di Giovanni Franceschini.
Da La Scienza per Tutti, Anno XXIII – N. 24 – 15 dicembre 1916
“La guerra attuale ha notevolmente contribuito allo sviluppo e al perfezionamento tecnico di alcune branche della chirurgia, ed ha portato innovazioni operative e diagnostiche in quei campi speciali della traumatologia, i quali, per mancanza del materiale clinico, erano in parte inesplorati.
La ricerca e la localizzazione dei proiettili d’armi da fuoco entro ai tessuti del corpo umano non costituivano certamente — prima dello scoppio della guerra — una partita abituale di lavoro per il chirurgo, mentre oggi, per l’enorme quantità di soldati feriti, la ricerca del proiettile entro alle carni è divenuta un atto chirurgico d’uso corrente.
È ben naturale quindi che se prima della guerra l’armamentario scientifico destinato a simili ricerche era di entità così scarsa da essere quasi negativo, oggi, per le necessità quotidiane e per ragioni umanitarie, esso è già diventato abbondante e multiforme, e quindi assai necessario ed utile all’esercizio pratico.
[Il prof. BERGONIÉ, di Bordeaux, ha chiesto all’elettromagnetismo non solo il mezzo per scoprire i proiettili e le schegge di ferro, o d’altri metalli magnetici, ma anche quello di estrarli.
Il suo apparecchio, chiamato «elettrovibratore», ha la forma d’una pesante massa cilindrica sospesa ad un braccio orizzontale di legno sostenuto da una colonna pure di legno, ed equilibrata da un contrappeso. Il braccio può ruotare orizzontalmente fino a che il congegno venga a trovarsi a piombo sulla parte dell’ammalato da esaminare. La massa cilindrica contiene un nucleo di ferro che vien posto in vibrazione dal campo magnetico prodotto da una forte corrente alternata: le vibrazioni si comunicano poi, per induzione, a qualunque oggetto in ferro od acciaio che trovasi nei tessuti: comprese cioè le schegge uncinate di granata; le più pericolose e difficili da trovare.
La localizzazione avviene facendo scorrere la mano sulla pelle e sotto l’elettro-vibratore, ma in modo che questo non tocchi. Per l’estrazione, si rende dapprima asettico l’apparecchio avviluppandolo in una tovaglia sterilizzata: la corrente, del resto, lo sterilizza già per suo conto, portandolo ad una temperatura elevatissima, tanto che ogni trenta secondi un movimento d’orologeria interrompe la forza, per non danneggiare tutto il sistema. Il chirurgo incide ove la vibrazione sotto la pelle è massima, e si lascia guidare, nelle profondità della ferita, con lo stesso metodo, sino ad afferrare definitivamente la scheggia.]
La primitiva tecnica radiologica non poteva più bastare per la ricerca dei proiettili, ma doveva essere perfezionata, e possibilmente resa più sicura e più pratica. Per tale ragione l’argomento fu così assiduamente e universalmente studiato che quasi ogni mese di guerra ha portato larghi contributi scientifici all’armamentario e alla tecnica per simili ricerche della chirurgia di guerra. La maggior parte degli studi e degli esperimenti praticati per la ricerca e la localizzazione dei proiettili di guerra entro ai tessuti si sono basati sulla elettricità e sulla radioscopia, delle quali si è cercato di sfruttare fenomeni e apparecchi ben noti. Largo contributo di indagini fortunate fu portato in questo campo scientifico da studiosi italiani — dei quali mi piace citare Maragliano, Coleschi, Baese, Ghilarducci, Pavesi — e da scienziati esteri, quali Trouvé, Gallot, Hedlers, Debierne, Bergonié, Francois, Hughes, Hirtz.
Il metodo della soneria elettrica è stato inventato dal Trouvé. Alla soneria elettrica — secondo la innovazione introdotta dal Gallot — può essere sostituito un galvanometro. Secondo il metodo Trouvé il proiettile viene cercato in mezzo alle carni con una sonda comunicante con una comune soneria ad elettro-calamita, a mezzo di due conduttori. Trovato il proiettile, si stabilisce il circuito con l’avviso della soneria, e alla sonda si sostituisce allora una pinza. Con questa si attanaglia il proiettile e lo si estrae con molta facilità non solo, ma anche con la sicurezza che con le branche della pinzetta si è ghermito il proiettile perché il campanello suona solamente a circuito chiuso, e cessa di suonare appena — per errore — viene uncinata una parte qualsiasi del corpo della persona ferita.
[Il trocoscopio BALZARINI consta essenzialmente: d’una cassetta contenente il tubo pei raggi X; d’un apparecchio per spostare l’origine del fascio di raggi orizzontalmente, nei due sensi longitudinale e trasversale; d’una staffa d’arresto — rappresentata in figura a parte — per fissare il detto apparecchio, introducendo il gancio superiore della staffa nei buchi operati nello spessore del tavolo operatorio; del tavolo medesimo, su cui si adagia il paziente; d’un cavalletto con schermo fluorescente per osservare l’ombra dei proiettili.]
Il fenomeno fisico della corrente che passando attraverso un circuito, sul quale è intercalato un ricevitore telefonico, genera un rumore secco chiaramente percepibile al telefono, quando essa corrente viene immessa, ha suggerito ad Hedlers la idea della sonda telefonica. Un polo metallico a larga superficie viene applicato sul corpo del malato, mentre con uno stiletto si percorre la ferita nei suoi tragitti per ricercare il proiettile. Stiletto e placca metallica sono in comunicazione con un casco telefonico fissato alle orecchie del chirurgo. Quando il metallo dello stiletto viene a contatto con quello del proiettile, per la formazione di un elemento di pila, si ode al telefono un rumore secco, che avverte che si è a ridosso del proiettile.
[La teoria del radiostereometro dell’ing. Baese è stata descritta come segue dal capitano medico dott. prof. Felice Perussia:
«Se immaginiamo un corpo imperniato fra due punte (fig. b) ed interposto fra un tubo Ròntgen ed uno schermo fluorescente, qualora si faccia ruotare questo corpo se ne vedono le ombre spostarsi sullo schermo, in uno od altro senso, ad eccezione delle ombre provenienti dall’asse di rotazione che rimangono naturalmente immobili; e lo stesso accade se invece (fig. c) ruotano intorno a detto asse il tubo e lo schermo collegati rigidamente fra loro mentre il corpo si mantiene immobile. Un proiettile che dia un’ombra la quale non si sposti durante la rotazione del sistema tubo schermo, deve essere quindi situato sull’asse di rotazione, noto. Orbene, il radiostereometro permette appunto, con una manovra semplicissima, di spostare l’asse di rotazione durante la radioscopia così da farlo passare per il corpo estraneo. Una catenella (fig. d) si parte dal centro di oscillazione e termina con un anello che scorre lungo un’asta millimetrata, la quale si può sostituire allo schermo in modo che si trovi perfettamente sulla linea del raggio normale passante per il proiettile. La lunghezza della catenella è tale che segnerebbe lo zero della graduazione sull’asta qualora questa fosse abbastanza lunga da toccare col suo estremo inferiore il corpo estraneo. L’asta, arrestandosi sull’epidermide, segna il punto sotto il quale si trova il corpo estraneo nella direzione indicata dall’asta stessa, mentre sulla graduazione millimetrata si può leggere la profondità del proiettile rispetto a quel punto cutaneo, essendo segnata sull’asta del livello ove giunge la catenella. L’operazione non richiede che pochi minuti ed i risultati sono altrettanto esatti quanto è facile l’uso dell’apparecchio ». — (Giornale di Medicina Militare, anno LVIX, fascicolo VIII.)]
Un metodo simile a questo della sonda telefonica dell’Hedlers è quello ideato dall’Hughes e da lui chiamato bilancia d’induzione. Bergonié ha inventato il metodo dell’elettro-calamita, il quale metodo è fondato sulla forza d’attrazione delle elettro-calamite giganti sui corpi stranieri magnetici, quali il proiettile tedesco — rivestito di acciaio — e i frammenti di granata. Questo scienziato consigliò anche il metodo dell’elettro-vibratore, fondato sul principio della vibrazione dei corpi magnetici (proiettili) quando si fa funzionare in vicinanza una elettro-calamita per mezzo di corrente alternata; vibrazione che viene distintamente percepita dall’operatore. Questi due metodi del Bergonié non sono utilizzabili che nei casi di corpi magnetici, e non servono quindi nei casi in cui il proiettile non ha un rivestimento di ferro o di acciaio, ma è tutto di piombo (come i proiettili del fucile italiano), o si tratta di shrapnells.
A questi apparecchi elettrici fanno seguito i metodi radiologici, i quali dettero risultati brillanti e positivi nella ricerca e nella localizzazione dei proiettili di guerra entro i tessuti. La radiografia stereoscopica e la ortoröntgenografia meritano di essere anzi tutto citate in una rivista scientifica di apparecchi e di metodi costruiti ed ideati a queste finalità di diagnosi topografica.
Il dott. Pavesi, che con vera competenza si occupa di simili delicatissimi studi, dice che fra i metodi radiologici di origine straniera devono essere ricordati il compasso di Hirtz, il localizzatore di Marion-Danion, il compasso di Debierne, come quelli che sono molto in uso e dànno risultati precisi e utilissimi al chirurgo, quantunque presentino una certa difficoltà nell’applicazione pratica ed esigano un certo tempo per arrivare a risultati positivi. Difatti l’operazione deve essere eseguita in tre tempi distinti, cioè nella esecuzione della radiografia, nell’adattamento del compasso sulla lastra, nell’applicazione del compasso sul malato. Si aggiunga che se la tecnica è complicata e delicatissima, delicati e costosissimi ne sono i relativi apparecchi.
Numerosi sono anche i metodi italiani, poiché molti sono i perfezionamenti, le modificazioni, le innovazioni introdotte da studiosi nostrani in cotesti modernissimi strumenti, che la guerra ha reso necessari, e che i nuovi bisogni vanno rendendo sempre più semplici, più pratici, più pronti all’uso.
Prima della guerra erano talmente rari i casi nei quali il chirurgo veniva chiamato ad identificare la posizione topografica d’un proiettile, che quasi pareva sterile lavoro la ricerca squisita di squisiti metodi d’indagine scientifica. Ai nostri giorni è divenuto pratica corrente ciò che era rarità di casistica, e quindi anche presso di noi l’argomento in discorso fu profondamente ed estesamente studiato dai nostri radiologi e dai chirurgi. Fra i metodi radiologici di origine italiana, il dottor Pavesi stima meritino di essere specialmente ricordati il radiolocalizzatore di Coleschi, il radiolocalizzatore di Maragliano, e il radiostereometro del Baese.
Il citato dottor Pavesi, quale radiologo dell’ospedale militare di Tolmezzo e consulente radiologo della Zona Carnia, si è studiato di trovare un metodo, che potesse essere usato con un impianto fisso e con un apparecchio someggiabile Ferrero di Cavallerleone, e che, pure essendo d’uso corrente e di modico costo, offrisse dati precisi e attendibili. Riporto testualmente le parole con cui il Pavesi descrive il metodo da lui semplificato e da lui seguito in simili ricerche, metodo che gli ha permesso di effettuare uno dei desiderata della radiologia moderna, quello cioè di avere un buon istrumentario con accessori ottimi e precisi, piuttosto che avere un apparecchio potente ma con accessori imperfetti.
Ecco come il Pavesi descrive il suo metodo in un articolo apparso recentemente nella «Gazzetta degli Ospedali e delle Cliniche»:
«Per più di un anno ho usato, con piena soddisfazione dei chirurgi tutti della Zona Carnia e mia, il metodo Moritz-Mackenzie pel quale il Ghilarducci (Policlinico, Sez. Pratica fasc. 27-4 luglio 1915) ideò facili e pratiche modalità tecniche, le quali importano alcune modificazioni ad un buon trocoscopio; modificazioni però che per varie ragioni, tra le quali la mancanza di mano d’opera, non potei attuare e che ho dovuto sostituire con un’altra.
RICERCA DELLA PROFONDITÀ. — Quando ci si sia assicurati della perfetta centratura geometrica del trocoscopio e stabilito il raggio normale si segna sullo schermo fluorescente l’immagine del proiettile o corpo straniero ed impresso al tubo un dato spostamento si segna sullo schermo l’immagine nuova ottenuta.
La distanza fra le due immagini sullo schermo viene moltiplicata per la distanza fra l’anticatode e lo schermo ed il prodotto diviso per la somma dello spostamento del tubo più la distanza fra le due immagini sullo schermo: questo nuovo prodotto è uguale alla distanza del corpo straniero o proiettile dallo schermo.
Da questa cifra si sottrae la distanza fra lo schermo e la superficie della parte in esame ottenendosi matematicamente la profondità dell’oggetto in tessuti e più precisamente
dove X è eguale alla distanza tra corpo straniero e schermo; H=altezza tra anticatode e schermo; D=spostamento dell’ampolla; d=spostamento dell’immagine sullo schermo.
Con un esempio, se si ha H=-60; d=5; D=20 si avrà:
e sottraendo da questo prodotto la distanza tra schermo e superficie (sia essa 4,32) si viene ad avere
e cioè il corpo straniero o proiettile deve trovarsi alla profondità di cm. 7,68 dalla superficie del corpo esaminato.
Tale metodo mi ha dato sempre buoni risultati, e mi convinsi della sua esattezza facendo la ricerca sulla profondità da due lati opposti della stessa parte, così da ottenere che la somma dei due reperti corrispondesse sempre allo spessore totale della parte in esame.
Per esami radiologici all’Ospedale Militare di Tolmezzo ho a disposizione un trocoscopio Balzarini e per quelli da praticarsi negli ospedaletti, infermerie avanzate della Zona Carnia un trocoscopio adattato per l’apparecchio Ferrero di Cavallerleone.
Nelle ricerche di proiettili nei tessuti, secondo le modalità tecniche del Ghilarducci, dapprima mi valsi dell’aiuto di un assistente, che spostasse il carrello porta ampolla nel senso longitudinale, e non nel trasversale, per il tratto voluto; manovra che si eseguiva valendoci solo dei nostri mezzi manuali. Ne riusciva cioè una modalità di tecnica difficile ad eseguirsi, che importava molto tempo e che, per quanto eseguita con scrupolosa cura, non evitava di incorrere in errori, specie negli spostamenti, i quali, se in origine trascurabili, venivano ad assumere una grande importanza per riguardo alla profondità del proiettile o corpo straniero nei tessuti.
Non potevo d’altra parte munire i trocoscopî di meccanismi per lo spostamento automatico dell’ampolla, secondo il sistema Ghilarducci, per la mancanza di mano d’opera; ed allora pensai di giungere allo scopo con il seguente apparecchio rudimentale ma almeno pratico.
Al piano orizzontale, lato esterno, del trocoscopio applicai una lista di metallo, dello spessore di 3-4 mm., munita di fori, alla distanza, l’uno dall’altro, di 10 centimetri: mediante una vite a pressione, applicai poi alla leva di comando del carrello un ferro rotondo a becco di gru.
lo così posso dare la posizione che mi occorreva, rispetto alla linea trasversale del trocoscopio, al carrello, e, fissata allora la morsa, far eseguire all’ampolla il solo spostamento longitudinale. Il tratto percorso mi è facile calcolarlo dal numero di fori, della lista di metallo, nei quali il becco di gru va ingranandosi durante lo spostamento (al porta schermo usuale del trocoscopio Balzarini, io sostituii uno sgabello smontabile in legno, per avere sempre la stessa distanza tra anticatode e schermo fluorescente e ciò al fine di procedere più rapidamente nella localizzazione e non dovere di volta in volta misurare la detta distanza).
Quelle mie modificazioni o meccanismo allo schema Ghilarducci per lo spostamento automatico dell’ampolla nella localizzazione dei proiettili o corpi stranieri nei tessuti, non son gran cosa, ma permettono di praticare il metodo con grande rapidità ed esattezza ed in pochissimo tempo, sia con installazioni fisse che con mobili: inoltre non richiedesi alcuna modificazione sostanziale degli apparecchi in dotazione né una spesa che non sia approvata da qualsiasi autorità.
In un anno di pratica questo metodo mi ha dato sempre risultati precisi e soddisfacenti pienamente le esigenze dei chirurgi della Zona Carnia: le ricerche e le localizzazioni diproiettili o corpi stranieri nei tessuti, da me eseguite, sommano a più di duecento.
Ho sempre tenuta la regola di eseguire la radiografia della parte in esame, sia per accertare la presenza di piccole schegge, le quali possono sfuggire all’indagine radioscopica, sia anche per dare al chirurgo un’immagine della parte e del proiettile e permettergli, oltreché di farne uno studio minuto, di consultarla durante l’operazione: la localizzazione fu da me determinata, nella quasi totalità dei casi, pochi momenti prima dell’intervento per non incorrere in possibili delusioni per la migrazione del proiettile stesso nei tessuti.
Ho sempre fatto assistere il chirurgo all’indagine perché potesse de visu controllarla e formarsi un primo convincimento dello stato della parte in esame.
Credo di poter arrivare a queste conclusioni :
il metodo Moritz-Mackenzie è realmente ottimo;
le modalità tecniche ideate dal Ghilarducci ne rendono l’uso facile e rapido; permettono di arrivare a conclusioni che soddisfano pienamente chirurgo e radiologo.»
[L’esploratore elettrico TROUVÉ non è dei più moderni (rimonta al 1867), ma può rendere ancora grandi servigi: è formato da due lastrine d’acciaio terminanti in punta e separate elettricamente da una materia isolante che ne riempie l’intervallo; le due punte però sporgono al di là, in modo da essere libere al fondo. Facendole scorrere sulla pelle e penetrare nelle ferite, quando incontrano un corpo metallico, questo stabilisce fra esse una comunicazione elettrica, poiché le due lastrine sono allacciate ciascuna all’elettrodo di una pila. Però la corrente, prima di percorrerle, attraversa due elettro calamite che attirano rapidamente, ora l’una ed ora l’altra, una lamina vibrante: così da rendere un suono caratteristico in quella specie di orologio, detto «rivelatore», che è alla testa dello strumento e che può essere associato anche ad un pinza ordinaria con le due branche libere.
Un perfezionamento di questo apparecchio è dovuto al dottor Guillon, il quale dispone un ago sottile di acciaio entro una guaina pure metallica, ma riempita di materia isolante, che riempie in parte il foro da cui l’ago centrale esce e si prolunga, rimanendo sempre fuori con la punta, grazie ad una molla che lo spinge. Così il chirurgo, quando incontra un corpo duro, preme un po’ sullo strumento per vincere la resistenza della molla: la guaina esterna viene pur essa a contatto col corpoin questione, il quale, se è metallico, chiude il circuito d’una corrente rivelata da un galvanometro e da una soneria.
Un ulteriore perfezionamento, ancora dei due apparecchi precedenti è la sonda elettrica di Graham Bell, che esige un solo contatto: la sonda si riduce ad un ago, comunicante per mezzo di un filo con un cucchiaio che si introduce nella bocca del paziente: ultimamente, il dottor HEURARD, di Bruxelles, lo ha sostituito con una lastra di piombo rivestita di garza imbevuta di soluzione salina e posta sulla pelle. Il circuito viene chiuso dal corpo dell’ammalato, e la corrente è generata senza bisogno di pila ordinaria: questa è formata dalla coppia metallica cucchiaio (o lastra di piombo) e proiettile, mentre l’elettrolito è dato dalla saliva o dalla soluzione salina. La corrente che ne risulta è abbastanza debole per non produrre disturbi, ed abbastanza forte per impressionare un ricevitore telefonico toccando ad intervalli il corpo estraneo, se è metallico. La disposizione generale del congegno è visibile in figura.
HUGHES ha chiamato col nome di bilancia d’induzione un apparecchio costruito come segue : quattro solenoidi sono riuniti elettricamente a due a due: nel primo gruppo, detto induttore, circola la corrente d’una pila interrotta rapidamente da un meccanismo d’orologeria o da un martelletto vibrante; il secondo, il cui circuito passa per un ricevitore telefonico, funziona da indotto. Ogni piatto della bilancia è formato da un cilindro, sul quale sono arrotolate una delle due solenoidi induttrici ed una di quelle indotte; senonché gli avvolgimenti indotti e induttori sono in senso inverso, per cui, se le solenoidi hanno il medesimo numero di spire, le correnti che nascono per induzione sono eguali ed opposte, e si neutralizzano, senza impressionare il ricevitore telefonico. Ma basta che un corpo metallico si avvicini all’una o all’altra bobina, o si trovi a distanza ineguale fra esse, per variarne il campo magnetico, e rafforzare una delle due correnti opposte: la differenza che ne risulta passerà nel telefono, producendovi un rumore speciale.
Questi progressi nel campo della radiologia applicata alla scienza chirurgica non sarebbero stati certamente raggiunti se la guerra non avesse creata la necessità di avere un metodo sicuro ed efficace nella ricerca quasi quotidiana di proiettili conficcati entro alle carni dei soldati combattenti. La guerra, come ha insegnato molte cose ai popoli — la necessità della oculatezza e della prudenza, il dovere di incrementare le industrie nazionali, di amare più intensamente la patria, di lavorare di più, di produrre di più, di fare tutto con le proprie mani, di non avere bisogno di nessuno, di studiare più a fondo, per meglio conoscerla, l’indole delle varie nazioni, di amarci di più fra connazionali, di rispettarci di più, di odiarci meno — così ha insegnato molte cose alle scienze mediche e chirurgiche.]
[L’esploratore FRANÇOIS, in uso oggi con grande successo, si compone di quattro parti. La prima, detta gruppo fisso, comprende due rocchetti identici situati in prolungamento l’uno dell’altro, sopra uno zoccolo che porta i dispositivi di controllo ed i commutatori. Ciascuna delle due bobine si prolunga posteriormente con una specie di doppia T (almeno in sezione) racchiusa e fissa in una colonnina sorgente dallo zoccolo: ma mentre un rocchetto è immobile veramente, l’altro invece può spostarsi in senso longitudinale, avvicinandosi o allontanandosi dall’altro. Questo, assieme ad una sferetta articolata, consente la regolazione del sistema.
La seconda parte è formata da spirali avvolte una presso l’altra attorno a dei profili conici, intagliati alla periferia d’un nucleo, il quale termina da un lato con una superficie piana a bordi arrotondati, e dall’altro in una impugnatura che riceve i fili comunicanti col gruppo fisso. È questo il «cercatore», e non pesa che 350 gr. Le altre parti sono un ricevitore telefonico ed una scatola contenente una pila ed un interruttore vibrante, che agisce sul circuito primario del gruppo fisso.
L’impiego del sistema è semplicissimo: posato lo zoccolo del gruppo fisso sopra un supporto che non contenga metalli; allontanata la scatola contenente la pila e l’interruttore perché quest’ultimo non disturbi l’audizione telefonica; distanziato anche l’apparecchio cercatore dal campo magnetico del gruppo fisso e posto il telefono all’orecchio, l’operatore comincia a regolare il sistema, avvicinando o allontanando la bobina mobile da quella fissa, agendo sulla sua corona e approssimando più o meno la sferetta articolata ai rocchetti, finché non ode più alcun rumore. Poi si fa scorrere il cercatore sulla pelle del paziente, ascoltando quando il rumore ricomincia: tenendo nel medesimo luogo l’apparecchio, il suono diviene massimo se l’asse di quello è in direzione del corpo metallico estraneo; l’intensità del rumore aumenta poi ancora a misura che ci si avvicina, per affievolirsi appena si è oltrepassato il punto. Si può in tal modo localizzare perfettamente il punto d’operazione: e le esperienze diedero ottimi risultati, per tutti i metalli. Per proiettili di ferro o d’acciaio, come le schegge di granata e le palle tedesche da fucile, il metodo ne rivela la presenza fino a 10 cm. di profondità nei tessuti; il rame, l’ottone, il bronzo, il piombo ed in genere i metalli non magnetici hanno sul congegno un’influenza minore, ma sempre sufficiente.
Un orecchio esercitato è capace di scoprire di quale metallo sia il corpo estraneo, dalla rapidità o meno con cui il suono s’intensifica avvicinandosi al corpo medesimo: mediante confronti con oggetti esterni si possono anche stabilire dati di massima. Si fa a tal uopo scorrere l’oggetto, in presenza dell’apparecchio cercatore, lungo una scala graduata posta sul prolungamento dell’asse longitudinale di quest’ultimo.]
I medici hanno avuto dalla guerra mirabili insegnamenti sulla etiologia e terapia del tifo esantemico, della meningite cerebro-spinale, della cangrena gazosa, del tetano, delle congelazioni; così come i chirurgi hanno avuto grandi ammaestramenti dalle lesioni esaminate sugli organi più nobili, quali il cervello, il cuore, i polmoni, gli intestini. La guerra, con la molteplicità e varietà delle sue ferite interessanti le parti più protette e più delicate del corpo umano, ha addestrato i chirurgi nello sfruttamento di tutte le risorse operative e di tutti i metodi d’indagine per lottare contro le insidie e i pericoli del trauma. Le più ardite operazioni poterono essere tentate, con esito talvolta insperatamente felice, sul cuore, sul cervello, sul midollo spinale, attraversati e offesi dal piombo micidiale.
La guerra ha dimostrato a tutti di quali risorse miracolose non sia dotato l’organismo umano, che fu visto superare traumatismi, che pareva follia solo il pensare potessero non essere mortali. Con le guarigioni miracolose ottenute solamente a prezzo di disinfezione e di immobilità, la guerra ha insegnato a tutti che in chirurgia di guerra meno si fa e più si fa.”