Da Le Vie d’Italia, Anno XXXIII, N. 2, febbraio 1927.
Di E. Tedeschini-Lalli.
” ■ Un articolo comparso nella Rivista del Touring del marzo 1912 illustrava e commentava i promettenti risultati del primo Concorso delle «Stazioni fiorite», che si era svolto nel precedente anno delle Esposizioni cinquantenarie.
■ L’articolo era del compianto ed amato nostro Presidente del Touring che, col prof. Vittorio Alpe, Presidente della Federazione Italiana dei Consorzi Agrari, aveva dato anima a questa iniziativa allora novissima in Italia.
■ «Siamo proprio agli albori — concludeva L. V. Bertarelli parlando dell’amore dei fiori coltivati per la decorazione — ma il movimento è incominciato e per ciò che riguarda le stazioni principia con vigore su basi pratiche e promettenti, Avanti!»
■ Con la fede e la costanza che a quelle tempre di organizzatori non faceva difetto, si proseguì infatti sulla buona via negli anni successivi e con risultati sempre migliori.
■ Lo spirito di emulazione, tenuto desto fra i Capi stazione, produceva i suoi frutti ed il loro gusto nell’arte della decorazione floreale si andava così a mano a mano formando e perfezionando.
■ Ma il sopraggiungere della guerra mondiale troncava sul nascere il promettente movimento e quei primi risultati andavano presto distrutti.
■ Finita la guerra, non vedemmo purtroppo tornare, con la pace, quella tranquillità sociale nella quale solo può nascere ed esercitarsi il culto del bello.
■ E le nostre stazioni furono ogni anno più trascurate. Nessuno poteva pensare, in quei disgraziati anni del dopo guerra, a ridar vita ad una iniziativa di abbellimento che avrebbe trovato certamente indifferente l’Amministrazione ferroviaria ed indolente o restio il personale.
■ A questo si poté pensare solo quando la pace sociale fu finalmente conquistata e lo Spirito e l’ordine nuovo ridestarono nei ferrovieri l’esatta e viva coscienza dei propri doveri.
■ In questa atmosfera di tranquillo lavoro, la rinascita di ogni sentimento generoso e gentile offriva la migliore e più sicura base per la ripresa della bella iniziativa.
■ Questo fu felicemente intuito dall’Ente Nazionale per le Industrie Turistiche quando, avvicinandosi l’anno giubilare, pensò di far assumere un aspetto più lindo e più gaio alle stazioni ferroviarie che avrebbero fatto gli onori di casa ai convogli dei pellegrini, accendendo fra esse una nuova e più vivace gara di abbellimento.
■ Fu così che, a distanza di molti anni, la serie dei concorsi si riapriva e questa volta in molto migliori e più promettenti condizioni.
■ Il vivo interessamento subito dimostrato da S. E. Ciano e dal Direttore Generale delle Ferrovie, i rapporti di collaborazione normalmente esistenti fra l’Enit e l’Amministrazione ferroviaria e la diretta partecipazione di questa all’organizzazione del Concorso, costituirono i nuovi e decisivi elementi della rapida affermazione della iniziativa, alla quale non era mancata l’entusiastica adesione dei due Istituti che ne avevano la tradizione, il Touring e la Federazione Italiana dei Consorzi Agrarî.
■ I risultati pratici della prima gara svoltasi durante l’Anno Santo, tutti li hanno potuto vedere trovandosi a passare o a sostare in stazioni ben note, che apparivano quasi irriconoscibili, tanto erano state trasformate nella loro veste, ora linda e pulita.
■ Dopo questa specie di esperimento così ben riuscito, non restava che persistere con metodo; e per il 1926 si pensò giustamente di portare la gara nelle linee delle regioni meridionali ed insulari.
■ La diretta partecipazione dell’Amministrazione ferroviaria consigliò di attenersi ai Compartimenti organici e furono così chiamate a concorrere le stazioni comprese nei Compartimenti ferroviari di Napoli, Bari, Reggio C. e Palermo e nella Delegazione di Cagliari.
■ Di questo Concorso debbo particolarmente parlare.
■ Non basta aver avviato tanti ferrovieri nell’arte della coltivazione dei fiori destinati alla decorazione; non basta aver rallegrato la vista di migliaia di viaggiatori che hanno intravisto dai finestrini delle carrozze fuggenti le oasi policrome o hanno gradevolmente ingannato la noia delle lunghe attese nelle stazioni, dinanzi al verde riposante di un giardinetto, dove l’uggia scompare e il viaggiatore non si sente più solo se può ammirare una massa fiorita di pelargoni, di petunie, di dalie o di verbene, un pergolato di glicine spioventi o di rose rampicanti dai vivaci colori. Tutto questo deve essere fatto conoscere ed apprezzare anche a chi non ha potuto vedere; perché il principale valore di queste gare sta appunto nella loro azione educativa che lascia tracce durature nel personale e nel pubblico.
■ Quando, sul finire dell’anno scorso, il Comitato cominciò la organizzazione pratica del Concorso, ben rare erano le stazioni che presentassero appena qualche principio di adornamento floreale.
■ Le superfici di terreno adiacenti ai fabbricati, specialmente nelle stazioni dei Compartimenti di Reggio Calabria, di Palermo e della Sardegna, erano utilizzate per depositi di materiali o presentavano l’aspetto di terra incolta, con qualche pianta selvatica, sterpi ed erbacce.
■ Anche dove la passione di pochi era riuscita a creare un embrione di giardino, avevano pensato i successori a lasciarlo deperire, sfruttando, tutt’al più, i terreni adiacenti alle stazioni per coltivazioni ad orto o a cereali.
■ Tutto dunque era da fare ed il tempo disponibile era molto breve: in sei mesi dovevano sorgere fiori e piante dove non erano che erbe selvatiche. Si pensi ad un Capo stazione che, senza pur possedere, in molti casi, gli elementi primi dell’arte del giardinaggio, deve risolvere un problema così arduo, dedicandovi il poco tempo che gli resta fra un treno e l’altro, e quando glielo consentono le esigenze non lievi del servizio! Preparare ed adattare il terreno incolto, cercare semi e piante in centri spesso molto lontani, procurare l’acqua mancante o scarsa in molte stazioni del Mezzogiorno e della Sardegna e poi preservare le delicate culture dal clima torrido e dalle forti correnti di vento. Tante e così gravi difficoltà, in così breve spazio di tempo e con mezzi tanto limitati, potevano solo vincere la energia e lo spirito di iniziativa dei nostri Capi stazione, aiutati — giova dirlo — dall’Amministrazione e specialmente dai Capi dei Compartimenti ferroviarî.
■ Ben 510 stazioni, su 618 chiamate a concorrere, hanno preso parte alla gara e la relazione della Giuria ricorda che la percentuale dell’83% dei concorrenti non era stata mai raggiunta in nessuno dei precedenti concorsi.
■ Ma occorre aggiungere che in tutte le stazioni, anche in quelle che non hanno partecipato al Concorso, si nota la tendenza ad abbellire la propria sede e quei Capi stazione — pochi davvero — che non giunsero in tempo a presentare qualche cosa di completo, hanno pur preparato il terreno ed iniziato la disposizione delle aiuole, col proposito di provvedere, per la prossima stagione, alla trasformazione completa delle aree a giardino.
■ Le coltivazioni ad orto od a cereali vanno così a mano a mano scomparendo o sono in gran parte sacrificate per l’impianto dei piccoli giardini. È il mirabile effetto dell’azione educativa di queste gare che spinge ad abbandonare l’attrattiva di un tornaconto immediato e personale per un più nobile ed alto concetto di estetica e di bellezza.
■ La giuria, dopo un esame attento e paziente dei pregi e dei difetti delle varie decorazioni, ha premiato 205 stazioni distribuendo 21 medaglie d’oro, 11 di vermeil, 102 di argento e 71 di bronzo, oltre a 52.000 lire di premi in denaro e gratifiche al personale subalterno di tutte le stazioni premiate.
■ Il primo premio è toccato alla stazione di Macomer. Nella modesta stazione sarda che trae la sua importanza ferroviaria dall’incrocio con le linee secondarie verso Nuoro e Bosa, nulla esisteva prima del Concorso. Quello che ha saputo fare in pochi mesi quel Capo stazione, Giovanni Spada, vincendo le avversità della dura roccia e dell’argilla arida, ha voluto descrivere con penna di maestro Carlo Montani nel quotidiano di Roma Il Messaggero, facendo giustamente di lui un modesto eroe della gara di quest’anno. Sacrificio e denaro ha egli speso con entusiasmo ed il giardino che adorna ora la stazione è un piccolo gioiello del genere. Il gusto nella distribuzione delle piante da fiori, degli alberi e dei piccoli viali hanno rivelato un’anima di artista.
■ Peccato che la fotografia che pubblichiamo della stazione non dia che una pallida idea del suo lavoro.
■ Ma dobbiamo aggiungere che Giovanni Spada ha fatto qualche cosa di più che abbellire la propria stazione: ha voluto anche aiutare nella gara i colleghi delle altre stazioni della Sardegna, fornendo loro disinteressatamente fiori e piantine. Tanto ha potuto la passione dei fiori da far superare in lui ogni legittimo egoismo di concorrente!
■ E la Giuria ha tenuto particolare conto di questa virtù singolare.
■ Sulla Foggia-Bari molte stazioni hanno gareggiato in bellezza; ma più completa ed armonica è sembrata Trani. Le fanno ala due graziosi giardini a grandi aiuole con palme e rose rampicanti.
■ Piante spioventi in vasi ornano graziosamente i fanali del piazzale e le colonne della tettoia.
■ Nella regione partenopea alla stazione di Torre Annunziata C. son toccati gli onori della vittoria, attribuitile principalmente per il prodigio che ha compiuto quel Capo stazione nel saper difendere dalla violenza dei venti marittimi e dal fumo delle locomotive associato a quello delle officine, le belle aiuole fiorite e le mille varietà di piantine coltivate con amorosa cura nei 120 vasi adornanti con gusto le colonne del porticato.
■ Nel Compartimento di Reggio Calabria ha vinto le altre, per eleganza e sapienza di distribuzione, la stazione di Villa S. Giovanni.
■ Tutti gli adornamenti ottenuti in un terreno sabbioso e vincendo l’ira dei venti, dalla graziosa villetta tra i binari di corsa e quelli di manovra, alle aiuole che circondano il fabbricato viaggiatori, dalle vasche alla piscina armoniosamente distribuite, sono opera sapiente e paziente del personale della stazione che ha affrontato le spese non lievi con volontarie contribuzioni mensili.
■ Ricco di risultati è stato pure il vasto Compartimento di Palermo che ha dato la maggiore quantità di concorrenti e quindi di premiati. Ma le difficoltà non sono state minori che altrove!
■ Il clima incostante, il terreno prevalentemente roccioso, i venti frequenti e violenti hanno reso difficile la coltivazione di piante di abbellimento.
■ I lavori di S. Flavia Solunto hanno prevalso su quelli di Milazzo e di Termini Imerese, pure premiati con medaglia d’oro.
■ E pensare che l’anno scorso, correndo su quella linea incantevole che congiunge Messina a Palermo, potei ammirare l’unico adornamento della stazione di Flavia, costituito allora da un povero esemplare di ficus!
■ Pregi e difetti si alternano e direi quasi si compensano in tutte le altre stazioni premiate.
■ Alcune fra le principali, a causa della disposizione dei binari, delle tettoie e dei piani di caricamento, non poterono dedicare spazio alcuno alle aiuole e la decorazione dovette limitarsi ai marciapiedi esistenti sotto la tettoia, con la scarsità di spazio imposta dalle esigenze del traffico. Ma questo non è certo difetto da attribuirsi al personale In alcuni casi invece si è ecceduto nella misura, perdendo la linea di sobrietà che deve sempre conservare una buona decorazione floreale, specie se destinata ad abbellire un fabbricato dalle linee semplici ed austere, come è generalmente una stazione ferroviaria.
■ Ebbi occasione di rilevare fin dall’anno scorso, commentando nella «Rivista delle Comunicazioni ferroviarie» i risultati del Concorso dell’Anno Santo, come in molti casi si veda trascurato l’aspetto generale per tener troppo conto dei particolari.
■ Si dà, ad esempio — dicevo — troppa importanza alla varietà policroma dei fiori ed alla rarità della specie, come se proprio dalla varietà e dalla rarità delle piante e dei fiori dipenda la bellezza di una decorazione. Ricordo a questo proposito il parere di uno dei più stimati tecnici dell’arte del giardinaggio, l’architetto Giuseppe Roda, che fu il relatore dei Concorsi dell’ante guerra.
■ «Molte volte — scriveva il Roda — è assai più decorativa una pianta comune ed indigena robusta e producente una gran massa di foglie di un bel verde vivace o di fiori a tinta brillante, che non una pianta esotica che si sviluppa male ed ha aspetto rachitico e malaticcio; si dovrebbe comprendere come sia assai più decorativa una massa di fiori di una sola specie e tinta che non una miscela di fiori a tinte varie ed alcune volte contrastanti le une alle altre».
■ Un altro difetto che si osserva quest’anno in molte stazioni è dato dal frazionamento eccessivo del terreno disponibile in troppo numerose aiuole, con la pretesa di farle diventare dei piccoli giardini in miniatura.
■ Non è questo lo scopo di tali gare tendenti solo a far sorgere gruppi di piante e di fiori che formano graziosa cornice ai fabbricati.
■ Anche quelle decorazioni artificiali e puerili formate con detriti di roccia, sassi o cemento sarebbe desiderabile che, in omaggio all’estetica ed al buon gusto, fossero del tutto abbandonate.
■ Sarà sempre più decorativo un gruppo di piante o una massa fiorita di pelargoni o di petunie che una figura d’Italia approssimativamente ottenuta con pietruzze e pianticelle.
■ Bellissimi effetti invece si sono ottenuti in questo come nel precedente Concorso con piante rampicanti, specialmente nelle medie e piccole stazioni.
■ L’uso di piante, siano esse a fogliame o a fiori — edera, passiflore o rose sarmentose — va diffondendosi e deve essere largamente consigliato, perché unisce all’effetto di bella ornamentazione una facile e poco costosa manutenzione.
■ Ma un’altra constatazione dobbiamo qui fare, che prova come anche il nostro popolo si educhi celermente all’amore non solo, ma anche al rispetto del bello: le piante ed i fiori delle stazioni sono stati ovunque rispettate anche dove si è fatto a meno di proteggere i giardinetti con appositi ripari.
■ Pensiamo anzi che si potrebbe trovare il coraggio sufficiente a togliere di mezzo tutte le protezioni antiestetiche e — diciamolo pure — alquanto incivili, costituite da steccati o staccionate di legno o di cemento, sostituendole tutt’al più con qualche filo di ferro o, meglio ancora, con siepi ornamentali.
■ Sono queste esigenze eccessive? Non lo crediamo e siamo certi che la prova sarà fatta e con sicuro successo.
■ Per ora dobbiamo limitarci a riconoscere che molto si è fatto in questi due anni e il primo benefico effetto è certamente già raggiunto: quello di risvegliare nel personale delle nostre stazioni l’amore alla pianta ed al fiore.
■ Occorre ora continuare con tenacia, facendo tesoro dell’esperienza. È questo il compito degli Enti promotori, affiancati alla Amministrazione delle Ferrovie dello Stato ed all’Ufficio Centrale del Dopolavoro ferroviario, la giovane ed attivissima istituzione, che già quest’anno ha concorso, con le valide forze della sua organizzazione vasta e fattiva, alla riuscita della gara.
■ Non si riposa però sugli allori.
■ È già pronto il programma generale per la continuazione dei Concorsi nei prossimi tre anni, durante i quali si risalirà a tappe le linee dei Compartimenti centrali e settentrionali. Quei di Roma, Ancona e Firenze saranno intanto il campo di contesa per il 1927.
■ Le gare si estendono così a mano a mano a tutte le linee della rete, senza perder di vista il già fatto; che dovrà essere, con opportuni inezzi, mantenuto e, ove occorra, corretto e migliorato.
■ Gare di gentilezza e di bellezza, manifestazioni non ultime dell’energia giovane che è insieme maturità feconda dell’Italia nuova!”