Tribunali delle prede (1916)

Da Rivista Enciclopedia Contemporanea, dispensa di febbraio, 1916.
di Francesco Cosentini.

“■ Date le numerose questioni di fatto e di diritto, cui dà luogo tutto ciò che si riferisce al contrabbando di guerra (Vedi Rivista enciclopedica, 1915, fasc. di settembre voce CONTRABBANDO DI GUERRA) era necessario affidare il compito di risolvere tali questioni in modo definitivo a giurisdizioni speciali: così furono istituiti i tribunali delle prede, che hanno origine antica, giacché il primo esempio di un procedimento formale per la convalidazione delle prede rimonta all’ordinanza di Carlo VI re di Francia (7 dicembre 1400).
■ Sino a questi ultimi tempi però tali tribunali delle prede hanno avuto un carattere esclusivamente nazionale, perché ciascun belligerante li costituisce con criteri e con magistrati propri, escludendo qualsiasi ingerenza di elementi stranieri, quantunque queste giurisdizioni sieno chiamate a risolvere questioni concernenti essenzialmente gli interessi di cittadini dello Stato nemico o degli Stati neutrali. In tal modo costituiti, i tribunali delle prede conferiscono alle Potenze belligeranti tutta l’apparenza di promuovere ed attuare un procedimento giudiziario, in cui esse sono ad un tempo giudice e parte.
■ I tribunali delle prede sono in diverso modo e con criteri diversi costituiti dai vari Stati. Alcuni, come l’Inghilterra, gli Stati Uniti d’America, l’Olanda, hanno adottato un ordinamento esclusivamente giudiziario. L’’Inghilterra affida tale giurisdizione a una sezione dell’Alta Corte di giustizia, la Probate and adimiralty division, con facoltà di appello alla divisione giudiziaria del Consiglio privato della Corona; gli Stati Uniti l’affidano in primo grado ad ogni corte di distretto, in sede di appello alle Corti federali e in ultimo grado alla Suprema Corte Federale; l’Olanda l’affida all’Alta Corte di giustizia.
■ Altri Stati, come la Francia, la Spagna, la Germania, l’Austria, la Danimarca, la Russia, il Giappone, la Grecia, adottano invece un ordinamento amministrativo. La Francia col decreto 23 novembre 1861 costituì in modo permanente un Consiglio delle prede, composto di 7 membri, presieduto da un consigliere di Stato: ad essi sono aggregati un commissario del governo, che funziona da pubblico ministero e un segretario; in sede di appello decide il Consiglio di Stato. La Russia col Regolamento del 27 marzo 1895 istituì tribunali di prede con due gradi di giurisdizione, a cui partecipano magistrati, ufficiali superiori di marina e funzionari del Ministero degli Esteri. In modo analogo funzionano i tribunali delle prede, istituiti dal Giappone coll’ordinanza del 24 agosto 1894, modificata da quella del 1° marzo 1904.
■ Altri Stati infine, come la Svezia e la Turchia adottarono un sistema misto, stabilendo un ordinamento amministrativo pel primo grado di giurisdizione e giudiziario pel secondo grado. Così la Turchia nella guerra del 1877 contro la Russia istituì un tribunale misto sedente a Costantinopoli, le cui decisioni potevano essere appellabili alla Corte di Cassazione soltanto per violazione della legge o del diritto delle genti, per incompetenza e per vizi di procedura.
■ L’Italia si è attenuta a questo sistema, sia in occasione della cattura della nave olandese Doelwijk (16 agosto 1896), sia nella recente occasione della guerra colla Turchia (1911), sia nella presente conflagrazione europea. A comporre il Tribunale delle prede furono chiamati magistrati, ufficiali della marina, un membro del Contenzioso diplomatico, un capitano di porto e un commissario del governo con funzioni di pubblico ministero. Le sentenze di tale tribunale sono suscettibili di appello alla Cassazione nei soli casi di incompetenza e di eccesso di potere. Fu giustamente notato, che, una volta ammesso il rimedio della Cassazione, sarebbe stato ragionevole estenderlo a qualsiasi caso di violazione delle norme giuridiche internazionali da osservarsi.
■ Riguardo alla procedura seguita, si adottarono pure criteri diversi. Molti Stati obbligano il proprietario delle merci catturate a presentarsi in giudizio in qualità di attore coll’obbligo della prova, che il catturante abbia agito illegalmente, mettendolo così in condizioni sfavorevoli, tanto più che alcuni Stati non ammettono altro mezzo di prova che le carte di bordo della nave catturata. Alcuni Stati per ovviare a tali inconvenienti ammisero alcuni temperamenti: l’Italia coi decreti del 20 giugno 1866 e del 16 agosto 1896 stabilì che l’istanza sia promossa per cura del Commissario del governo; il Giappone colle ordinanze del 24 agosto 1894 e del 1° marzo 1904 (art. 16) stabilì, che la citazione delle parti interessate si faccia di ufficio con pubblici proclami, ed ammise (art. 12 della citata ordinanza del 1904) che oltre alle carte di bordo sì possano accettare come mezzi di prova anche le testimonianze.
■ Quando il Tribunale delle prede dichiari illegittima la cattura, ordina la restituzione delle merci catturate, attribuisce al proprietario di esse un’indennità, salvo che la cattura sia stata effettuata in condizioni da giustificare l’operato del catturante. Tali disposizioni sono state anche definitivamente sancite dall’art. 64 della Dichiarazione di Londra. Quando invece la cattura sia stata proclamata legittima con sentenza passata in giudicato, la proprietà della merce catturata passa allo Stato catturante.
■ Da quanto si è detto si può desumere, che tanto pel modo della loro costituzione quanto per la procedura seguìta, i tribunali delle prede non possono funzionare in modo da dare sufficienti garanzie di imparzialità e di legalità, e dieno luogo ad inconvenienti e ad abusi deplorevoli, contro cui hanno protestato gli scrittori di diritto internazionale, e tra i nostri specialmente il Diena, il quale in un’elaborata monografia (I tribunali delle prede belliche e il loro avvenire, Torino, 1896) mise in evidenza tutti gli inconvenienti del sistema sinora adottato e la necessità della creazione di un tribunale internazionale.
■ L’esigenza di una riforma fu riconosciuta altresì dall’Istituto di diritto internazionale, che nella sessione di Heidelberg del 1887 approvò un progetto, secondo il quale il tribunale di primo grado e la procedura istruttoria dovrebbero rimanere con carattere puramente nazionale; ma dovrebbe essere istituito presso ciascuno Stato belligerante un tribunale internazionale di appello, composto di cinque membri, di cui il presidente e un giudice sarebbero nominati dallo Stato belligerante, e gli altri da tre Stati neutrali designati dallo stesso belligerante.
■ La Conferenza dell’Aja del 1907, ispirandosi a tali criteri, creò un istituto molto più completo ed organico ancora di quello vagheggiato dai giuristi, poiché pur lasciando la giurisdizione di primo grado ai tribunali di prede nazionali, istituì un’unica Corte internazionale delle prede, risiedente all’Aja e destinata ad essere non già una giurisdizione facoltativa, come la Corte permanente di arbitrato, ma una giurisdizione effettivamente obbligatoria.
■ La creazione di tale Corte costituisce un notevole progresso del diritto internazionale.
■ La Corte internazionale delle prede si compone di quindici giudici effettivi o supplenti, nominati per un periodo di sei anni, ma rielleggibili; di essi è necessaria almeno la presenza di nove. Tali giudici debbono essere nominati dalle potenze contraenti e scelti tra i più stimati giureconsulti, che godano di un’alta riputazione morale. Quelli nominati dalle otto grandi potenze (cioè le 6 grandi potenze europee, gli Stati Uniti e il Giappone) dovranno sempre partecipare al giudizio; gli altri giudici siederanno a turno, secondo una tabella annessa alla convenzione, e uno stesso giudice può essere nominato da parecchie potenze secondarie. Se una potenza non ha, pel turno stabilito, un giudice delegato in un affare di suo interesse particolare, le si permette di nominarne uno, ed allora la Corte designa il giudice che deve astenersi, e che non può esser mai un giudice nominato dall’altro Stato belligerante.
■ Lo Stato belligerante, che ha compiuto la cattura, ha il diritto di nominare un ufficiale di marina di grado superiore, che avrà voto consultativo; del pari le potenze neutrali interessate hanno il diritto di nominarne uno; se vi sono parecchie potenze interessate, esse devono intendersi per la nomina: all’occorrenza si procederà al sorteggio.
■ La Corte nomina essa stessa il presidente e il vicepresidente, siede in permanenza all’Aja, ove un ufficio internazionale le servirà di cancelleria, ed ove si stabilirà anche un consiglio di amministrazione.
■ I privati sono rappresentati davanti alla corte da mandatarj: avvocati, procuratori, professori di diritto. Tale riconoscimento degli interessi privati segna anche un progresso, poiché si viene a riconoscere non solo, che i giudizi sulla validità delle prede non concernono soltanto i diritti degli Stati ma anche gli interessi privati; ma anche che i privati abbiano facoltà di invocare davanti alla giurisdizione internazionale l’applicazione di norme di diritto internazionale, anche se esse non siano sanzionate da speciali disposizioni di diritto interno. Ciò assume un’importanza speciale, in quanto che la Corte dell’Aja può annullare una sentenza di una giurisdizione nazionale, anche se essa è pienamente giustificata dalla legge interna dello Stato, in cui la sentenza è stata pronunciata. Si aggiunga poi che la Corte, quando manchino norme convenzionali in vigore tra lo Stato belligerante e lo Stato ricorrente, applicherà le norme del diritto internazionale consuetudinario o i principj generali di diritto.
■ Si può invocare il giudizio della Corte a due condizioni: 1° È necessario che sia stata presa una decisione dal Tribunale delle prede dello Stato, che ha compiuto la cattura. La Corte è dunque una giurisdizione di appello; tuttavia essa può essere àdita direttamente, quando a datare da due anni dalla cattura i tribunali delle prede nazionali non abbiano pronunciato alcuna sentenza. 2° Occorre che la sentenza emanata dai tribunali nazionali concerna a) sia le proprietà di una potenza o di un privato neutrale; b) sia di proprietà nemiche, quando ,si tratti 1° di mercanzie caricate su una nave neutrale; 2° di una nave catturata nelle acque territoriali di una potenza neutrale, nei casi in cui tale potenza non abbia fatto di tale cattura oggetto di un reclamo diplomatico; 3° di un reclamo fondato sul motivo, che la cattura sarebbe stata effettuata in violazione sia di una disposizione convenzionale in vigore tra le potenze belligeranti, sia di una disposizione legale emanata dal belligerante, che ha compiuto la cattura (art. 3).
■ Il ricorso può essere motivato sia da ragioni di fatto sia da ragioni di diritto: esso può essere avanzato sia da una potenza neutrale, sia da un privato appartenente alla potenza nemica, con una dichiarazione scritta presentata sia al Tribunale nazionale delle prede sia alla cancelleria della Corte, entro i 120 giorni dall’emanazione della sentenza. del Tribunale nazionale.
■ Se vi è nelle questioni da risolvere una convenzione tra il belligerante catturante e l’altra parte in causa, la Corte applica tale convenzione: in mancanza di essa la Corte applica il diritto internazionale, ed in mancanza ancora di norme di diritto internazionale la Corte statuisce secondo i principj generali di giustizia e di equità.
■ Se il ricorso è motivato da una disposizione stabilita dal catturante, la Corte l’applica.
■ Infine la Corte può non tener conto dei termini procedurali stabiliti dallo Stato catturante, quando stimi, che le conseguenze di essi sieno contrari all’equità ed alla giustizia.
■ Se la Corte sentenzia la validità della cattura della nave o del carico, si dispone di essi in conformità delle leggi dello Stato catturante; se invece sentenzia la nullità, la Corte ordina la restituzione della nave o del carico, e stabilisce gli indennizzi del caso.
■ La ratifica di una sì importante convenzione, che costituiva la Corte internazionale delle prede, doveva incontrare gravi ostacoli, specialmente perché tale Corte, dovendo applicare principj di diritto internazionale in mancanza di esplicite norme convenzionali o consuetudinarie, essa avrebbe esercitato poteri molto estesi anche rispetto alla formazione delle norme di diritto internazionale da applicarsi. Ciò suscitava naturalmente le diffidenze di molti Stati, onde per eliminarle si pensò di far precedere la ratifica di tale convenzione da una conferenza internazionale, che precisasse meglio le norme di diritto internazionale da applicarsi.
■ L’Inghilterra prese l’iniziativa di questa conferenza, che si tenne a Londra dal 4 dicembre 1908 al 26 febbraio 1909. La dichiarazione, emanata da tale convegno internazionale, legiferò in modo preciso sulle prede belliche e sul contrabbando di guerra.
■ Anche la ratifica della Dichiarazione di Londra incontrò varie difficoltà. In Inghilterra si ritenne, che molte disposizioni di essa fossero nocive agli interessi britannici; di tale opinione si fece eco la Camera dei Lords, che nel dicembre 1911 respingeva il Naval Prize Bill, già approvato dalla Camera dei Comuni ed inteso a coordinare il diritto interno britannico colla Dichiarazione di Londra e colla convenzione dell’Aja per l’istituzione della Corte internazionale delle prede. Tale voto contrario della Camera di Lords, se non è un impedimento assoluto alla ratifica dell’Inghilterra delle due convenzioni internazionali, varrà però a ritardarne l’applicazione.
■ Un altro ostacolo fu opposto dagli Stati Uniti d’America, poiché le norme costituzionali di tale Stato impediscono che una sentenza pronunziata in ultimo grado da una giurisdizione dello Stato possa essere oggetto di revisione da parte di una giurisdizione internazionale. Ad evitare tale difficoltà, fu sottoscritto il 19 settembre 1910 un protocollo addizionale alla convenzione dell’Aja; in esso si stabilì, che le potenze firmatarie, all’atto della ratifica o dell’adesione, potessero dichiarare, che il ricorso alla Corte contro le decisioni di giurisdizioni nazionali in materia di prede, non potrebbero a loro riguardo aver luogo se non sotto forma di azione per ottenere un indennizzo causato della cattura. In virtù di tale protocollo il portato dell’azione da esercitarsi dalla Corte potrà essere diverso, a seconda che gli Stati si avvalgano o no di tale facoltà concessa dal protocollo. È sperabile però che tutti questi ostacoli saranno sormontati e che possa funzionare regolarmente una giurisdizione internazionale, che presenta maggiori garanzie di imparzialità e di giustizia, e che potrebbe nel tempo stesso colla sua giurisprudenza colmare molte lacune del diritto internazionale positivo.”