Estratto da Teoria generale della Terra esposta all’Accademia Volsca di Velletri.
Filippo Angelico Becchetti, 1782
“LEZIONE VII. OPINIONI DE GLI ANTICHI SU LA FIGURA DELLA TERRA.
■ Mi sovviene AA. EE. di avere già letto, che Platone ne gli ultimi anni della sua vita richiamando alla memoria quel tanto, che già scritto aveva sopra la Cosmologia, provò un indicibile dispiacere nel rammentarsi di non avere assegnato al globo terracqueo quel luogo, cui credeva, che occupar dovesse nel sistema Planetario. Voi ancora avrete per avventura letto, che Cleante fu creduto meritevole di essere solennemente accusato ai Magistrati di Atene come reo di avere violato il rispetto dovuto alla Dea Vesta. Se questa voce di deità non riconosce un’ etimologia orientale, forse si alludeva con essa alla Terra.
Stat vi Terra sua, vi stando Vesta vocatur.
Disse già Ovidio. Saggiamente gli Ateniesi non volevano lasciare ai Filosofi la libertà di esporre i loro vaneggiamenti su la Cosmologia. Ma lasciate, che quest’oggi vi esponga le opinioni, che si spacciarono da questi Filosofi su la figura della Terra.
■ Le sentenze di quegli antichi Filosofi, i quali si erano impegnati a disputare su la figura, e su la grandezza della Terra senza i necessari soccorsi della Astronomia, si debbono meritamente chiamare anzi che opinioni di Filosofi, piuttosto sogni di chi delira. Quei Caldei, la cui abilità nella Astronomia si vorrebbe elevare fino alla perfezione, per attestato di Diodoro il quale aveva ciò appreso dal loro Istorico Beroso, sognavano che la Terra era simile ad un battello di mare. Le osservazioni celesti da essi fatte per la serie non indifferente di quattro cento settanta mila anni, non erano state sufficienti a meglio istruirli. Anassimandro, se prestiamo fede a Diogene Laerzio credé, che la Terra fosse situata nel centro del mondo, ed il Pseudo-origene ci assicura, che esso attribuì alla medesima una figura sferica; anzi sembra potersi dedurre dalle sue parole che avesse cognizione della esistenza de gli Antipodi. Con tutto ciò Plutarco ci fa sapere, essere esso stato persuaso, che la Terra fosse formata in figura planæ columnæ lapidæ. Anassagora fu di opinione, che la figura della Terra fosse, di una perfetta pianura. Il citato Pseudo-origene gli attribuisse questa opinione, e dice avere esso insegnato: Terram planam esse, & commorari sublimem partim ob molem, partim ob sustinentem aerem, ma ci fa anche sapere, essere stato di opinione, che dessa fosse concava, e contenesse nella sua cavità una gran mole di acqua. […]. Aristotele e Seneca convengono parimente nell’asserire, che fu da esso insegnato, che le acque erano contenute in alcune cavitâ. Il suo discepolo Archelao insegnava certamente, che il mare era una caverna della Terra, la quale perciò non poteva essere perfettamente piana. Questi due Filosofi appartenevano alla scuola Jonica, nella quale tenne cattedra ancora quel Diogene Apolloniate, il quale insegnò, che la Terra aveva una figura presso che simile a quella di un ovo. Il Pseudo-origene dice, che Archelao attribuì questa medesima figura alla Terra. Tuttavolta sembra più verisimile, che esso l’assomigliasse ad una palude concava nel mezzo, ed elevata ne gli estremi. Crede Epicuro, che essa avesse la figura di un timpano e fosse perciò abitabile nella sola superficie superiore. Si dice, che Crisippo insegnò avere il mondo la figura di un cilindro, che Cleante gli attribuì quella di un cono, e che altri insegnarono, che si estendesse a foggia di una Piramide, la quale protraesse in infinito la sua base.
■ La sentenza , che era più comunemente abbracciata da gli antichi, non credeva doversi assegnare alla Terra altra figura, che quella di un globo. Clemente Alessandrino ci insegna, che i popoli dell’Egitto erano di questo sentimento, e che per indicare la Terra rappresentavano uno scarabeo, il quale ravvolgeva una pallotola di fango. Gli Stoici non si scostarono da questo sentimento che fu addotato da Platone, da Aristotele, da Cicerone e da Plutarco, e da tutta la scuola Pitagorica. Il lodato Clemente Alessandrino dice, che Pitagora aveva nell’Egitto appresa sì questa opinione, che l’altra, nella quale si colloca il sole nel centro del sistema Planetario, e si attribuisce il moto alla Terra. Plutarco attribuisce questa opinione ora a Pitagora ed ora al suo discepolo Filolao al quale viene attribuita ancora da Diogene Laerzio, forse perché esso l’insegnò con maggiore impegno. Plinio attribuisce generalmente a tutto il mondo la figura sferica e taccia di follia coloro, che o pretendono di poterne misurare la grandezza, o spacciano l’esistenza di innumerabili mondi, di altri soli, e di altre
lune. Furor est, quasi mensuram ullius rei possit agere , qui sui nesciat.
■ Chiunque ammetteva con essi il moto della Terra dovea necessariamente attribuirle una figura sferica. Aristotele e Plutarco ci assicurano, che tale era il sistema di tutti i Pitagorici. Cleante ed Iceta di Siracusa attribuivano il moto di rotazione alla Terra, ed Aristarco diceva, che le stelle erano altrettanti soli. Era questo lo stesso, che ammettere ancora la pluralità dei mondi. Se quelle poesie, che vengono attribuite ad Orfeo, ad esso realmente appartenessero, si dovrebbe dire, che esso è stato il primo autore di questa opinione. Egli dice in alcuni versi conservatici da Proclo, che la luna è abitata. […]
Altera terra vaga est quam struxit, quamque Selenen
Di vocitant, nobis nota est sub nomine Lunæ
Hæc montes habet ac urbes, ædesque superbas.
Plutarco, Eusebio e Stobeo attribuiscono questa sentenza ad Orfeo. Tuttavolta Cicerone ci fa sapere, che quei versi sono parto di un certo Cercope Pitagorico. Filolao, Iceta, ed Eraclide discepoli di Pitagora hanno espressamente insegnato, che ogni stella forma un mondo. Petronio nativo d’Imera nella Sicilia ed anteriore a Serse compose un Libro(6) nel quale sosteneva, che esistevano cento ottantatré mondi. Plutarco ci assicura, che questa sentenza avea penetrato perfino nell’India ed egli stesso si dimostra assai propenso ad abbracciarla.
■ Ammessi più mondi vedete AA. EE., che nulla dovea costare ad altri Filosofi l’ammetterne ancora infiniti. Lucrezio è stato di questo sentimento.
. . . .Necesse est confiteare.
Esse alios aliis terrarum in partibus orbes
Et varias hominum gentes, & secla ferarum.
. . . . . .
Quapropter cælum simili ratione fatendum est
Terramque, & solem, lunam, mare, cætera,
quæ sunt,
Non esse unica, sed numero magis innumerali.
Secondo Metrodoro era tanto impossibile, che esistesse un solo mondo quanto che in un vasto campo non si ritrovasse che una sola spiga. Archelao, Diogene Apolloniate, Senofane, Zenone Eleate, Anassimene, Anassimandro, Leucippo, Democrito, ed Epicuro sostenevano questo medesimo assurdo, quantunque non convenissero quindi nelle proprietà, che attribuivano a questa infinità di mondi Democrito pretendeva, che questi mondi non solamente fossero esposti a scambievolmente alterarsi, e corrompersi ma di più, che gli uomini dell’uno rassomigliassero perfettamente, ed anzi fossero una medesima cosa con quei degli altri. S. Ireneo ha creduto che i Valentiniani coi misteriosi loro Eoni insegnassero la medesima pluralità dei mondi, e Filastrio Vescovo di Brescia ha questa opinione nel ruolo delle eresie ma S. Atanasio si è espresso in maniera, onde far credere, che non inclinasse a censurarla, quando si volesse intendere rettamente. Ma trattandosi di un fatto se non potendosi ammettere fatti senza prove convenienti, sarà sempre questa sentenza effetto o di follia o di temerità.
■ In questa pluralità di mondi facendosi di ogni stella il centro di un sistema planetario, ugualmente, che del sole, faceva d’uopo assegnare alla Terra una figura sferica. Aristotele prova, che questa, e non altra figura dee attribuirsele, primieramente per ragione della gravità, poiché mentre è certo, che tutti i corpi gravi tendono al centro, non potrebbono tendervi in ogni parte per una linea, che fosse perpendicolare all’orizzonte se la Terra non fosse rotonda, ed in secondo luogo perché eclissandosi la luna, allora quando la Terra si frappone tra essa, ed il sole, ed essendo sempre sferica l’ombra, che dalla Terra si getta su la luna, dimostra, che la Terra ancora è tale. Parlando della sua immobilità, egli ci fa sapere ancora le varie cagioni, che se ne adducevano dai Filosofi. La quiete della Terra si dovea ripetere secondo Senofane Colofonio dalla sua immensità, secondo Talete Milesio dall’essere stata collocata su l’acqua in maniera, che vi nuotava, secondo Anassimene, Anassagora, e Democrito dalla atmosfera dell’aria, che l’obbligava a un tal riposo, secondo Empedocle perché era a ciò obbligata dal moto dei cieli e finalmente Anassimandro ripeteva questa sua quiete dal perfetto equilibrio, nel quale ella si ritrovava, mentre non avendo maggior direzione dall’una, che dall’altra parte, dovea necessariamente determinarsi alla quiete.
■ Simplicio dice, che tutte queste scoperte si erano fatte per mezzo della Astronomia. Le osservazioni astronomiche sono tanto antiche, quanto è antico il genere umano su la Terra. Voi sapete, che nella Genesi si dice, che Iddio formò i corpi celesti ut essent in signa, & tempora, & dies, & annos. Il giorno, la notte, la distinzione delle stagioni, il periodo lunare ed il periodo solare furono noti fino nei primi tempi. Bastava avere occhi e riflessione per conoscerli, e senza di queste cognizioni non si poteva esercitare l’agricoltura. Beroso, ed Eupolemo ci dicono, che Abramo, il quale abitò in Ur dei Caldei, era esperto nelle cose celesti, […]. Non è decisa con precisione l’epoca del Libro di Giobbe. Ritroviamo in esso nominate diverse costellazioni Qui fecit Arcturum, vi si legge, Oriona & Hyadas, & interiora Austri. Numquid conjungere valebis micantes stellas Plejadas, aut gyrum Arturi poteris dissipare? Numquid producis luciferum in tempore suo, & vesperum super filios terræ consurgere facis? Origene ci parla di un libro di astronomia attribuito ad Enoch. Ne è certa l’impostura. Vi ho già parlato di quel periodo Luni-solare, che da Giuseppe Ebreo viene attribuito ai Patriarchi antediluviani. Non sussiste questa grande antichità. Tuttavolta è certo, che i Caldei, e gli Egizi furono i primi popoli, che si applicarono alla Astronomia. Principio Assyrii, ut ab ultimis auctoritatem repetam, propter planitiem, magnitudinemque regionum, quas incolebant, cum cælum ex omni parte patens, & apertum intuerentur trajectiones, motusque stellarum observaverunt. Vi sovverrete che nella sacra Scrittura si dice che la torre di Babele fu edificata nella gran pianura di Senaar, ove sorse quindi Babilonia. Anche gli Arabi oggi la chiamano Sinjar. Ivi il Califo Almemone settimo della stirpe de gli Abassidi fece fare le sue osservazioni astronomiche, che furono quindi ripetute per ordine del terzo Sultano dei Seljucidi Gelaleddin Melikschah.
■ I Poli del mondo erano noti ai popoli della Fenicia, e l’ultima stella della piccola orsa serviva loro di regola nella navigazione. Essi nei più remoti tempi costeggiavano il mediterraneo, e l’oceano. Salomone affidava loro la condotta di quella flotta, che regolarmente spediva pel mar rosso in Ofir, che da alcuni si è creduto il Perù. Necao II Re di Egitto se ne prevalse similmente, per condurre una flotta, che per attestato di Erodoto costeggiato il mar rosso, entrò nell’oceano, traversò la zona torrida, e fatto il giro dell’Africa ritornò in Egitto pel mediterraneo. Non è mio intento il tessere la Storia del commercio, della navigazione de gli antichi. Per ritornare adunque alla figura della Terra, la sola astronomia ce la doveva insegnare, ed a qualunque sistema di astronomia, che si fosse voluto addotare era incompetente ogni altra figura, che la sferica.
■ I sistemi astronomici addotati da gli antichi si riducevano a trè. Nel primo ammesso dalla scuola Gionica, e forse derivato dall’Egitto, si supponeva la Terra collocata nel centro dell’universo raggirarsi attorno il proprio asse nel giro di XXIV ore da occidente in oriente, si obbligava il Sole, Marte, Giove, e Saturno a compiere i loro determinati periodi attorno la Terra, mentre Venere, e Mercurio dovevano raggirarsi attorno al sole. Di questi due pianeti viene perciò detto da Cicerone che Solem ut comites sequuntur. Questo sistema era già stato chiaramente addotato da Platone ed è stato ottimamente esposto da Vitruvio e da Macrobio.
■ Platone sarebbe per avventura passato più oltre, ma il sistema di Atene non gli permetteva di scostare la Terra dal centro dell’universo e fu con un suo problema cagione, che si formasse il secondo sistema astronomico. Eudemo nella sua Istoria della astronomia appresso Simplicio è l’Autore di questo racconto. Egli propose di spiegare il giro dei pianeti con moti circolari, regolari, e concentrici alla Terra e quindi nacque quel sistema che volgarmente si chiama di Tolomeo ma il cui primo autore fu Eudossio di Gnido discepolo del medesimo Platone. Eudossio per isciogliere il problema, fu necessitato ad obbligare la Terra ad un perpetuo riposo, ed a costringere i pianeti, e le stelle a scorrere nello spazio di XXIV ore da oriente in occidente il circolo, che formano attorno alla Terra. Riguardo ai pianeti si servì di alcuni circoli, coi quali spiegò i differenti loro moti. Egli crede, che dovessero à ciò bastare XXVI circoli. Ma questi non furono ritrovati sufficienti da Calippo contemporaneo di Aristotele, il quale affine di spiegare il moto vero, ed apparente dei medesimi pianeti, ve ne aggiunse altri sette. Aristotele fu quindi il più liberale, ed a questi trentatré circoli, ne aggiunse altri XXVI, che omai formarono la vistosa somma di LIX. La sentenza, che suppone la Terra in riposo nel centro dell’universo è la più antica, ma non si era prima di questo tempo ridotta a sistema astronomico.
■ Le vittorie di Alessandro diminuita l’autorità di Atene, incoraggirono gli Astronomi ad esporre più liberamente i loro sentimenti. Allora fu che furono ritrovati gli epicicli affatto escentrici alla Terra ed Ipparco su questa ipotesi poté costruire le sue tavole astronomiche, le quali dai seguenti Matematici non sono state che perfezionate.
■ Il terzo sistema planetario è quello AA. EE. che fu abbracciato dalla scuola di Pitagora. Se questo Filosofo non lo aveva appreso da gli Egizi par verisimile, che ne fosse debitore alla Italia. È certo, che il primo, il quale lo insegnò pubblicamente, fu Filolao nativo di Crotone, e discepolo di Archita di Taranto. Si colloca in esso il sole nel centro del sistema planetario, si attribuiscono due moti alla Terra, l’uno sul piano della eclitica, e l’altro di XXIV ore sul proprio asse. Si è creduto di ritrovare alcune vestigia di questo sistema nei Libri de gl’Indiani, e dei Cinesi. Ma è facile l’ingannarsi.
■Qualunque di questi tré sistemi si volesse addotare da gli antichi Filosofi, e ad uno dovevano certamente applicarsi, è certo che non potevano essi attribuire alla Terra, che una figura o perfettamente sferica, o almeno non molto da questa dissimile. Supposto questo universale consenso dei più grandi uomini, che può vantare l’antichità non è per noi un bel piacere il rammentare le scoperte fatte in questi ultimi secoli, ed il vedere, che le osservazioni della Astronomia non sono state smentite dai fatti. Ferdinando Magellano fu il primo, che nell’anno 1519 osò di fare l’intiero giro della Terra, e lo compì nello spazio di MCXXIV giorni. Altrettanto fece Francesco Drake nell’anno 1577 e Tommaso Cavendish undici anni dopo nello spazio di soli DCCLXXVII giorni. Sono noti i viaggi di altri capitani, dell’ Amiraglio Anson, e non vi è quasi foglio, che non abbia parlato dell’ardito e celebre Cook. […]”