La stella “nuova” nella costellazione di Ercole (1935)

Da Sapere, Anno I, Vol. I, 15 febbraio 1935.
Di Giorgio Abetti.

” ■ Prima di dare qualche notizia su questa stella nuova è chiarire che cosa si intenda con tale designazione, perché nella maggior parte dei casi il termine “ nuovo” non significa in astronomia proprio quello che ci dice l’Accademia della Crusca. Le stelle nuove che fanno parlare di sé sono quelle più brillanti, tanto brillanti da richiamare l’attenzione del pubblico, ma di solito esse non sono del tutto nuove perché compaiono in una posizione del cielo dove prima esisteva una debolissima stella visibile o fotografabile soltanto con i maggiori telescopi, e che, fra le tante, non possedeva nulla di eccezionale.

“Le costellazioni di Ercole della Lira e del Cigno. (Dalla “Uranografia” del Bode).”

■ Di stelle nuove non bisogna credere che ne compaiano poche, o siano rare, o siano soltanto quelle di cui parlano i periodici, cioè solo le più lucenti che sono diventate anche famose, come quella osservata da Tycho Brahe nel 1572 e l’altra da Galileo nel 1604. Di stelle nuove nel cielo infinito probabilmente se ne troverebbero tutti i giorni osservando specialmente le nebulose fra le nubi di materia cosmica e gli ammassi stellari che le costituiscono. L’astronomo ne nota spesso la comparsa. Ma naturalmente occorrono più potenti cannocchiali per poterle individuare.
■ La scoperta della stella nuova nella costellazione di Ercole ha una storia interessante. Il sig. Prentice, direttore della Sezione delle stelle cadenti dell’Associazione Astronomica Britannica, la mattina del 13 Dicembre 1934, mentre stava osservando le stelle cadenti, dette Geminidi, perché compaiono a quell’epoca nella costellazione dei Gemelli notava, nella costellazione di Ercole, non lontano da Vega, la ben nota stella più brillante nella costellazione della Lira, una nuova stella all’incirca di terza grandezza; quindi molto ben visibile ad occhio nudo. La sua posizione è stata segnata con un circoletto sopra il piede di Ercole nella bella carta dell’Uranografia del Bode sopra riprodotta.
■ Ricordiamo che l’Associazione Astronomica Britannica è costituita in massima parte da dilettanti come è il sig. Prentice, il quale è ora alla direzione della Sezione che studia e coordina le osservazioni di stelle cadenti eseguite appunto da dilettanti. Egli non frappose indugio per sincerarsi della sua scoperta e telefonò all’Osservatorio di Greenwich, dove l’astronomo Martin, che stava osservando al nuovo grande riflettore, da poco donato da un mecenate a quel celebre Osservatorio, confermò la sua scoperta ed iniziò subito con quello strumento munito di spettroscopio, le osservazioni della stella nuova. Crediamo sia questo uno dei pochi casi in cui dopo brevi momenti dalla scoperta è stato possibile osservare, con un grande telescopio, ed in più con l’aiuto dello spettroscopio, una stella nuova nei momenti più interessanti della sua comparsa.

“1. – Spettri di stelle fotografati col prisma obiettivo.”

■ Diramata la notizia agli Osservatori di tutto il mondo, le osservazioni regolari, con strumenti di maggiore o minore potenza, ed anche ad occhio nudo, circa le variazioni della sua luminosità, sono state subito iniziate e continuate per quanto lo hanno permesso le vicende atmosferiche.
■ Se l’astronomo non avesse a sua disposizione lo spettroscopio, su questo interessante fenomeno celeste si potrebbero soltanto notare le variazioni dello splendore della stella e constatare negli archivi fotografici del cielo se un’altra più debole esisteva nello stesso luogo prima della scoperta. Le ricerche fatte subito sulle carte celesti esistenti ed in quella grande raccolta fotografica, tenuta a giorno il più possibile, che si trova all’Osservatorio di Harvad (Cambridge degli S. U. d’A.) provano che nel luogo occupato dalla stella nuova esisteva prima una stella telescopica di circa 15.5a grandezza. Forse dal confronto delle grandezze stimate su varie carte e fotografie si sospetta che la stella fosse variabile, però sempre dell’ordine della detta grandezza, raggiungibile soltanto da telescopi con obiettivo di apertura non inferiore a 30 cm. Se la stella, come è probabile, perché così avviene quasi sempre nelle stelle nuove, è passata rapidamente dalla 15a alla 3a grandezza, si calcola che il suo aumento di splendore è stato di circa 100.000 volte; fenomeno dunque di una imponenza spettacolosa, quale la mente umana non arriva a concepire. Supponiamo infatti che il nostro sole, al quale possiamo probabilmente paragonare la stella nuova prima del suo aumento di splendore, venga ad acquistare in poche ore una luminosità 100.000 volte maggiore di quella che ora possiede. Altro non potremmo dire della ‘‘nuova’’ se non avessimo il modo di studiarne con lo spettroscopio la costituzione fisica, di paragonarla alle stelle che già conosciamo e di determinarne i movimenti dei gas, durante il grande cataclisma.
■ A mezzo dei prismi di cui è composto lo spettroscopio, disperdendo la luce della stella, da un punto luminoso, quale essa appare anche nei maggiori cannocchiali, si ottiene una striscia luminosa, colorata dal violetto al rosso, sulla quale è possibile individuare i gas che compongono l’involucro esterno della stella, dire in quali condizioni di eccitazione essi si trovino e come si muovano. Di più, almeno approssimativamente, da questa striscia luminosa, cioè dallo spettro della stella, possiamo avere un’idea della distanza di essa dal sistema solare.

“2. – Spettri di stelle bianche, azzurre (Go-Fo), e gialle (F5-Go). Il Sole è di tipo Go.”
“3. – Spettri di stelle gialle (G5-Ko) e rosse (K5-Md). “O Ceti” è una variabile con righe brillanti come le nuove.”
“4. – Regione rossa dello spettro solare fotografato alla torre solare di Arcetri: a, al centro del disco solare: la riga più interna è quella rossa dell’idrogeno, le altre sono dovute a varii metalli; b, al lembo del disco solare: la riga dell’idrogeno è diventata quasi del tutto luminosa.”
“5. – Spettri della “Nova Geminorum” 1912 nel primo stadio dopo l’esplosione, confrontati con α “Cigni” (Deneb), la φ “Persei”, ζ “Tauri” e Procione.”
“6. – Spettri della “Nova Geminorum” 1912 nel più tardo sviluppo con le bande luminose dell’idrogeno, elio e nebulio. Lo spettro di confronto in alto è quello della scintilla elettrica dell’elemento Titanio.”

■ I prismi possono venire anteposti all’obiettivo e allo specchio del cannocchiale, avendosi così come si dice, un prisma obiettivo, quale fu appunto adoperato dal P. Secchi nella sua prima classificazione spettrale delle stelle. Oppure i prismi vengono montati all’estremità oculare del cannocchiale con opportune lenti, costituendo un vero e proprio spettroscopio, (come sono quelli che si usano nei laboratori di fisica), meglio chiamato spettrografo, poiché serve per fotografare lo spettro delle stelle.
■ Se l’obiettivo, al quale sono anteposti uno o più prismi, è fotografico ed abbraccia un campo di parecchi gradi, sulla lastra vengono impressionate tante striscie luminose o spettri (Fig. 1) che appartengono a tutte le stelle visibili in quel campo, più o meno numerose, secondo la potenza del telescopio e la regione osservata. Se lo spettrografo è del secondo tipo l’immagine di una sola stella viene proiettata sulla fessura che si trova esattamente nel piano focale del cannocchiale e naturalmente solo lo spettro di quella stella impressiona la lastra fotografica.

“7. – Spettri della “Nova Herculis” fotografati in Arcetri il 14 e il 17 Gennaio 1935.”
“8. – Sopra: spettri della “Nova Herculis” (15 Gennaio 1935); sotto: spettri della stella azzurra α “Coronae Borealis”. Le righe oscure di questi spettri che corrispondono a quelle luminose della “nuova” sono dovute all’idrogeno.”

■ Lo studio degli spettri del sole e delle stelle ci ha svelato in poco meno di un secolo che quello, come queste, sono delle grandi sfere incandescenti costituite dagli stessi elementi che si trovano in forma solida, liquida o gassosa sulla terra. Esiste in esse tutta una scala di temperature e densità, che si palesano anche agli occhi nostri con diversità di colorazione, e meglio nello spettro, con diversità quali si notano nelle figure 2 e 3 dove si deve immaginare che ogni striscia, se avesse i suoi colori, avrebbe il violetto alla sinistra di chi guarda ed il giallo ed il rosso alla destra. Tutte le righe nere che solcano questi spettri indicano all’astronomo ed al fisico quali sostanze si trovano nell’involucro esterno della stella, si intende allo stato di gas; fra esse abbondano l’elio e l’idrogeno nelle stelle più calde ed i vapori dei metalli più conosciuti e comuni sulla terra in quelle meno calde. Tale è il sole della cui classe fanno parte un gran numero di stelle.
■ Lo spettro delle stelle nuove va soggetto, dal momento della loro comparsa a quello in cui lo splendore diminuisce, a notevolissime variazioni che in quasi tutte si assomigliano. Perciò si può dire che il fenomeno deve avere, nelle diverse nuove, le stesse cause ed essere della stessa natura. Come in questa nuova così nelle altre lo spettro al massimo della sua luminosità è simile a quello di una stella azzurra, per esempio a quello della stella più luminosa della costellazione del Cigno (Deneb), che si presenta come una striscia continua intensamente violetta, degradante verso il rosso, solo interrotta da righe oscure dovute all’idrogeno molto abbondante nell’atmosfera esterna di questo tipo di stella. Ma, pur essendo simile, lo spettro della nuova ha differenze caratteristiche, principale quella che la striscia luminosa non è continua, e presenta delle condensazioni più brillanti interrotte da abbassamenti di luminosità e da righe oscure.
■ Se vogliamo trovare, in ciò che già conosciamo, qualche cosa di simile, dobbiamo ricorrere agli spettri delle stelle variabili, o delle nebulose o anche a quello del sole osservati in condizioni speciali. La fig. 4 mostra una breve sezione dello spettro solare attorno all’intensa riga rosso-scura fotografata con la torre solare di Arcetri in unione ad uno spettrografo che, per essere di grande distanza focale, dà uno spettro lungo più di un metro, invece che pochi centimetri, come è in generale quello che si può ottenere dalle stelle. La riga appare così oscura, quando viene osservata nelle regioni centrali del disco solare, per contrasto con lo sfondo luminosissimo del sole; ma se la osserviamo in immediata vicinanza del lembo, dove lo splendore del disco solare rapidamente degrada, mentre le altre righe dovute a vapori metallici continuano a restare oscure, quella di idrogeno brilla di intensa luce rossa specialmente ai bordi, sorpassando in luminosità lo sfondo continuo dello spettro. Ciò si spiega immaginando che il sole sia avvolto da una altissima atmosfera di idrogeno, che quando viene osservato al lembo si può, diremo così, separare dallo sfondo più intensamente luminoso del globo solare.
■ Se noi pensiamo che la comparsa della stella nuova sia dovuta ad una vera e propria esplosione di tutto il suo globo, nel momento culminante del fenomeno tutti i gas lanciati dall’interno della stella contribuiranno a dare righe oscure, mentre l’involucro esterno della stella crescerà smisuratamente avendo nelle parti più lontane dal nucleo centrale i gas più leggeri, quali sono appunto l’idrogeno e l’elio (Fig. 5). L’estensione delle condensazioni e bande luminose e la loro posizione, come pure quella delle righe oscure si trova a dipendere dalla velocità con la quale si spostano i gas dall’interno della stella verso l’esterno, come deve avvenire se si tratta veramente di una esplosione.
■ Per questa stella è stata misurata una velocità massima di circa 400 km/sec. mentre alla nuova comparsa nel 1918 nella costellazione dell’Aquila è stata attribuita una velocità di 2500 km./sec.
■ Dopo l’esplosione più notevole, che si osserva appunto quando lo splendore delle nuove raggiunge il massimo, esso in generale va diminuendo più o meno rapidamente con fluttazioni più o meno forti le quali sono la prova di nuove riprese delle esplosioni meno violenti della prima. Più tardi, quando la luminosità è considerevolmente diminuita, lo spettro continuo delle nuove scompare del tutto e restano soltanto delle bande e righe luminose in determinate posizioni, quali si hanno nello spettro delle nebulose gassose o delle stelle più calde. Queste bande rimaste sole a testimoniare la presenza della stella quando il grande cataclisma è passato, ci dimostrano che è rimasto, o per lo meno che noi possiamo vedere, soltanto un involucro di gas costituito essenzialmente di idrogeno, di elio e del così detto gas nebulio, il quale non è probabilmente altro che ossigeno ed azoto in un alto stato di eccitazione.
■ La nuova della costellazione di Ercole, dopo l’esplosione del 13 dicembre è stata soggetta a varie fluttuazioni di splendore passando dalla terza grandezza fino quasi alla prima successivamente alla terza ed alla seconda e varia ancora (20 gennaio) in questi limiti. Lo spettro è sempre del tipo di quelli qui riprodotti, ottenuti in Arcetri col riflettore prismatico a due prismi dal dott. Righini nella prima metà di gennaio (Figg. 7 e 8). Il fenomeno visto dalla terra il 13 di dicembre è accaduto in un tempo remoto, che dipende dalla distanza della stella da noi: lo spettro, come si è detto, ci svela anche questa e per quanto precise misure non siano state fatte sui numerosi spettri già ottenuti da molti osservatori, quelle preliminari la collocano ad una distanza di 2.000 anni- luce, e quindi l’esplosione sarebbe avvenuta duemila anni or sono.
■ Mentre l’universo è ricco di fenomeni spettacolosi, che per vastità e per numero non ci dovrebbero recare meraviglia, tuttavia consideriamo che la vita dell’uomo è un attimo fuggente nella scala di tempo cosmica, nella quale milioni di anni occorrono perché si notino dei mutamenti nella vita dei pianeti, del sole o delle stelle, si deve convenire che un fenomeno celeste il quale come questo delle nuove si sviluppa in poche ore, deve essere davvero di eccezione e non deve rientrare nel quadro ordinario dell’evoluzione del cosmo. Urto con altri corpi, conflagrazione con masse di gas sparse nell’universo, instabilità interna particolare ad alcune stelle o propria a tutte che dovrebbero passare ad una ad una per un tale sconvolgimento prima di assestarsi e divenire più stabili? Oggi non ne sappiamo ancora niente, non avendo ancora dati per favorire queste od altre ipotesi atte a spiegare il grandioso, misterioso e rapidissimo evento.”