Ponti militari (1916)

di C. Chiodi.
Da Rivista Enciclopedica Contemporanea, dispensa di maggio, 1916.

“Alla rapidità dei movimenti, elemento essenziale di successo in guerra, i corsi di acqua costituiscono uno degli ostacoli più importanti e difficili che in ogni tempo i belligeranti si sono trovati a dover superare con quei mezzi che la genialità dei capitani e le risorse degli eserciti e dei tempi potevano suggerire.
Alessandro Magno passa arditamente l’Osso su un ponte improvvisato galleggiante sorretto da sacchi di pelle imbottiti di paglia o d’otri rigonfi d’aria. In modo analogo Annibale supera il Rodano.
Cesare, vero innovatore nei servizi tecnici di guerra, organizza con metodo le sezioni da ponte al seguito delle sue truppe ed arriva al capolavoro classico del ponte sul Reno fra Bonn e Colonia per il suo passaggio in Germania, gettato in dieci giorni attraverso uno specchio d’acqua di quasi cinquecento metri in cinquanta travate su supporti a stilate di legno a quattro gambe collegate superiormente da una banchina, rinforzati a valle da un contraffisso e riparati a monte, contro la violenza delle acque e l’urto dei galleggianti, da un avambecco (fig. 1).

“Fig. 1. – Il ponte di Giulio Cesare sul Reno.”

Le armate di Cesare conoscevano del resto anche l’uso dei ponti galleggianti valendosi di pontoni a carcassa di vimini ben contesti e ricoperti di pelli.
Più tardi colla decadenza dell’impero romano la tecnica dei ponti militari cade in disuso; si può dire anzi che a partire dall’VIII secolo attraverso tutto il medioevo scompaia ogni traccia di sezioni da ponte al seguito degli eserciti, per non risorgere che colla guerra dei trent’anni quando le pesanti artiglierie ed i forti carriaggi misero in evidenza la necessità di dotare gli eserciti in campagna di mezzi speciali atti al rapido passaggio dei corsi d’acqua, sia coll’impiego di materiale di dotazione combinato preventivamente costituente i cosiddetti equipaggi regolamentari da ponte a disposizione delle singole unità belliche e sempre pronto alla posa in opera, sia coll’addestrare speciali truppe tecniche ad utilizzare le risorse ed i materiali che si trovano sul posto per l’improvvisazione dei cosiddetti ponti di circostanza in tutte quelle occasioni in cui si lamenti la mancanza o l’insufficienza degli equipaggi da ponte, forzatamente limitati nella loro efficienza dalla condizione di mobilità e leggerezza che è loro necessaria per seguire da presso costantemente i reparti manovranti.
Il difetto di mobilità è particolarmente caratteristico nei primi esempi di equipaggi da ponti degli eserciti del Turenna, del Montecuccoli, del Condé (secolo XVII), che disponevano di robusti ma pesantissimi barconi di quercia come sopporti galleggianti di un piano stradale formato da lungherine di otto o dieci metri di lunghezza e da un tavolato di panconi già preventivamente costituito a pannelli di due o tre panconi collegati; mentre invece gli eserciti di Gustavo Adolfo usavano per la prima volta i sopporti a cavalletto.
La necessità di provvedere ad un materiale di dotazione più leggero fece pensare sul principio del secolo XVIII alla costruzione di battelli di rame lunghi solo m. 5.70, larghi m. 1.70 e pesanti circa 830 kg., pure conservandosi contemporaneamente i vecchi e pesanti equipaggi da ponte di legno per le opere di retroguardia, di maggior respiro e studiandone il loro perfezionamento.
Così in Francia verso il 1770 il generale Gribeauval applicava un tipo di battello di quercia lungo m. 11.00, largo m. 2.00, alto m. 1.60 e del peso di 1850 kg. che rimase in uso qualche tempo servendo ai primi eserciti della Repubblica e dell’Impero.
Oltre le strutture galleggianti non si trascurano anche per il passato altri mezzi per la formazione dei sopporti da ponte, fra questi, prima della Rivoluzione specialmente, si usarono alcuni tipi di ponti su carri, utili solo in corso d’acqua poco profondi (fig. 2).

“Fig. 2. – Ponte su carri.”

Più comune fu l’impiego di gabbioni di conveniente altezza riempiti di terra e impostati ben solidamente sul fondo, ritti o coricati in file di due o di quattro a sostegno delle travate del piano stradale.
Dall’altro canto nelle costruzioni di circostanza gli zappatori ed i pontonieri di tutte le armate venivano sempre meglio addestrati alla improvvisazione di complete strutture di legno a travate semplici od armate, su palafitte o su cavalletti, create coi materiali del luogo, e potremmo citare come ammirevole esempio i due ponti gettati dagli eserciti di Napoleone sulla Beresina (novembre 1812), dove con abnegazione ed eroismo i soldati del genio dei generali Eblé e Chasseloup Laubat, ormai sprovvisti nella infausta ritirata di ogni equipaggio da ponte, lavorando per tre giorni nell’acqua e fra i ghiacci ininterrottamente fino all’esaurimento salvarono gli ultimi resti delle armate di Russia.
Dopo Napoleone nel secolo scorso quasi tutti gli eserciti europei si accinsero a dare un assetto più moderno ai reparti tecnici di pontieri provvedendosi di equipaggi da ponte per armata, coi quali si attraversano ostacoli superiori ai quaranta metri — e si può arrivare da noi fino ai 229.80 m. — e di sezioni da ponte addette alle divisioni colle quali sì può gettare normalmente — per esempio nel nostro esercito — un ponte lungo m. 34.60, ed eccezionalmente con qualche ripiego si possono raggiungere i m. 41.40.
Entrambe le categorie sono formate comunemente da materiali di legno i cui sostegni principali galleggianti sono le barche e quelli fissi sono i cavalletti. In ambo i casi la struttura si completa con travicelli e tavole per la formazione del tavolato stradale.
Il nostro materiale fu ideato con concetti del tutto originali nel 1832 dal tenente Cavalli e subito adottato, e fu il materiale costante del nostro esercito e lo è tuttora colle debite varianti suggerite dall’esperienza di quasi un secolo.
La barca dell’equipaggio da ponte italiano ha la caratteristica originale — comune solo coll’esercito austriaco — di essere divisibile; si compone cioè di mezze barche uguali che sì accoppiano poppa a poppa per mezzo di perni di unione e di anelli a bandella. Esistono due tipi di barche di legno presso di noi: quella assegnata alle sezioni da ponte delle compagnie di zappatori del genio al seguito delle divisioni, e quella assegnata agli equipaggi da ponte dei pontieri al seguito di un’armata (fig. 3).

La prima è di dimensioni più piccole — la mezza barca è lunga solo m. 4.88, ha la portata di 4300 kg. e raramente viene usata isolata; — la seconda è più robusta misurando m. 7.50 di lunghezza con una portata di 9400 kg. e viene ordinariamente usata da sé, solo più raramente ricorrendosi all’accoppiamento poppa a poppa che in questo caso è chiamato «a barcone».
Esiste infine un terzo tipo di barca divisibile di lamiera di acciaio, di recentissima creazione, che è data in dotazione direttamente alle divisioni di fanteria ed i cui dati — per la mezza barca — sono: lunghezza m. 6.00, peso Kg. 536, portata Kg. 7464.
Il cavalletto italiano da equipaggio del vecchio modello è costituito da una banchina da due gambe e da due piedi. (fig. 4).

La banchina è un travetto di legno riquadrato, alle estremità del quale si trova una mortisa destinata al passaggio delle gambe.
Queste sono travetti riquadrati di lunghezze variabili da m. 2.50 a 6.00, terminate all’estremo superiore da una testa cilindrica, all’inferiore da una puntazza.
I piedi sono pezzi di tavola provvisti di due mortise per il passaggio delle punte delle gambe.
Una catena di sospensione finalmente serve a collegare la banchina colla testa delle gambe.
Nei tipi più moderni di cavalletto venne modificata la forma della banchina ed il suo modo di sospensione, l’attacco del piede alla gamba, venne introdotta la cosiddetta traversa tubolare, che collega al basso trasversalmente le gambe e ne impedisce l’inflessione laterale, ma sostanzialmente sì conservarono le stesse strutture del vecchio modello.
Le barche e i cavalletti costituiscono gli appoggi — galleggianti gli uni, fissi gli altri, — al disopra dei quali si getta il tavolato che forma il piano stradale, costituito da travicelle di legno che si fanno convenientemente posare sui piattibordi di due barche successive o sulle banchine di due cavalletti, e da un piano trasversale di tavole posate sopra le travicelle e tenute in sesto mediante opportuni legamenti detti «randellature» da due travicelle sussidiarie sovrastanti dette di «ghindamento».

“Ponte sull’Isonzo distratto agli austriaci e rifatto dai nostri pontieri del genio.”

Il materiale usato presso gli altri eserciti differisce dal nostro per alcune particolarità specifiche per ogni singola nazione, dipendenti da diversi criteri di ordinamento o da indirizzi tecnici diversi.
La più notevole differenza dal nostro materiale è l’adozione quasi esclusiva di barche metalliche presso quasi tutte le nazioni, il che consente una maggior portata utile con un minor peso morto, ovviandosi anche agli inconvenienti di una difettosa tenuta (come si verifica per le barche di legno, allorché siano lasciate in secco per un certo periodo di tempo, nei magazzini o siano in marcia esposte al sole), ed agli oneri di una manutenzione costosa e di un più rapido deperimento; pure non dimenticando però come per le barche di lamiera occorra premunirsi con opportune vernici dall’azione corrodente della ruggine, e riescano assai più difficili le eventuali riparazioni in campagna.

“Fig. 5. – Un ponte girevole.”

Nemmeno per le barche divisibili vi è all’estero una tendenza favorevole: esse sono ritenute più complicate e pesanti malgrado siano meno ingombranti sul carreggio e consentano una maggiore localizzazione del danno in caso di falle e quindi l’esempio nostro e dell’Austria (che ha dei pontoni metallici divisibili dissimmetrici) non trova imitatori tranne che in Russia. Le altre nazioni hanno dei battelli in un sol pezzo lunghi perciò da sette a dieci metri.
Maggiore uniformità vi è nel tipo del cavalletto dove domina il tipo di cavalletto Birago di modello quasi simile al nostro e pure contemporaneo al nostro come epoca di creazione. Ne differisce solo il cavalletto belga a tre piedi.

“Fig. 6. – Un ponte scorrevole col suo pontile di accosto.”

Qualche differenza si ha pure nella struttura delle travicelle del tavolato e nel loro modo di impostazione in quanto nei tipi esteri queste non sono per lo più, come le nostre, forate agli estremi in modo da imbracarsi ai piuoli della banchina del cavalletto e del traverso da barca, ma sono di preferenza munite di doppi tacchi coi quali si afferrano senz’altro a cavallo della banchina od al piattobordo della barca.
Malgrado i perfezionamenti così apportati alle dotazioni dei singoli eserciti, resta pur sempre evidente come gli equipaggi da ponte non possano da soli supplire a tutte le esigenze di un esercito manovrante oggi giorno specialmente in rapporto anche agli enormi effettivi mobilitati.
Ne risulta quindi la necessità di addestrare sempre più le truppe tecniche alla costruzione dei cosiddetti ponti di circostanza coi quali, disponendo del materiale d’occasione che più rapidamente si può aver sottomano — barche del commercio, zattere, palafitte, travate, ecc. — supplire alla mancanza degli equipaggi.
Tale necessità si fa particolarmente sentita oggigiorno nelle imprese coloniali che tanta mole di opere pubbliche impongono già durante la prima fase di occupazione militare ed è messa pure in evidenza dagli svariati compiti che anche in tempo di pace sono talvolta affidati all’esercito, allorché specialmente l’opera disciplinata ed abile degli zappatori, dei pontieri, dei ferrovieri del genio è chiamata in occasione di luttuose catastrofi a predisporre provvedimenti di sicurezza, a riattare strade, a rifare ponti travolti dall’irrompere delle piene e dalla violenza dei terremoti.
Passiamo ora in rapida rassegna i principali modi coi quali ricorrendo, secondo i casi, a materiali da equipaggio od a materiali di circostanza, si può improvvisare un ponte in guerra.


Ponti a sopporti galleggianti.Ponti volanti. — In mancanza di ponti continui (su appoggi galleggianti o fissi) il mezzo più semplice per improvvisare un passaggio attraverso un corso d’acqua è costituito da un galleggiante mobile al quale l’impulso per la traversata del fiume alternativamente dall’una all’altra sponda è dato dalla velocità della stessa corrente: si ha così un ponte volante quando il sistema galleggiante è amarrato con un lungo canapo ad un punto fisso (un’ancora od un gabbione) situato a monte, intorno al quale come centro può descrivere un arco di cerchio che va da una riva all’altra, grazie alla componente della corrente perpendicolare al canapo, si ha invece una chiatta quando il galleggiante è vincolato a spostarsi lungo un cavo fisso teso attraverso la corrente al quale è collegato da un canapo scorrevole in un sistema di puleggie.
Nell’un caso come nell’altro il galleggiante può essere una semplice barca d’equipaggio o del commercio; si dà però la preferenza ai battelli lunghi, stretti e profondi coi bordi verticali in modo da offrire più facile presa alla corrente.
Per aumentare la capacità del mezzo di trasporto il galleggiante si può anche costituire con due barche collegate fra loro a «pontiera» ossia disposte parallelamente l’una all’altra, legate nell’intervallo da due crociere di funi e sorreggenti un tavolato costituito dalle solite travicelle disposte perpendicolarmente ai bordi delle barche e da un ordine di tavole tenute in sito da altre due travicelle dette di ghindamento poste al disopra e legate alle sottostanti mediante randellature.
La capacità di trasporto può essere ancora aumentata, o ricorrendo a vere zattere create con materiali di circostanza, per esempio con più ordini di tronchi d’albero, o con opportune combinazioni di materiali da equipaggio.


Ponti di barche. — Un ponte di barche consta di un piano stradale posato sopra dei sopporti galleggianti o barche.
Ad esso particolarmente si ricorre quando il fiume largo e profondo non consenta o renda difficile l’adozione di sopporti di altra natura fissi.
È evidente come la parte più difficile e delicata del gittamento o del ripiegamento di un simile ponte sia la manovra delle strutture galleggianti particolarmente quando debba compiersi in difficili o pericolose contingenze, con prontezza di decisione e rapidità di esecuzione come richiedono le operazioni militari.
Alcuni sistemi classici di manovra sono generalmente usati per la costruzione di un ponte di barche.
Il modo più semplice consiste nel guidare ad una ad una le barche sull’asse del ponte attaccandole successivamente alla parte già costrutta, Ciascuna barca viene spinta al largo dalla riva di partenza fino a portarsi in un punto conveniente a monte della sua futura posizione nel ponte, quindi lasciata scendere colla corrente getta a tempo debito l’ancora e segue alla deriva filandone la corda fino a raggiungere il posto assegnatole nel ponte. Allora si gettano sui bordi le travicelle e quindi trasversalmente le tavole che costituiscono il piano stradale (fig. 7).

“Fig. 7. – Gittamento d’un ponte di barche per «barche successive».”

Delle funi traversiere fissate alle prore collegano fra loro le barche mentre la prima e l’ultima sono fissate con amarri alle rive.
La stessa manovra può essere impiegata quando l’elemento galleggiante di cui si compone il ponte invece di essere la barca è una «pontiera» ossia, come abbiamo visto, un elemento da ponte preventivamente predisposto mediante la riunione opportunamente combinata di due, ma più spesso ancora di tre barche (fig. 8).

“Fig. 8. – Un ponte di barche eseguito per pontiera.”

Il ponte si compone allora in definitiva di un certo numero di pontiere guidate in posto da monte — come avveniva nel caso precedente delle barche — messa l’una in prosecuzione dell’altra.
Il metodo più ardito di composizione del ponte è quello per «conversione», che richiede due periodi distinti di lavoro anche indipendenti.
Nel primo si provvede alla preparazione dell’intero ponte lungo la riva di partenza, talora anche lontano dal punto nel quale si intende passare il fiume o su un suo braccio morto.
In seguito, fatto scendere il ponte parallelamente alla riva di partenza fino ad avere il suo estremo a valle a circa una quindicina di metri dal punto fissato per la spalla e quivi amarrato opportunamente questo estremo, si fa eseguire all’intero ponte una conversione intorno a questo punto fino a che con la rotazione di un quadrante l’estremità che si trovava a monte venga a toccare la riva opposta.
La manovra di conversione si facilita aiutandosi coi remi nelle barche più lontane dal centro di rotazione. Durante la manovra a tempo opportuno si gettano le ancore le quali permettono coll’appoggio delle loro funi di regolare la manovra e di arrestarla a conversione ultimata.
L’adozione dell’uno piuttosto che dell’altro dei metodi accennati di gettamento dipende piuttosto da ragioni tattiche che tecniche.
Le pontiere sono meglio indicate quando si prevede la necessità di scomporre facilmente il ponte e ricomporlo per dar passo per esempio a numerose galleggianti, barche o per meglio sfogare acque di piena.
Riescono sempre utili in un’avanzata offensiva perché le pontiere possono essere preventivamente preparate al coperto in un braccio morto del fiume.
Più spedito di tutti (quando non si tenga conto del tempo occorrente alla preliminare preparazione del ponte lungo la riva di partenza) è il metodo per conversione, ma è sempre operazione assai difficile, e costituisce una delle più belle ed impressionanti manovre militari che si possano immaginare.
Ricorderemo a questo proposito il famoso ponte di 162 m. sul Danubio gettato alla vigilia di Wagram dagli eserciti napoleonici, la cui manovra non richiese che quattro minuti.
Il materiale galleggiante al quale si può ricorrere per la costruzione di un ponte di barche può essere in primo luogo fornito dalle dotazioni delle sezioni da ponte al seguito degli eserciti operanti e quindi barche di legno o di metallo intere o scomponibili di cui già avemmo occasione di occuparci.
Colla dotazione di una sezione da ponte delle compagnie di zappatori addette ad una divisione del nostro esercito si può gettare un ponte di barche di 21.00 m. ed impiegando poi come corpi di sostegno le mezze barche si possono eventualmente e con poca corrente costruire passerelle per soli uomini a piedi di lunghezza doppia. Gli equipaggi da ponte per armata provvedono invece all’attraversamento di specchi d’acqua superiori ai 35.00 e 40.00 m. arrivando a m. 296.80.
Quando in luogo di ricorrere alle barche di equipaggio si voglia provvedere con materiale di circostanza, i battelli del commercio, di cui sono normalmente forniti tutti i corsi d’acqua importanti, requisiti possono rappresentare una buona risorsa.
Un sopporto galleggiante di circostanza può essere ottenuto anche con zattere di tronchi d’albero, di botti, di cassoni stagni, le quali si prestano sopratutto per fiumi a corrente debole, hanno il vantaggio di essere difficilmente colate a picco anche sotto i colpi dell’artiglieria, ma per contro manovrano male alla navigazione e sopratutto costringono il piano stradale ad un livello troppo basso.
Per ponticelli di minore importanza fra gli altri sistemi galleggianti può essere ricordata la zattera Habert ora regolamentare nell’esercito francese, costituita da una specie di sacco impermeabile riempito di circa 80 kg. di paglia.
Ogni sacco può costituire da solo un sopporto per ponti leggerissimi. Meglio se se ne possano associar due.
A tener fermi i galleggianti contro l’urto della corrente occorrono corpi di ritegno convenientemente disposti per attraccarvi le barche per mezzo di funi, come ancore, gabbioni, palafitte.
In qualche caso l’ancoraggio invece di essere fatto sul fondo può essere fatto alle rive oppure ad una gomena stessa attraverso il corso d’acqua.


Ponti a travate semplici su sopporti fissi.Ponti su cavalletti. Cavalletto a due gambe. — Tutte le sezioni da ponte degli eserciti sono dotate, come vedemmo, di cavalletti scomponibili, costituiti essenzialmente di due piedi, di due gambe e di una banchina coi quali si può costituire la più semplice e rapida struttura di appoggio fisso.
Il cavalletto non possiede stabilità in senso parallelo alla direzione del ponte, ma a questo si rimedia colla posa in opera dei travicelli dall’impalcato i quali sono: o muniti di tacche per affrancarsi alla banchina, o — come nel nostro armamento — provvisti di opportuni fori da infilarsi sui piuoli di bracatura della banchina.
Il cavalletto si pone in opera o facendo entrare gli uomini nell’acqua quando questa è bassa, o calandolo da una barca o da una pontiera.
In alcuni casi i cavalletti di equipaggio possono usarsi in unione alle barche per costituire dei ponti misti nei quali le porzioni presso le rive sono su appoggi fissi, le mediane su appoggi galleggianti.
Così le nostre sezioni divisionali da ponte possono gettare dei ponti su tre cavalletti e due barche della lunghezza di m. 41.40.
Più singolare è l’uso di cavalletti montati entro le barche stesse, coi piedi impostati o sul fondo o su trasverse passate sui piattobordi, ciò che sì fa eccezionalmente allorché convenga sopralzare parzialmente il piano stradale sopra il livello delle acque di più di quanto non lo consenta l’altezza dei fianchi delle barche.


Cavalletto a quattro gambe. — Nei ponti di circostanza raramente si usano cavalletti a due piedi a gambe mobili, ma di preferenza si improvvisano cavalletti rigidi a quattro gambe, quantunque riescano di considerevole peso, poco solidi, di difficile collocamento e con grande presa alla corrente (fig. 9).

“Fig. 9 – Cavalletto a quattro gambe fisse.”

Il loro impiego è limitato a fondali massimi ai m. 2.50 con corrente di velocità inferiore di m. 1.50.
Il cavalletto consta essenzialmente di una banchina, quattro gambe, due traverse e quattro saette.
Il cavalletto può essere messo in opera a braccia entrando nell’acqua quando la velocità, la profondità e la temperatura lo consentano.
Può invece essere avanzato e calato in posto dalla porzione di impalcato già eseguita, oppure mediante una barca o zattera.
In ogni caso il ponte viene poi completato colla costruzione del tavolato appoggiandone le travicelle sulle banchine dei cavalletti.


Ponti di palafitte. — Il corpo di sostegno stabile più semplice è la palafitta ossia un insieme di due o più pali infissi verticalmente sul fondo del fiume e coronati in sommità da una banchina sulla quale appoggiano i soliti travicelli del tavolato (fig. 10).

“Fig. 10. – Sostegni a palafitte.
In alto: una stilata semplice.
In basso: una palificata a due piani.”

Nei ponti militari di palafitte la cui costruzione con materiale di circostanza richiede tempo e mezzi considerevoli conviene adottare impalcate molto lunghe riducendo più che è possibile il numero dei sostegni. Le travicelle del tavolato sono in tal caso numerose e di forti dimensioni e le tavole sono disposte in doppio strato.
L’operazione più delicata è quella dell’infissione dei pali, la quale per piccoli pali di 12-15 centimetri di diametro si può fare col maglio a braccia, e per diametri superiori si fa con una berta a tirelle impostata su una impalcatura provvisoria di cavalletti o sopra travi sporgenti a sbalzo della sponda ed opportunamente contrappesate, oppure sopra una portiera.

“Un ponte ultimato.”

Ponti a travate composte. — Non sempre è possibile superare l’ostacolo attraverso il quale si getta il ponte col far reggere il tavolato ordinario a travicelli e tavole da sostegni intermedi galleggianti o fissi dei tipi fin qui descritti.
In alcuni casi quando si debbano superare valloni profondi o sostituire travate metalliche od arcate di viadotti di grande altezza occorre improvvisare delle vere e proprie opere di carpenteria, delle travate senza appoggi intermedi oppure con rari appoggi di importanza maggiore delle semplici palafitte o dei cavalletti.


Travi armate. — Quando la portata della luce o delle luci del ponte da improvvisare si tenga intorno ai dieci metri, convengono bene le travi armate e cioè travi longitudinali rinforzate in determinati punti intermedi da opportune armature (fig. 11).

“Fig. 11. – I tipi più comuni di travi armate.”

Tutti i tipi di travi armate ben note all’arte dell’ingegnere possono trovare utile applicazione e cioè travi armate per di sopra o travi armate per di sotto, queste ultime con contraffissi e tiranti oppure con saettoni e sottotravi.
Fra i molti esempi che potremmo citare, ricordiamo il ponte di circostanza costruito sul canale Mellana presso il poligono di esercitazione degli zappatori del genio in Casale.
Detto ponte consta di due piani: uno superiore per il transito del carreggio, della cavalleria e della fanteria per quattro, l’altro inferiore trasversalmente diviso in due passerelle larghe m. 0.90 circa esclusivamente per il passaggio di truppe a piedi.


Travi a traliccio. — Per corsi d’acqua di larghezze superiori ai quindici o venti metri e quando non convenga porre dei sostegni intermedi non resta che ricorrere alle travi americane od a traliccio e costituite cioè ciascuna trave da due briglie orizzontali distanziate nel senso dell’altezza di circa un decimo della portata e collegate fra loro da un traliccio con tiranti verticali di ferro e diagonali di legno inclinate, oppure con sole diagonali di legno. Di tali travi a traliccio se ne collocano per lo più due ai lati della careggiata appoggiando il tavolato del piano stradale per mezzo di traversoni o sulla briglia superiore o sulla inferiore a seconda che si vuole che il ponte risulti colla careggiata superiore oppure compresa fra le due travi.
Uno degli esempi per noi più interessanti è quello del ponte di Bofiaiora sul Ticino (fig. 12).

L’armata austriaca nel ritirarsi il mattino del 5 giugno 1859 dal territorio piemontese faceva brillare le mine delle due ultime pile del ponte verso la sponda lombarda dove scorre il filone principale del fiume.
Due arcate riuscivano seriamente danneggiate: non però interamente distrutte, talché riattate alla meglio le macerie, l’artiglieria francese poteva la sera dello stesso giorno arrischiarsi sulle rovine. Era però urgente provvedere al passaggio del materiale pesante di assedio che si trovava arrestato sui carri ferroviari dell’altra sponda del Ticino: gli ingegneri delle armate alleate provvidero ad un restauro provvisorio degli archi in muratura con chiavi e rinfranchi su una larghezza limitata di m. 3.65 tanto da dar passo ad un binario. Più tardi si diede mano, con maggior comodo, alla costruzione di una travata tubolare di legname all’americana destinata al contemporaneo servizio della ferrovia e della strada ordinaria.
Il ponte fu composto di tre travate della lunghezza complessiva di 80 m. collocato a valle lateralmente all’arco provvisorio di mattoni restaurato. Le travate a traliccio furono eseguite con tiranti di ferro e diagonali di legno: il piano stradale venne impostato in corrispondenza della briglia inferiore e 1’altezza delle travate sì tenne abbastanza grande da consentire l’adozione di controventi superiori.
La guerra del 1870 diede occasione a parecchie notevoli costruzioni del genere direttamente eseguite dal genio militare degli eserciti operanti.
Un esempio interessante per le serie difficoltà tecniche superate è fornito dal ponte sulla Mosella a Charmes (fig. 13).

Le sette arcate del ponte lungo complessivamente 130 m. eran tutte crollate avendo i francesi fatto saltare una delle spalle; le pile intermedie sì erano pure completamente abbattute nel fiume. Non restava, per iniziare il rassetto provvisorio della linea, che di spianare e solidificare le macerie con gettate di calcestruzzo approfittando di una magra favorevole e quindi su questo zoccolo di detriti innalzare alla meglio le nuove pile di muratura. Su queste si gettarono poi delle travate a traliccio per il sovrapasso delle luci di circa 13 m. ciascuna. Non fu facile trovare le travi di grossa squadratura (30 X 35 cm.) di conveniente lunghezza per la posa delle briglie che occorse requisire in cantieri lontani fino a trenta chilometri dalla località. Per le diagonali si usarono 2500 m. di traversine ferroviarie: i tiranti di ferro furono forniti dalle sotto strutture delle vetture di un treno ferroviario che i francesi avevano incendiato a Remiremont.
Un altro ardito esempio è fornito dal viadotto di Xertigny, alto ben 37 m. sul pelo d’acqua. Delle nove imponenti arcate murarie una mina brillata in una pila aveva fatto cadere le due immediamente adiacenti alla pila ed una terza in prosecuzione.
Il pilastro crollato fu sostituito in tutta la sua altezza con una stilata piramidale di legname impostata alla base su uno zoccolo di circa 13 m. rifatto di muratura.
Con una trave a traliccio si superarono le luci e per maggior sicurezza date le condizioni eccezionali in cui fu eseguito il lavoro si volle garantire un eccesso di resistenza coll’aggiunta di saettoni al disotto alla briglia inferiore.
Una delle difficoltà gravi nella costruzione delle grandi strutture di circostanza a traliccio sta nel varamento del ponte.
Una delle soluzioni preferite è quella che consiste nel varare il ponte, montato in precedenza su una delle rive coll’aiuto di due funi metalliche tese attraverso l’ostacolo. L’operazione riesce facilitata facendo scorrere la travata sopra robusti rulli.


Ponti Tarron. — Le difficoltà che abbiamo visto manifestarsi nella improvvisazione di un ponte, allorché per l’impossibilità di stabilire dei sopporti abbastanza vicini si debba ricorrere a travi di considerevole portata, suggeriscono naturalmente l’idea di predisporre le dotazioni ai parchi del genio di materiale opportunamente combinato e disposto, atto alla formazione di ponti di grande mole.
Un tentativo recente, ingegnoso, suscettibile di rendere grandi servizi anche per portate fino a una cinquantina di metri è il ponte Tarron, così noto dal nome del suo ideatore, ufficiale nel genio francese, proposto fin dal 1900 e sperimentato con successo.
Il ponte si compone di membrature di legno quadrate o no, collegate fra loro a snodo, e riunite da tiranti di grosso filo di ferro.
Gli elementi del ponte sono le due travi di sponda ed il tavolato che si imposta sulle membrature inferiori.
La caratteristica del sistema sta nella costruzione delle travi maestre, la cui linea di contorno superiore è costituita da membrature di legno congiunte a snodo, mentre questi nodi sono riuniti al punto di mezzo della membratura inferiore per mezzo di tiranti di ferro.
La membratura inferiore è pure di legno.
Due travi di questo tipo, controventate nei riquadri superiori da croci di S. Andrea e da traversi, che servono al tempo stesso come caviglie pel collegamento a snodo degli elementi delle travi, e controventate pure nella parte orizzontale inferiore dallo stesso tavolato del piano stradale, costituiscono gli elementi di un ponte della portata di 49 o 45 metri.
Per superare portate maggiori si usano travate un po’ più complesse ma ancora ideate collo stesso principio. Il ponte Tarron è suscettibile di essere costruito preventivamente sulla riva con facile collegamento delle sue membrature giù opportunamente predisposte e può essere lanciato a partire da una sponda senza che sia necessario di accedere alla sponda opposta, per semplice traslazione, quando se ne sia assicurato l’equilibrio al varamento mediante una conveniente contrappesatura alle spalle (fig. 14).

“Fig. 14. – Lanciamento di un ponte Tarron mediante contrappeso.”

La montatura si può fare anche senza contrappeso quando però sì possa preventivamente accedere alla riva opposta, ricorrendo allora ad un cavo teso attraverso il corso d’acqua da una riva all’altra su due piloni di legno con robusti amarri.


Ponti sospesi. — I ponti nei quali il piano stradale è portato da sistemi di funi gettate attraverso l’ostacolo da superare non sono usati che eccezionalmente nelle costruzioni di carattere militare.
Ai noti inconvenienti di una costruzione lunga e delicata, di una assoluta mancanza di rigidità, ancor più penosa in costruzioni forzatamente leggiere e soggette a forti pesi, si aggiunge in guerra il grave danno che un solo proiettile nemico ben piazzato nel cavo di sospensione può determinare l’istantaneo crollo dell’opera.

“Ponte sull’Judrio a Visinale costruito dal nostro genio.”

I ponti sospesi sono costituiti da sistemi di funi ancorate sulle rive i quali sostengono il tavolato dell’impalcata o direttamente facendo posare per traverso le tavole sulle funi; oppure mediante l’interposizione di cavalletti fra i cavi e il tavolato stradale.
Non sono di pratica applicazione nelle costruzioni militari i ponti sospesi a via inferiore ossia quelli nei quali il piano stradale è sospeso mediante tiranti alle funi metalliche, dei quali quindi non tratteremo.

“Fig. 15. – Ponte sospeso su cavi e cavalletti.”

I cavi portanti in massima sono di acciaio o di ferro con trefoli di fili avvolti su un’anima di canapa. I capisaldi cui vengono fissate le funi sono costituiti da sistemi di palafitte a ritegno di dormienti di legno forte ai quali sono avvolte le funi. Se le sponde sono rocciose le funi si possono fissare a paletti di ferro infissi in fori praticati nella roccia.
Con questi tipi di ponte molto utili in località montuose e valli scoscese, sì superano facilmente portate di 20 o 25 m., eccezionalmente però si possono raggiuncere anche i 50 m.


Ponti metallici. — La necessità di assicurare ad ogni costo la continuità del transito anche per i maggiori carichi sulle grandi arterie stradali e ferroviarie a recidere le quali si appuntano in primo luogo i tentativi aperti o subdoli del nemico, l’impossibilità di provvedervi cogli ordinari mezzi di equipaggio e la grande difficoltà e la lentezza di rimediarvi con mezzi di fortuna fecero comprendere nell’ultimo quarto di secolo scorso la assoluta convenienza di ricorrere al materiale metallico per creare delle strutture preventivamente combinate, smontabili, suscettibili di essere rapidamente trasportate, montate e lanciate dal genio militare ed offrenti quelle condizioni rigorose di solidità — ben superiori a quelle delle opere fin qui esaminate — che sono indispensabili sopratutto al transito ferroviario.
Si tratta sempre di strutture a traliccio smontabili, cioè costituite da elementi predisposti da combinarsi facilmente a piè d’opera mediante bulloni a vite, alcune composte di pezzi di piccola mole e cioè o barre rettilinee o pannelli triangolari o quadrangolari corrispondenti rispettivamente alle barre od ai pannelli elementari del traliccio, altre invece formate di pezzi di maggior mole, da interi tronchi di ponte completamente finiti coi relativi traversi e semplicemente da attaccarsi l’uno in prosecuzione dell’altro.
Fra gli esempi che particolarmente ci interessano è il notissimo ponte scomponibile Eiffel che costituisce materiale di dotazione regolamentare del nostro esercito (figg. 16 e 17).

“Fig. 17. – Sezione trasversale di un ponte Eiffel.”

Gli elementi principali di una travata Eiffel sono dei pannelli triangolari e delle barre rettilinee. I primi sono dei triangoli isosceli (costituiti da angolari riuniti da piastre) colla base lunga 6.00m., l’altezza m. 1.56 e rinforzati da un ritto verticale che unisce il vertice colla base. Il peso di un elemento e di 145 Kg.
Gli elementi rettilinei sono delle aste di collegamento costituite da un angolare lungo m. 0.60 destinati a completare i pannelli della travata. Mediante questi due soli tipi di elementi si costituisce il traliccio. Si dispongono a tale scopo gli elementi triangolari, di fila nel senso della lunghezza, l’uno di seguito all’altro e colla base orizzontale in alto e collegati fra loro per gli estremi della base. Si introducono poi fra i vertici inferiori (distanti fra loro 6 m.) di questa serie di triangoli le «aste di collegamento» fissandovele e si ha così il primo schema di triangolazione semplice. Se a tergo di questa struttura se ne addossa convenientemente una seconda in tutto simile ma spostata rispetto alla prima di un mezzo elemento, si ottiene finalmente una vera e propria travata a traliccio.
Alle due estremità della travata per completarla ed appoggiarla alle sponde si dispongono due «mezzi elementi» costituiti da una parte a forma di piccolo triangolo che si appoggia col cateto minore sulle sponde e di una parte in tutto simile ad un mezzo elemento triangolare che si attacca all’elemento triangolare ed all’asta di collegamento precedente.
Tutte le giunzioni delle parti del traliccio sì effettuano mediante una chiavarda da 35 mm. Due travi a traliccio così costituite poste ad un interasse di 3.00 m. formano le travi maestre del ponte.
Il piano stradale è portato da traversi a I lunghi m. 4.10 che appoggiano sulle piastre di collegamento dei vertici inferiori e si attaccano ai ritti degli elementi delle travate e sporgono da questa di m. 0.55 per parte. I traversi servono a portare le lungherine che ad essi si posano per mezzo di ordinarie squadre chiavardate, e nella parte a sbalzo esterna dalle travi maestre sono collegati a queste con saette d’unione inclinate. Il peso di un traverso è di 122 Kg.
Il tavolato consta di tavoloni di larice i quali sono tenuti in sesto da travicelli di ghindamento disposti sui lati in modo da lasciare una carreggiata libera di m. 2.20 e fissati con cantonali e viti al tavolato.
Col materiale in uso presso il nostro esercito si possono gettare ponti carettieri fino a m. 22.20 di lunghezza, il cui peso complessivo è di circa 9600 chilogrammi, di cui 3700 dovuti al tavolato.
L’attrezzatura di un ponte Eiffel si completa poi del cosiddetto «rostro» ossia di una struttura sussidiaria che serve per il solo lanciamento del ponte.
Il rostro non altro che un prolungamento delle travate del ponte costituito in modo analogo a queste con un elemento rettangolare ed uno triangolare.
L’esecuzione del ponte si inizia sulla riva di partenza colla composizione del piano stradale, col collegamento dei traversi, delle lungherine, dei tiranti di crociera. Ai due lati si rizzano quindi le travi maestre e finalmente a queste si fissa con chiavarde provvisorie il rostro.
Disposte quindi sul piano di avanzamento in corrispondenza delle lungherine centrali, opportune coppie di rotelle di scorrimento si vara il ponte facendolo muovere a braccia da una squadra di 16 uomini. In una parte della manovra e cioè prima che il rostro abbia raggiunta la sponda opposta è necessario zavorrare con un contrappeso la coda del ponte (fig. 18).

“Fig. 18. – Il varamento din un ponte Eiffel.”

Oltre il tipo descritto numerosi altri tipi di ponti Eiffel, differenti solo per le dimensioni degli elementi, si sono prestati alle esigenze più varie, tanto per strade ordinarie, quanto per strade ferrate.
Ricorderemo fra tutti quelli nei quali la disposizione degli attacchi permette anche un ordinamento ad elementi sovrapposti al vertice, mediante i quali — e con elementi a triangoli isosceli di 6.00 m. di base per 3.00 di altezza — si possono creare delle travate della portata di 45.00 m., dell’altezza di m. 5.90 a traliccio quadruplo e la cui importanza è notevole per lavori ferroviari eccezionali, prestandosi tanto come materiale di dotazione delle grandi reti ferroviarie quanto dei riparti del genio militare.
Di ponti di questa portata è appunto fornito il reggimento di ferrovieri del nostro esercito.
In ordine cronologico se non nel successo ha la precedenza sui ponti Eiffel un altro tipo: di ponte smontabile proposto dall’italiano ing. Alfredo Cottrau, fin dal 1876 ed in seguito perfezionato e noto sotto il nome di «Ponte politetragonale», nel quale in luogo di elementi triangolari si hanno elementi rettangolari da collegarsi fra loro mediante coprigiunti e chiavarde.
I medesimi pannelli rettangolari servono per la formazione dei traversi, attaccandosi all’ala interna dei ritti. Ne deriva una grande omogeneità di elementi (fig. 19).

“Fig. 19. – L’elemento rettangolare di una travata Cottrau.”

I pannelli possono anche prestarsi alla formazione di pile metalliche.
Nell’esercito francese il tipo di ponte ferroviario smontabile a piccoli elementi adottato è quello del Capitano Henry nel quale gli elementi. costruttivi sono invece tutti rettilinei (fig. 20).

Esistono di questo ponte due tipi fissi: quello per la portata di 30.00 m. e quello per la portata di 45.00 m.
La briglia superiore è costituita da due ferri a doppio T appaiati e riuniti sulle ali da un traliccio, e pure da due ferri a doppio T accostati è costituita la briglia inferiore. I montanti, sono costituiti e disposti a due ferri a C dorso a dorso, distanziati e collegati a tralicci o sulle ali, e si afferrano cogli estremi a forcella alle briglie dove sono fissati con chiavarde. La medesima composizione vale per le diagonali. Il collegamento delle diagonali alle briglie avviene sempre mediante chiavarde a piastroni sporgenti ai nodi.
Gli attacchi fra i tronchi di briglia avvengono per incastro a maschio e femmina.
I traversi lunghi m. 4.00 sono a traliccio e fissati al piede dei montanti. Il ponte si completa poi colle lungherine, le rotaie su traversine ed i controventi inferiori e superiori.
Il ponte di 45 m. si ottiene mediante sovrapposizione in senso verticale dei due tralicci da ponte di 39 m. evidentemente colla soppressione di quelle parti di briglia che richiederebbero a contatto sul piano di simmetria orizzontale.
Il ponte viene montato sulla riva e quindi varato senza sussidio di avambecchi, mediante opportuni contrappesi nei modi già visti.
Pure ad elementi tutti rettilinei è il ponte smontabile studiato dall’ufficiale russo conte Brochocki (1889), a travate a traliccio simmetrico articolate al nodi, il cui peso non oltrepassa per la parte metallica gli 8600 Kg. per un sovrapasso carreggiabile di m. 32.00 e i 4600 Kg, per uno di 20 m. e che con tralicci doppi può reggere anche al transito ferroviario per locomotive con assi da sole 8 tonn. (fig. 21).

Le briglie e le diagonali del traliccio sono travi a C dorso a dorso di 4.00 m. di lunghezza, rinforzate nella parte centrale coll’aggiunta di piattabande e con opportune teste forate agli estremi.
I traversi sono terminati da teste cilindriche che servono senz’altro da chiavarde pei nodi della briglia inferiore. Dispositivo simile hanno i traversi di controvento superiori.
Le lungherine sono travi a I sovrapposti ai traversi e le diagonali di controvento sono di tondino provvisto di tenditori.
In tutti i casi finora ricordati il piano stradale è sempre retto da due sole travi maestre o laterali o inferiori.
Per diminuire il peso unitario delle travi e quindi consentire l’adozione di elementi di maggiore lunghezza si è in qualche caso pensato di aumentare il numero delle travi maestre portandole per esempio a quattro, naturalmente sottoposte al piano stradale.
Allo studio di dispositivi di questo genere hanno contribuito validamente anche gli ufficiali del nostro esercito di cui ci piace ricordare alcune proposte.
Portato da quattro travi maestre a traliccio è per esempio il ponte proposto dal Capitano Spaccamela (1889). Ogni trave maestra della lunghezza totale di 28 m. è composta di quattro tronchi da m. 7.00 ciascuno, formati da due briglie a T distanti m. 1.00 collegate da un traliccio di ferro a U.
Il peso di un elemento è di circa 175 Kg. I collegamenti in senso longitudinale degli elementi sono costituiti da doppie piastre alte m. 0.983 e larghe in media 0,35.
Alla medesima disposizione a travi multiple si attiene in una sua proposta di ponte il Capitano Maggiorotti (1901), ma ne perfezionò i particolari ispirandosi ad alcune importanti considerazioni teoriche e pratiche, per le quali abbandonando il concetto della semplice trave a traliccio pensò ricorrere alle travi armate tipi Fink, Petit, Pratt ecc. — come già avevano tentato per l’addietro gli ufficiali spagnoli Marvà e Mever ricorrendo invece ai tipi Bollmann — e studiò quattro tipi di ponti per luci di m.6.00, 12.00, 18.00, 24.00, atti a dar passaggio all’ordinario carreggio militare, oppure a costituire una passerella di 36 m. per due file di soldati e per artiglierie trainate a braccia, od infine atti a costituire un ponte rinforzato per carri da 5000 Kg. (fig. 22).

Il ponte è costituito da un tavolato e da quattro travi maestre metalliche sottoposte direttamente al tavolato.
Ciascuna di queste è composta di elementi lunghi 6.00 m. pesanti 96 Kg. aventi sezione a doppio T composta di briglie a T riunite da traliccio di angolari.
Le estremità di ogni elemento sono rinforzate on piastre e montanti per facilitare il collegamento fra due elementi adiacenti mediante sei chiavardette.
Ciascuna trave è poi armata per di sotto da colonnini metallici in corrispondenza delle giunzioni dei tronchi e da tiranti, e precisamente per la trave di 24 m. si hanno tre colonnini e sei tiranti, per quella da 18 m. due colonnini e tre tiranti, per quella da 12 m. un colonnino e due tiranti.
La manovra del lanciamento del ponte dipende dalle condizioni delle sponde. Se il fiume è navigabile e non troppo incassato, generalmente le travi si compongono ad una ad una sulla riva, quindi appoggiatone un estremo su una barca si spinge questa verso l’ altra riva fino a permettere di impostarvi l’estremo della travata.
Se le sponde sono piane si può varare il ponte nei modi noti.
Gli esempi di ponti scomponibili «a grandi elementi» e cioè costituiti da tronchi giù preventivamente formati da due porzioni composte di travi maestre coi relativi traversi, capaci di facile collegamento, sono più rari.
Di queste, classico è il ponte Marcille atto al transito ferroviario e costituito da tanti tronchi composti dalle due travi maestre a parete piena rinforzata da montanti distanziate di m. 1.52 fra gli assi, riunite fra loro da riquadri di collegamento e munite di piastre traversali di attacco agli estremi di ciascun tronco (fig. 23).

Le piastre di due tronchi consecutivi accostati si uniscono con bullonature rinforzandosi la connessione con coprigiunti disposti sulle briglie delle travi maestre. Ogni tronco si completa delle relative porzioni di binario.
Il ponte si applica normalmente a quattro portate fisse rispettivamente di 10 – 20 – 30 e 45 metri.
I tronchi costituenti il ponte hanno, secondo le portate ed i tipi, lunghezze da m. 2.50 a m. 10.
Il ponte Marcille viene posto in opera per varamento in falso mediante l’applicazione provvisoria di un avambecco e la contrappesatura della coda. I tronchi, compreso quello di avambecco, condotti in posto per ferrovia e scaricati per mezzo di una grue, muniti di rulli fissati alla briglia inferiore, vengono spinti l’uno in coda all’altro, quindi giustapposti testa contro testa vengono bullonati per mezzo delle piastre trasversali estreme di attacco.
Completate le giunzioni il ponte viene fatto posare su rulli di varamento, coi quali vien spinto in posto.”