i cristalli cominciano a formarsi. L’addetto alla cottura segue l’operazione in tutte le sue fasi con un termometro, un manometro, finestrelle di cristallo, che permettono all’occhio di penetrare all’interno. Uno strumento chiamato bacchetta di prova, serve a prendere una piccola quantità di zucchero senza disturbare il vuoto del recipiente. È dunque con le dita, che si abituano a questa manovra un po’ scottante, che l’addetto alla cottura giudica il grado di tenacità e di cristallizzazione del contenuto. Se giudica terminata la cottura, opera, in contemporanea a un rubinetto di comunicazione con l’atmosfera, il rubinetto inferiore del recipiente, che si svuota in una vasca a doppio fondo chiamata riscaldatore.

Da una temperatura di 55 gradi che lo zucchero non supera mai durante il riscaldamento, viene fatto salire a 80 gradi tramite del vapore introdotto nel doppio fondo. Degli operai agitano lo sciroppo con le loro grandi spatole, facendogli perdere, sotto forma di vapore, l’acqua in eccesso che contiene ancora e gli conferiscono una consistenza più bella è più densa.
L’esercito di riempitori o di portatori di bacini circondano dunque il riscaldatore. Questi uomini mezzi nudi, che è curioso vedere incrociarsi senza scontrarsi mai, fanno un lavoro molto duro, che richiede tanto forza quanto abilità. Caricati di un fardello assai pesante, un bacino pieno di liquido bollente, percorrono senza sosta l’assai lunga distanza da un riscaldatore alla sala del riempimento, dove vengono a versare, senza perderne una goccia, il contenuto del loro bacini nelle forme a pane.
I riempimenti si fanno in vaste sale riscaldate e lastricate orizzontalmente. Degli operai chiamati piantatori allineano le forme in lunghe file. Queste forme coniche in lamiera smaltata internamente sono dotati sulla loro punta di un buco di cui diremo l’utilità. Questo buco è, durante il riempimento, coperto con un tappo.
Nonostante il numero di operazioni che ha subito, lo zucchero contiene ancora una porzione di melassa che andrà rimossa. È nelle soffitte che che si fa questo lavoro. Le soffitte della fabbrica di Launay sono immense. Ce ne sono diversi piani. Intorno ai cento mila pani di zucchero sono allineati su pannelli perforati, per ricevere la testa delle forme stappate] alla loro uscita dal riempimento. Al disotto di questi pannelli, dei canali sono disposti per trasportare gli sciroppi provenienti dallo sgocciolamento dei pani. Questi sciroppi vengono raccolti con cura e ritornano per la maggior parte alla fusione. Per sbiancare il pane di zucchero, si fa filtrare, attraverso la sua massa, uno sciroppo di zucchero ben bianco che non ne dissolve i cristalli, ma che trattiene lo sciroppo colorato trattenuto nei pori del pane.

I sciroppi bianchi o chiare, destinati a quest’uso, si ottenevano un tempo dissolvendo lo zucchero bianco raffinato nell’acqua. Ci sono oggi ingegnose macchine chiamate trottole o centrifughe che soddisfano questo scopo. Il nostro disegno grande, preso da noi dal vivo, nella grande fabbrica del sig. Cézard, rappresenta al suo primo pirano un certo numero di questi apparecchi. Questi strumenti fanno seicento giri al minuto. Vengono riempiti di zucchero impregnato di melassa. Questo viene spinto dalla forza centrifuga attraverso la rete metallica che avvolge il tamburo; viene versato dunque all’interno della chiara limpida che, venendo essa stessa spinta attraverso la massa di zucchero, trattiene con essa le ultime sostanze coloranti. Per completare la descrizione dell’immenso materiale contenuto nelle due fabbriche di Launay et dei Récollets, menzoniamo anche le sucettes. Queste macchine sono pneumatiche. Creano il vuoto nelle tubature comunicanti con gli apparecchi posizionati nelle soffitte. Questi sono dei cilindri installati orizzontalmente, sui quali sono praticate delle aperture che formano delle coppe, ripiene di guttaperca, dove si vanno ad applicare ad ogni loro giro, dalla testa della forma, tutti i pani in trattamento. Lo sciroppo che non ha potuto colare naturalmente dal pane, viene quindi aspirato fino all’ultima goccia dalla potente macchina. Finalmente il pane viene sciolto, cioè liberato della sua forma. Viene portato in forni per eliminare l’ultima umidità. Pochi giorni dopo, viene consegnato al consumatore.

Lo sciroppo nero e grasso che ci spaventava all’inizio, quelle emanazioni fetide che ci facevano esitare dall’avventurarci più all’interno nel dedalo dell’immensa fabbrica, tutto è subito dimenticato. Lo scuro è raffinato e per la sua bianchezza, per la sua brillantezza cristallina, rivaleggia con la stessa neve.
Abbiamo passato sotto silenzio alcune operazioni accessorie che non avrebbero fatto altro che deviare il nostro racconto. Saremo soddisfatti se i nostri lettori si trovassero subito edotti su ciò che chiamiamo la raffinazione dello zucchero. Non ci dimentichiamo di dire che il sig. Cézard possiede, tanto per i suoi motori, quanto per il riscaldamento dei suoi apparati, delle sue soffitte e dei suoi forni, dei generatori che formano assieme una potenza di trecento cavalli vapore. Diverse centinaia di operai sono impegati nei due stabilimenti. Dei supervisori esperti, una direzione saggia fanno di queste fabbriche l’insieme più completo. Il sig. Cézard al quale l’industria è debitrice di molti progressi è già da molto tempo cavaliere della Legione d’onore.

Nonostante le numerose e complicate operazioni che abbiamo qui descritto, sebbene sia necessario immobilizzare milioni per costruire e mantenere queste belle fabbriche che portano gloria a una nazione, non rimpiangiamo alcun sacrificio dinanzi agli splendidi risultati che queste gigantesche imprese donano ai loro audaci capi. Il sig. Cézard ha fatto molto bene. Le sue fabbriche prospereranno ancora e saranno un domani un’incessante fonte di fortuna. Questo non impedisce, e questo serve a consolare il consumatore, che il più bel zucchero raffinato oggi non costa più del 20% in più rispetto allo zucchero greggio. Questa differenza di prezzo si attestava al 40%, cinquant’anni fa. Non è questo forse il più grande onore attribuibile all’industria moderna?

ÉMILE BOURDELIN.