L’industria degli automi (1893)

Da La Scienza per Tutti, Anno XIII, N. 3, marzo 1893.

” ■ Anticamente gli automi erano rappresentati da un unico esemplare e perciò sì tenevano come rarità e sì vendevano carissimi; ora che la costruzione di quelle macchinette è diventata un’ industria, è possibile darli a prezzi accessibili.

“Fig. 1. – Automa moderno. La filatrice.”

■ Infatti una volta che siasi fabbricato il modello tipo, vale a dire quando le difficoltà che possono presentarsi sono vinte, quando l’effetto cercato è ottenuto, per i modelli seguenti non si ha più che da usare il medesimo congegno.
■ Codesto nuovo genere di fabbricazione degli automi, moltiplicandoli e volgarizzandoli, non deve andar confuso coi semplici giocattoli meccanici, sempre più primitivi e fabbricati a macchina per ciò che concerne il movimento. Per ben precisare che cosa si possa qualificare per automa ne menzioneremo soltanto alcuni che furono veduti da tutti nel grandi magazzini da giocattoli o da fantasie: la prestidigitatrice, Pierrot che canta alla luna, l’equilibrista, gli uccelli canori e volteggiatori in gabbia, sopra un ramo, ecc. In generale i soggetti che piaciono di più sono i soggetti comici e fra questi uno dei più belli è la Luna fine di secolo. Questo automa si presenta sotto la forma d’un personaggio fantastico il quale ha per testa una luna piena che muove gli occhi, dondola e fuma. Il personaggio, benché alquanto caricato, nondimeno ha un’aria naturale ed agita il suo bastoncino fra le dita come un mortale qualunque.
■ La tavolozza di Cabrionne è pure assai piacevole. Da una tavolozza posta sopra un cavalletto emergono a mezza figura due personaggi soprapposti: l’uno, con favoriti ed occhiali e il cranio pelato, legge il suo giornale e di quando in quando solleva gli occhiali con un colpo di pollice; l’altro, che è un clown dalla faccia furbetta, agita la sua parrucca e di tratto in tratto, ammiccando con un fare canzonatorio, batte sulla testa del suo compagno leggieri colpettini. Oltre a ciò la testa inferiore è munita d’una pipa; quando la si accende, il tabacco si consuma, ma chi fuma è il clown.
■ Molti automi rappresentano soggetti di genere e furono inspirati da qualche dipinto d’attualità. In quest’ordine ha il suo posto una giapponese dalla fisionomia espressiva, vestita di ricche stoffe di broccato, che tiene davanti a sé un paniere contenente delle maschere, Essa gira la testa, alza ed abbassa le palpebre mentre il parasole gira tra le sue dita, e di quando in quando essa sì copre il viso colla maschera.
■ Segnaliamo l’elegante filatrice di Watteau (fig. 1) assisa dietro un filatojo, che sembra tutta intenta al lavoro ed è molto aggraziata ne’ suoi movimenti.
■ Un altro automa ben riescito rappresenta una dama in costume fantasia, genere Luigi XIII. Essa gira la testa, muove gli occhi come la precedente; ma per di più le si solleva il petto per marcare il respiro e di quando in quando si porta agli occhi un binocolo da teatro ed agita il ventaglio con molta grazia. Un’altra dama seduta sopra una panca fa press’ a poco i medesimi movimenti, solo il binocolo è surrogato dall’occhialetto.
■ I suonatori hanno fornito molti soggetti, fra i quali noteremo una donna etiope la quale con molta grazia fa scorrere le sue dita sopra una specie di arpa e ciò a tempo col pezzo che si suona. Il vestiario ricchissimo e molto elegante spicca anche per gli accessorii bellissimi (fusto di colonna, vaso) posti vicino al personaggio. Merita pure menzione un suonatore veneziano seduto colle gambe in croce sopra un piedestallo e in atto di suonare una specie di mandolino.
■ I clowns furono riprodotti molto spesso e sempre felicemente. Uno dei meglio riesciti è il clown ammaestratore di un porcellino.
■ Questo clown, vestito di raso rosso e nero con una parrucca dello stesso colore che fa spiccare il bianco della sua faccia, muove gli occhi, alza le spalle e adopera la frusta quando il porcellino non salta allorché egli abbassa il cerchio.
■ Finalmente, per terminare questa lunga enumerazione che potrebbe essere continuata ancora, citeremo ancora un clown seduto sopra un mucchio di enormi dadi e domini che giuoca con una palla posta sopra una bacchetta.
■ Tutti quegli automi sono generalmente muniti d’una musica, che fa udire arie adatte al personaggio ed al soggetto rappresentato; senza quest’aggiunta l’effetto non sarebbe completo; la musica conferisce, per così dire, a quegli oggetti moventisi una nuova sensazione di vita.
■ Agli automi furono dati tutti i movimenti possibili e sì ottenne quasi l’illusione della realtà; peccato che sia impossibile di far muovere la bocca alle figure di donna. Infatti, non potendosi in verun modo nascondere i raccordi, sì dovette rinunciarvi e star paghi ad impartire il movimento alla mascella inferiore quando si tratta di una figura d’uomo nella quale la barba nasconde i tagli indispensabili. Astrazion fatta per questa lieve critica, dovuta ad una impossibilità d’esecuzione, i movimenti di tutti quegli automi sono perfetti e ricordano i gesti umani, molleggiati e non duri come quelli delle marionette; ma ciò che pure è altrettanto notevole è il buon gusto delle vesti ed il carattere artistico dato alle forme apparenti del corpo ed alle loro fisionomie.
■ La fabbricazione d’uno di quegli automi richiede molti lavori preliminari. Trovata e confermata l’idea, si modella il soggetto colla creta o colla cera secondo la grandezza e se ne ricava uno stampo in gesso. In quello stampo vengono poi fatti i pezzi di cartapesta che daranno le forme al corpo e ne rappresenteranno le parti apparenti.
■ La coloritura delle teste, le parrucche e le pettinature, i numerosi accessori! sono oggetto di ricerche e di cure particolari. L’abbigliamento sopratutto viene studiato con amore, e la scelta delle stoffe, lo stile, il colorito, oltre che essere fatti con gusto, lo sono anche colla scienza delle epoche e delle mode antiche. Ciò sì capisce, perché in un oggetto come questo, che, se non è opera d’arte, è per lo meno un che d’artistico, non ci devono essere anacronismi.

“Fig. 2. – Schema del macchinismo di un automa.”

■ In quanto al meccanismo, complicatissimo, diremo che esso richiede un genio inventivo speciale, molto più che gli effetti sono prodotti in tutti gli automi presso a poco nella medesima guisa. È dunque indispensabile possedere una grande imaginazione per innovare e trovare nuove combinazioni. Queste combinazioni variano in ogni soggetto, perciò non è possibile entrare in particolari; tuttavia non è difficile il farsi un’idea del principio generale, motore di tutti i pezzi automatici. Il congegno consta anzitutto d’un movimento di orologeria che comprende una molla in un bariletto E (fig. 2) ed un regolatore G precisamente come in un volgare girarrosto o in uno specchio da allodole.
■ Il bariletto si carica dall’esterno per mezzo d’una chiave e, come in tutti gli orologi, si mette a girare. La sua velocità e diminuita, secondo l’effetto desiderato, per mezzo d’un piccolo regolatore che, più o meno grande, oppone la sua resistenza allo svolgimento più o meno rapido della molla. Il bariletto che porta un cerchio dentato F fa girare una ruota H ed un rocchetto dentato che corrisponde alla musica. Questa possiede una sonorità proporzionata alla grandezza del soggetto, ed è quella che si vede in tutte le scatole armoniche.
■ Bariletto e ruota portano ciascuno un asse molto lungo. Quello del bariletto, più robusto dell’altro, anima le parti che richiedono una certa forza; quello della seconda ruota, più debole, imparte il movimento alle parti leggiere, come sarebbero le palpebre. Quegli assi non portano ruote, come nelle altre macchine, ma un certo numero di stelle. In linguaggio del mestiere chiamasi stella una piastra di rame di figura irregolare che, ad ogni giro del bariletto o del suo asse, va ad urtare una o più volte. secondo il numero delle sue punte, e per un tempo più o meno lungo secondo la lunghezza delle punte stesse, alcune leve le quali, sia tirando, sia spingendo, fanno muovere le membra del personaggio, spingono o tirano i mantici che li fanno fumare o zufolare. La figura 2 mostra alcune di quelle stelle: A è l’asse, D la stella, C la leva. Una volta che la leva sia messa in movimento, il resto è una questione di tirature controbilanciate da piccole molle a spirale o dal peso dell’oggetto da sollevare. La leva alza l’oggetto, che ricade pel suo peso o per l’azione d’una piccola molla, poi ripiglia la posizione iniziale aspettando un nuovo moto della stella.
■ In certi automi l’apparecchio motore è collocato nel corpo, ma quando ciò è impossibile sia per cagione della picciolezza dello spazio disponibile, sia per tutt’altra causa, si supera la difficoltà introducendo l’apparecchio in un accessorio che si colloca presso il personaggio, un tavolo, una colonna, un banco od anche nel piedestallo. In questo caso le leve sono prolungate e passano dall’oggetto accessorio nel corpo, nel punto di contatto dell’automa con quell’oggetto, ma la loro maniera d’agire è quella stessa.
■ Tale è il principio del movimento degli automi. La grande difficoltà consiste nel combinare l’azione delle leve, a ripercuoterle con altre, a farle lavorare in diversi sensi e a differenti velocità, attingendo sempre la forza dalla leva primitiva sollevata di quando in quando dalla stella.
■ Qualche volta in una serie di movimenti identici, un solo movimento deve, in un dato momento, essere soppresso; in questo caso, sul bariletto è ingranata una seconda ruota ed essa porta sul suo asse una stella che nel momento preciso fa agire una piccola leva che a sua volta alza la leva, il cui movimento non deve esistere, e le impedisce di ricevere l’impulso della sua propria stella.
■ La fabbricazione degli automi richiede molta abilità e un ingegno non comune.”