Da La donna, N. 252-253, 5 luglio (20 giugno) 1915.
Di G. Bernocco Fava Parvis.
” ■ Sulla scheda di adesione emessa fin dal dicembre 1914 alle sette categorie di lavori e di occupazioni, tutte femminili, era aggiunto: «Si desidera sapere quante quote di minestra a L. 0,06 ciascuna, intenda versare al Municipio per le cucine popolari».
■ Era stata infatti quella l’intenzione prima del Consiglio direttivo, ma poi, d’accordo, si cambiò per un maggiore e ben inteso desiderio di partecipare direttamente all’opera buona spiegando le attitudini, innate nella donna, di ordine, di parsimonia, di nettezza. Non bastava raccogliere denaro, per quanto il denaro sia la condizione prima di ogni esplicazione di attività filantropica: bisognava concorrere colla propria volontà, colla abnegazione, colla fatica costante, se occorreva, a preparare, a distribuire le minestre gratuite a quanti, bisognosi, si presentassero a richiederle.
■ Le famiglie dei soldati richiamati dovevano essere le prime ad averne diritto, senza negarle agli altri, di cui fosse riconosciuto il bisogno. Allora la guerra pareva ancora una cosa lontana, possibile ad evitarsi: la preparazione sagace ed attiva di tutte le signore era considerata dai più come un addestramento delle facoltà organizzatrici, un bisogno di fare, di lavorare, di partecipare alla grande opera del Governo che oculato, prudente, tenace ed operoso preparava alla gran prova l’esercito, l’armata, la volontà nazionale. Ed era volontà nazionale anche quella della donna, che non chiamata a combattere il nemico colle armi, doveva per l’alta sua missione di consolatrice, studiare le forme del bene atte a lenire le inevitabili disastrose conseguenze di una possibile guerra.

■ E grandi furono e sono le manifestazioni di attività, di abnegazione, di sacrifici che le donne nostre sostengono, conscie del loro dovere, della loro responsabilità nell’ora immortale che passa. Se pur nel concerto delle varie opere buone, di cui si sono fatte iniziatrici e sostenitrici, può mancare la perfetta armonia tra l’intenzione e la fattura, onore sempre alle solerti, laboriose donne italiane, che senza vanti inopportuni, con calma fede e sicurezza d’entusiasmi proseguono instancabili nell’opera loro a benefizio delle famiglie dei nostri soldati, dei soldati stessi, della continuazione della vita civile nelle varie sue vicende e manifestazioni. Anche una volta si riveli che la maggior coltura, la partecipazione femminile alla vita sociale apriranno alla mente nostra un orizzonte più vasto nelle idee e nei sentimenti, al di là e al disopra dell’individuo, per concepire con chiarezza e con persuasione l’alta collettività dello Stato.
■ Fra le opere che compongono la federazione piemontese alla «Scuola della buona Massaia» spettava il compito di distribuire il lavoro sia per le minestre gratuite che per le cucine economiche. Costituitisi in seno alla federazione e con elementi della federazione stessa i due comitati, ognuno dal canto suo, fece prodigi di attività e di perspicacia, riuscendo subito a mettersi all’opera, quando il momento del bisogno venne. E si deve alla organizzazione solida e ben pensata se il funzionamento d’entrambe soddisfa anche i più diffidenti e i più meticolosi.
■ Al quarto giorno della mobilitazione, il 27 maggio, aprì una prima distribuzione di minestre gratuite nel locale gentilmente concesso dal cav. Giacomo Beria, direttore della Società del Gas, in corso Regina Margherita angolo via Niccolò Tommaseo. Era stata la presidente, signora Ottilia Annibali, a scovare quel luogo, a sollecitare dalla cortesia del direttore il locale, l’impianto, il combustibile. E quella mattina uno sciame di signore e di giovanette cogli ampi grembialoni bianchi, dal distintivo della croce azzurra sul petto, di buon’ora si preparava a mondare ortaggi, a dosare condimento r pasta, a preparare una minestra gustosa, che olezzava ed aguzzava l’appetito. Era il primo esperimento e tutto induceva a credere che il risultato sarebbe stato ottimo.
■ Il numero delle iscrizioni subito crebbe; un apposito Comitato, pure di signore, ne appura il bisogno e la condizione, una tessera portante il nome della famiglia e dell’individuo serve a segnare ogni giorno la razione di pane, di minestra, di latte distribuito. Ché non soltanto la minestra si distribuisce: ad ogni scodella si aggiunge una bella pagnotta di buon pane e per i bimbi, se voluto, invece della minestra, il latte.

■ Il buon successo scaldò l’animo di tutti: alle offerte segnate nella scheda di adesione seguirono oblazioni di privati e di banche, doni in natura di combustibile, di paste, di riso, di conserve, di commestibili di ogni qualità. Al primo refettorio seguì un secondo alla Scuola municipale della borgata S. Paolo nel locale del Patronato scolastico, pel quale il cortese direttore, signor Giordana, facilitò quanto era possibile la bisogna; poi un terzo nel locale annesso alla Palestra ginnastica di via Mercantini, concesso dal Municipio, che fornì dappertutto posate e scodelle, c un quarto nel locale della Società tramvie Belga, via Nizza, 130.
■ Cominciata la distribuzione con poche centinaia al giorno, ora sono diventate migliaia le razioni distribuite; colgo a caso una giornata, il 22 giugno, e vedo segnato:
Cucina corso Regina Margherita (ingresso via Niccolò Tommaseo): Minestre 600 — Pane 838 — Latte 375.
Scuola municipale S. Paolo (via Luserna): Minestre 227 — Pane 383 — Latte 154.
Cucina via Mercantini (Piazza Venezia): Minestre 300 — Pane 500 — latte 180.
Cucina Barriera di Nizza, 130 (locali Società tramvay) : Minestre 190 — Pane 277 — Latte 104.
Totale, minestre 1317 — Pane 1998 — Latte 813; 4128 razioni in un giorno.
■ Si obbietterà : che cosa sono 4000 razioni al giorno per una popolazione come quella di Torino?
■ Ma se il bisogno crescerà, cresceranno le razioni: non ci venga meno l’aiuto e la simpatia della cittadinanza e l’abnegazione delle signore crescerà in omaggio e in proporzione di tale simpatia. Ché se il merito principale può risalire alle presidenti e ai capo-gruppi, tutte indistintamente le signore e le signorine hanno diritto all’ammirazione e alla riconoscenza della cittadinanza. Ben lo disse S. A. R. I. la principessa Lætitia, presidente generale del Sotto-Comitato femminile di preparazione, nella sua visita alla cucina di corso Regina Margherita.
■ L’Augusta Signora, madre anch’essa di un soldato al fronte, che divide coi commilitoni disagi e pericoli, si compiacque di quella operosità, di quella fratellanza fra chi distribuiva e chi riceveva: da una parte e dall’altra erano madri, mogli, fidanzate, sorelle che avevano dato alla patria il più sacro affetto pari nell’amore, nel dolore e nel sacrificio la dama e la popolana, figlie entrambe d’Italia, sono sacre per il dono sublime che hanno fatto alla patria.

■ E ben lo sentono le giovanette che assistono alla sfilata di quelle mogli, di quelle madri, di quelle creaturine che non tutte rivedranno i loro cari; li trattano con bontà, con dolcezza, dando colla razione la parola che consola, nella stessa lingua del popolo che scende nell’anima, rianima gli spiriti depressi, solleva alla speranza, calma nella rassegnazione. Eroine nell’ombra, come sono eroi nell’ombra i figli del popolo nostro, la grande massa del popolo buono e generoso, che ubbidisce e marcia al grido di Viva la Patria e Viva il Re.
■ Le signore che compongono questo gruppo sono: Ottilia Annibali, presidente; Adele Massa Cerutti, cassiera; L. Servettaz, E. Wild, I. Caputo, L. Tedeschi, segretarie.

■ Per la cucina di corso Regina Margherita: signore Mazza Beltrami, Mazza Simonis, Capozzi, Vaccarino Foresto, Mussino Ajello, Gandolfi Amour, Blanchard Lauchard, Losio Ramella, Deslex Ducco, Beria Mignone, Wild Sibert Sales, e le signorine Gribaudi, Zecchini, Musy, Assandria, Chiò-Ramella, Beria, Chiusano, Ori, Ceccarelli.
■ Per la cucina di Borgo San Paolo : signore Sulliotti, Gilli, Ferrati Rossi, Segato Voghera, Tedeschi Momigliano, Vitale, Ferrero, Bourget, Martiny, Moriondo, e le signorine Nasi, Canova, Castelli e sorelle Ferrero.
■ Per la cucina di via Mercantini: signore Caputo, Prevignano, Montemartini marchesa Notarbartolo di San Giovanni Salvaneschi Biagini, Scott Copperi, Lanza, Credazzi e le signorine Panizza, Muggio, Serafino, Rizzetti, Annibali, Massa, Ambrosini, Montemartini.
■ Per la cucina della Barriera di Nizza: signore De Planta, Pellegrini, contessa Prunas Tola, Capriolo Lanza, Bass Kuster, Lang Kuster, Kuster, Servettaz e le signorine Pellegrini, Capriolo, Pironi, Meynier, Crocetti, Zuppinger. Talmone.
■ Prestano anche gentilmente servizio i signori Cerutti, Muggio e Viglino, specie pel faticoso lavoro delle informazioni.
■ Le cucine economiche, aperte in quattro punti della città, sono: via Cibrario, 20; corso Palestro, alla pia opera Cucina Malati Poveri (per persone deboli, colla retta di 60 centesimi); via Monte di Pietà, 20, presso le Suore Francescane (soltanto per donne), e via Parini, 7, in un locale gentilmente concesso dalla famiglia Mazzonis. A questa accorrono, data la sua vicinanza alla stazione, anche i profughi che eventualmente giungessero e che l’ufficio «Informazioni», istituito a Porta Nuova, potrebbe mandare a consumare il pranzo.

■ Questo viene distribuito verso il mezzogiorno, al puro prezzo di costo delle derrate alimentari impiegate. Sano ed igienico, basato sulle attuali condizioni del mercato, costa dai 35 ai 45 centesimi. Consiste in una capace scodella di minestra, due pagnotte di pane, una porzione di carne con verdura: coll’aggiunta di un bicchiere di vino, costa 10 centesimi di più. Questa pratica istituzione intende giovare, specie, alla grande quantità di professionisti, impiegati, commessi, lavoratori e lavoratrici in genere, che soffriranno economicamente del disagio finanziario e del ristagno delle industrie e del commercio, che sono le inevitabili conseguenze della guerra.

■ È chiaro che quanto si spende in più è rimesso dal Comitato, che come l’altro delle minestre gratuite, s’ingegnò e lavorò per organizzare, per raccogliere fondi in danaro e in natura. — Al 29 maggio si aprì la prima cucina economica:in seguito si aprirono le altre; quella di corso Palestro, per convalescenti o deboli, e che per l’occasione assunse il nome di cucina economica Principessa Letizia, costa un po’ di più. In tre settimane si distribuirono complessivamente 4000 refezioni a 40 centesimi in media ciascuna.
■ Certo l’efficacia di questi pasti, che potrebbero dirsi semigratuiti, avuto riguardo alla quantità e alla bontà loro, non è da mettersi in dubbio: e che possono distribuirsi con ordine, con pulizia, in locale sano, serviti da signore e da giovinette con grazia e con disinvoltura costituisce la parte bella e simpatica di questa provvida istituzione.

■ Bisogna recarsi verso il mezzogiorno alla sede di via Parini per convincersene. Le tavole son coperte da una tela incerata a quadretti bianchi e azzurri, che dà un senso di freschezza e di pulizia: le scodelle, le posate, le bottigliette, i bicchieri, tutto è nitido, composto: invita a sedersi, riposare e nutrirsi. Le cuoche sono allieve della Scuola della Buona Massaia, che mettono in pratica quanto hanno appreso, ché lo scopo principale è di confezionare nel miglior modo e più sostanziale un pasto col minor costo possibile.
■ Compongono il Comitato le signore: G Bianchi Geisser, presidente; Rosa Ester Tinetti, vice – presidente, G. Ceriana Chevalley, tesoriera. Nelly Bertea, Guillot Sala, G. Albanelli, G. Nover d’Adhimar, Gotteland Palestrino, Lanza Castellari, C.Simondetti, Peri, Durando.
■ Prestano l’opera loro per turno nelle cucine, le signore: Maria Bruno, Mantovani. Bertola, le signorine Elena Vigo, Reduzzi, Ray, Bracco, Serafino, Spreafico; le signore Begey, Bocschi, Carron, De Fernex, Goulon, De Martis; signorine I. Duprè, Dumontel, Adele Ceriana, Sardagna, Gonella, Ricca di Castelvecchio, Blanchetti, Nigra, Rolle, Malfatti, D.ssa Bizzarri, Bormans, Compans di Brichanteau; le signore Mussino Ajello, Fubini Consolo e la signorina Gambaro.
■ Meritano encomio speciale per la cucina le signorine Carla Larghi e sorelle Terracini, che prestano l’opera loro gratuitamente e con costanza mirabile. Sono validamente coadiuvate dalle signore Destefanis, Allievo, Biezzi e Maria Donnasio.
■ Prestano inoltre la loro opera di sorveglianza i signori: ing. Sala, marchese prof. Vittorio Balbiano e il conte Lupo di Moirano, Il cav. Luigi Pastorelli, presidente dei «Cittadini dell’Ordine», per mezzo dei suoi agenti, ottenne e raccolse utilissimi doni in natura e una cospicua somma di denaro.

Marchesa Notarbartolo – Sig.na Serafino – Sig.na Massa – Sig.ra Caputo – Sig.na Muggio M.A. – Sig.ra Scott-Copperi – Sig.ra Panizza Cater. – Sig.ra Lanza – Sig.na Muggio Mat. – Signorina Panizza Gaet. – Sig.na Caputo – Sig.ra Salvaneschi. (Fot. Viglino).”
■ Così, coll’aiuto materiale e colla sollecitudine morale, le cucine economiche prosperano, con grande vantaggio di chi ne usufruisce.
■ Vorremmo pubblicare i nomi di tutti gli oblatori, grandi e piccoli, che tutti hanno diritto alla nostra riconoscenza. I giornali cittadini parte hanno pubblicato, parte no, ma chi ha dato l’ha fatto per vedersi pubblicato il nome e l’offerta? No. In quest’ora suprema della vita della Nazione l’individuo scompare, è la sola grande idealità della patria che ispira, che consiglia, che guida. A tutti vada il nostro grazie sincero, coll’augurio che da questa grande fiamma purificatrice esca una nazione degna dei grandi destini che la storia ci addita.”