Trasfusione del sangue e individualità (1935)

Da Sapere, Anno I, Vol. I, N. 9, 15 maggio 1935.
Di L. Lattes.

” ■ Il sangue non è acqua, dice un antico aforisma. Ma in realtà la maggior parte di questo tessuto liquido è costituita da acqua, e, indubbiamente, la sua funzione di maggiore importanza immediata è quella idraulica. La sottrazione violenta di una gran massa di sangue uccide per la impossibilità materiale della circolazione nei vasi sanguiferi; essa può venire compensata mediante l’introduzione in essi di una proporzionata quantità di acqua convenientemente salata (fleboclisi). Senonché in questo modo si raggiunge soltanto una sistemazione puramente provvisoria della grave insufficienza idraulica e tosto si rende evidente la radicale povertà funzionale di tale liquido indifferente. È necessario invece l’apporto di sangue fresco in piena efficienza funzionale. La trasfusione di sangue, anziché di liquidi artificiali, pone alcuni problemi di cospicua importanza. Poiché il sangue estratto dai vasi sanguiferi perde la sua fluidità e coagula solidificandosi, è necessario anzitutto impedire che passando dal donatore al ricevente il sangue si rapprenda e coaguli.

“Trasfusione con la siringa a doppia via.”

■ Uno dei mezzi per ritardare notevolmente fa coagulazione così da dar tempo alla trasfusione di compiersi, è quello di ricoprire con un sottile strato di paraffina o di vaselina le cannule ed i recipienti che vengono a contatto col sangue. Si adopera ad es. la siringa autovaselinatrice di Bécart, dove mano mano che si aspira il sangue del donatore nella siringa, le pareti si ricoprono progressivamente di un sottile velo di vaselina, che impedisce il contatto del sangue nelle vene del ricettore. Ancora più semplicemente si è potuto raggiungere lo scopo fabbricando i recipienti ed i condotti destinati ad accogliere il sangue con un materiale speciale che non si lascia da esso bagnare. E questo il così detto athrombit (= anticoagulante), sorta di ambra artificiale, fabbricata con resine varie che si lascia facilmente lavorare e sostituisce egregiamente il vetro. Ha però l’inconveniente di un prezzo relativamente alto.

■ Si è anche proceduto alla trasfusione diretta mettendo in continuità una arteria del soggetto che fornisce il sangue con una vena di colui che lo riceve. Così il cuore del donatore sospinge il sangue immodificato nell’organismo del ricevitore. Tale trasfusione diretta È stata più volte eseguita, ma rappresenta un’operazione chirurgica difficile, di non lieve momento, cui succede necessariamente l’obliterazione dei vasi utilizzati.
■ Assai più comoda è riuscita la trasfusione indiretta, in cui mediante uno strumento intermediario, quale una siringa munita di ago, il sangue è prelevato dal datore e iniettato nella vena del ricettore. Bisogna però evitare la pericolosissima coagulazione, e ciò si realizza mediante congegni a doppia via, coi quali si aspira il sangue da una parte e subito dopo lo si inietta dall’altra.

“Trasfusione col sangue citratato. Nella capsula di porcellana è predisposta la soluzione citratata. È indicato lo scambio di una siringa vuota con una piena, per trasfusione abbondante.”

■ Siccome i sali di calcio disciolti nel plasma sono necessari perché il sangue coaguli, si può impedire la coagulazione rendendo insolubili o precipitando tali sali di calcio. Fra le varie sostanze chimicamente idonee a tale scopo, si è universalmente affermato, grazie alle ricerche del nostro sommo farmacologo L. Sabbatani, il citrato di sodio, che alla modestissima e del tutto innocua dose di grammi 0,2 per cento di sangue, elimina fisiologicamente il calcio del plasma sanguigno. Aggiungendo nel recipiente (vaso o siringa), in cui si preleva il sangue, una conveniente quantità di citrato di sodio in sostanza od in soluzione, si evita in modo permanente la coagulazione, mentre il sangue conserva tutte le proprietà fisiologiche di cui può giovarsi il ricettore.

“Antica trasfusione dall’agnello all’uomo (dalla “Anatomia” del Petrioli).”

■ Questo mezzo assai semplice e che non richiede alcuno strumento particolare è largamente diffuso.
■ I mezzi anticoagulanti sopra descritti hanno consentito l’uso sempre più diffuso delle trasfusioni di sangue intatto, provvisto di tutte le sue preziose proprietà fisiologiche.


■ Si affaccia ora la questione d’onde si possa e si debba attingere questo medicamento, fra tutti singolarissimo, che nessuna industria farmaceutica sarà mai capace di imitare.
■ L’antica medicina, fidandosi delle sole esterne apparenze, credette di risolvere semplicemente il problema.
■ Nulla sembrava differenziare il sangue dell’uomo da quello dei nostri “fratelli inferiori”: montoni, cani o buoi: lo stesso colore, e lo stesso calore, la stessa struttura, la stessa particolare fluidità. Sicché era lecita la speranza di surrogare il deficiente sangue umano con quello animale. Strano a dirsi e nuova prova che anche in scienza gli apriorismi impediscono sovente di vedere cose evidentissime, vi fu chi gridò mirabilia di tale procedura e vantò clamorose salvazioni. Ma ben tosto la realtà emerse.

“Agglutinazione microscopica di sangue incompatibile; a destra mancanza di agglutinazione del sangue compatibile.”

■ Allo stesso modo che malgrado l’apparente identità degli elementi germinali, non è possibile (il Minotauro non è che un poetico mito) l’ibridazione fra uomo e bovino, altrettanto il sangue animale introdotto nelle vene dell’uomo si dimostra oggetto estraneo, fondamentalmente incompatibile.
■ La biochimica immunitaria ci chiarisce ormai le sostanziali differenze costitutive fra uomo ed animale, cagioni di ardente intima lotta, per cui il sangue estraneo è, con tutti i mezzi, respinto dall’ospite, flocculato, digerito, distrutto, fino alla sua espulsione definitiva. Se il sangue è poco, la sua distruzione è possibile, non senza una più o meno grave scossa all’organismo dell’ospite; se esso è molto, anziché salvare, danneggia od uccide. Ostracismo dunque al sangue animale per cui tanti entusiasmi si erano destati. Rivolgiamoci ad un membro della grande famiglia umana; il quale, sebbene diverso per colore, per forme, per statura, per inclinazioni, si presume, quale fratello nostro discendente d’Adamo, identico a noi per organi, tessuti e sostanza.

“Agglutinazione microscopica di sangue incompatibile (a destra sangue non agglutinato).”

■ Preleviamo con adatto tecnicismo il sangue a chi possa senza danno cederlo, e iniettiamolo al bisognoso. Cerchiamo quale donatore un individuo sano e robusto, magari uno stretto congiunto, figlio, genitore, fratello. Non dovremo allora essere certi della assoluta omogeneità di composizione biologica, della compatibilità organica sostanziale, fra colui che dona e colui che riceve? Non avremo così raggiunto l’ideale del provvedimento sostitutivo desiderato? Ebbene, no; l’esperienza dimostra che tale presunzione, rimasta dogma indiscusso per tempo lunghissimo, è errata. L’uomo può essere eterogeneo all’uomo in modo del tutto analogo all’animale e il suo sangue risultare altrettanto tossico e dannoso. Lo studio approfondito ci rivela che ogni uomo possiede caratteristiche inconfondibili, non solo nei suoi tratti fisionomici, e nei disegni dei polpastrelli delle dita, ma altresì nella composizione biochimica delle sue cellule e dei suoi umori. Tali diversità non sempre diventano causa di incompatibilità alla terapia trasfusionale, ma possono diventarlo in modo decisivo; e ciò non solo quando il donatore sia un estraneo, ma financo quando sia la madre ad offrire il sangue al proprio figliuolo. Supremo paradosso biologico! Ma ben spiegabile quando si pensi che nel figlio si fondono ereditariamente le caratteristiche dei due genitori e la costituente paterna vi può predominare sulla materna. Ed allora nelle vene del figlio, il sangue materno potrà pur esso venire aggredito, precipitato, disciolto, eliminato e, anziché sollievo e salvezza, diventerà letifero tossico.

“I quattro gruppi sanguigni di agglutinazione. – Gruppo 0 (I) – Gruppo A (II) – Gruppo B (III) – Gruppo AB (IV).

■ Strana condizione invero, la cui origine deve cercarsi in antichissime vicende dell’umanità primitiva e nelle migrazioni dei popoli. È lecita la supposizione che nell’Europa occidentale preistorica vivesse una varietà umana, nel cui sangue si manifestava una proprietà biochimica attualmente designata con la lettera A; nell’Asia centrale, invece, prosperasse un’altra varietà con proprietà antagonistica detta B; la prima affine con il cimpanzè, la seconda con l’orangutan. Poi avvennero i grandi movimenti storici: le migrazioni delle orde asiatiche, mongole, slave e semitiche, verso l’occidente; l’inestricabile incrocio delle tribù e delle stirpi, e la conseguente mescolanza, senza fusione, delle qualità biochimiche primitive. Onde gli antagonismi biochimici attuali possono suggestivamente raffigurarsi come un riflesso delle invasioni di Tamerlano, di Gengiskan, di Attila e delle altre schiatte barbariche, nordiche ed orientali.

“Schema della compatibilità trasfusionale.”

■ La secolare competizione etnica e politica si è nel corso dei secoli tramutata in antagonismo biologico. Nelle popolazioni attuali, checché ne dicano certe dottrine antropologiche pseudoscientifiche, esaltate a fini politici, l’intreccio e la mescolanza di molteplici ceppi primitivi sono del tutto inestricabili; sicché in nuclei apparentemente omogenei e perfino nella stessa famiglia, si ritrovano i varii aggruppamenti, i classici ‘’ gruppi sanguigni’ ereditariamente trasmissibili, ed esponenti delle primitive “razze biochimiche”. Solamente in certe popolazioni rimaste sempre isolate, fuori di ogni contatto storico con altre, quali gli Islandesi, certe tribù indiane del nord e del sud America, gli aborigeni Australiani, tali aggruppamenti non sono differenziati ed il sangue risulta avere in tutti composizione omogenea.
■ La nozione dell’eterogeneità biologica in seno alla specie umana è stata di immediato rendimento per la terapia trasfusionale ed ha dato ragione del maggior numero degli accidenti, talora mortali, che si erano via via verificati.

“Distribuzione geografica dei gruppi sanguigni nelle varie percentuali.”

È attualmente norma inderogabile che si debba mediante esami preventivi accertare a quale gruppo appartiene il donatore preconizzato e il ricettore, e dal risultato di tali esami si stabilisce la loro compatibilità. Perché questa sussista, perché cioè il sangue introdotto adempia l’ufficio biologico cui è destinato, e non danneggi il ricettore, occorre che detto sangue non sia flocculato (precipitato) e rapidamente distrutto da reattivi (anticorpi) esistenti nell’organismo del ricettore stesso. Principio che ha dato luogo ad uno schema di compatibilità trasfusionale relativa ai gruppi sanguigni. L’applicazione di tale schema permette di procedere sicuri.
■ Tuttavia questa sicurezza è relativa soltanto alle prime trasfusioni, poiché l’esperienza ha mostrato che ripetendo più volte l’introduzione di sangue altrui, dimostrato preventivamente innocuo, può in alcuni casi manifestarsi una incompatibilità secondaria acquisita, talora pericolosa. Ciò è dovuto a differenze individuali più riposte che si manifestano soltanto a poco a poco.
■ Mirabile è il quadro che queste osservazioni cliniche, purtroppo con qualche vittima, e l’indefessa ricerca sperimentale ci hanno manifestato. Le cellule del sangue umano, pur apparendo identiche all’esame morfologico, ed a quello chimico analitico, risultano, mediante una più raffinata indagine biologica, costituite da un complicato mosaico di molteplici sostanze, la cui varia combinazione conferisce caratteristiche prettamente individuali ad ognuno di noi. Tali sostanze ci provengono dai nostri genitori, secondo le infinite combinazioni della ereditarietà, combinazioni che sono bensì casuali, ma perciò appunto soggette alle leggi rigorose del calcolo delle probabilità.
■ Ciascuno dunque è fatto a modo proprio; pure nei misteri appena intravisti della costituzione chimica dell’organismo, ciascuno possiede modalità prettamente personali di reazione e di difesa, immediate o protratte, di fronte alle influenze ed agli stimoli esteriori. E poiché il substrato di tali variazioni solo in minima parte ha potuto finora essere decifrato in modo obbiettivo, sempre più chiaramente si accerta essere l’intervento clinico sull’uomo “scienza dell’individuale” o, meglio, delicatissima arte.”