Il ventaglio (1922)

Da Il Secolo XX, Anno XXI, N. 7, 1 luglio 1922.

“■ Il ventaglio è d’origine antichissima: come il caldo.
■ Uno storico degno di fede afferma che il primo gesto di Eva, capitando nel paradiso terrestre, non fu, come molti credono, quello di intessersi una cintura di foglie, ma quello, invece, di protendere, una mano; staccare da una pianta vicina una larga foglia aromatica, e farsene un ventaglio…
■ Il che dimostrerebbe che la prima donna nacque d’estate…

“Ventaglio Luigi XIV.”

■ Ma, secondo una leggenda cinese, il ventaglio sarebbe stato ideato dalla bella Kan-si.
■ La bella Kan-si era figlia di un potente mandarino, e assisteva, una sera, alla festa delle lanterne, festa tradizionale del suo paese. Le donne cinesi portavano, allora, la maschera: forse, per il chiaro simbolo di una maschera morale. Quella sera, alla festa delle lanterne, faceva un caldo da morire, e la bella Kan-si lottava tra la necessità di prendere aria e il pudore che le imponeva di non esporre il volto agli sguardi profani dei curiosi. La bella Kan-sì ebbe allora una trovata geniale: si tolse la maschera, ma la tenne vicinissima al volto, agitandola con grande rapidità, per modo che nessuno poteva vederle la faccia, ed essa, frattanto, si raffrescava.

“Ventaglio della Regina Antonietta.”

■ La trovata incontrò favore: di lì a poco, tutte le donne presenti alla festa delle lanterne imitarono la bella Kan-si. Così nacque — secondo la leggenda cinese — il ventaglio che ben presto sostituì la maschera.

“Ventaglio Italiano I. Impero (Cornelia mostra i suoi gioielli).”

■ Altre dieci, altre cento, altre mille leggende simili potrebbero essere ugualmente narrate, credute o non credute. Ma, certo, il ventaglio trova le sue prime origini nell’oriente, ove fu, prima, un semplice istrumento di utilità, costruito con foglie di loto e di palme intessute, cui si sostituirono, in seguito, le penne di pavone. Uno storico giapponese ne attribuisce la invenzione all’imperatore Won-Wang fondatore della dinastia del Tcéou (1134 a. C.), e assicura che soltanto un tardo successore di lui, Kao-tsong (il quale regnò dal 650 al 683 dopo Cristo) fece fabbricare ventagli meno primitivi, e cioè con penne di fagiano, poiché ciò sembrava di buon augurio.

“Il ratto delle Sabine in un ventaglio dipinto da Romanelli.”

■ Di tali lussuosi ventagli fu proibito l’uso alle persone che non appartenessero a un certo determinato rango, consentendosi, alle altre, solo dei ventagli comuni: ecco perché ancor oggi, in molte cerimonie di gran pompa, si vedono, a fianco del personaggio che a quelle sovraintende (così per esempio, il Sommo Pontefice) due valletti recanti un ampio ventaglio di piume, aperto in cima a una lunga asta. Tale usanza si diffuse in particolar modo tra i popoli dell’antico Egitto (tanto che i principi al seguito del Re venivano chiamati appunto «porta-ventaglio del Re») essendo il ventaglio simbolo di felicità e di riposo celeste.

“Ventaglio attribuito a Watteau.”

■ Volta a volta che l’uso del ventaglio si andava diffondendo di popolo in popolo, il piccolo oggetto subiva una evoluzione, un miglioramento, un abbellimento, ma diveniva sempre meno pratico, perché, per esempio, presso i Romani, era in moda il ventaglio di piume con un manico così lungo che nessuno avrebbe potuto servirsene da solo. Onde, la necessità di schiavi che, dal nome del ventaglio, flabellum, furono detti flabelliferes, tanto più ricercati quanto maggiore era la loro grazia nell’adempiere al delicato incarico, non facile se si debba credere alla satira di Lucilio il quale racconta come «Ametrio, ventilando la piccola e leggiadra Artemidora dormente, la fece ruzzolare dal letto»…


“Ventaglio di Madame Tallien.”

■ Nell’uso europeo, il ventaglio fu introdotto all’inizio del dodicesimo secolo, ma solo le grandi dame ne avevano, poiché l’imperfezione dei mezzi di fabbricazione, la rarità delle fabbriche, e il pregiudizio, allora generale, che la ricchezza e la bellezza delle esteriorità fossero sinonimi, contribuivano ad aumentare considerevolmente il prezzo dei ventagli quasi tutti adorni di piume rare, di perle e d’oro. Soltanto nel sedicesimo secolo, l’uso si generalizza, in tal modo che Enrico Estienne scriveva, nei suoi Dialoghi del nuovo parlar francese: «le signore si sono così affezionate ai ventagli da non volerli abbandonare neppure durante l’inverno, e come d’estate, se ne servono per combattere il calore del sole, li usano d’inverno per combattere il calore del fuoco»…

“Ventaglio spagnuolo (fine XVII secolo).”

■ Si narra anche, a questo proposito, che alcune dame francesi chiedessero un giorno a Cristina di Svezia (la quale si trovava alla Corte di Luigi XIV) se convenisse portare il ventaglio d’inverno come di estate, al che l’altera regina, per la sua invincibile avversione a tutto ciò che facevano e dicevano le donne, rispose sdegnosamente :
— Non credo. Anche senza ventaglio (éventail) siete abbastanza sventate (eventées).
■ Ragione per cui, naturalmente, le gentildonne francesi adottarono subito il ventaglio anche per l’inverno…

“Ventaglio XVIII secolo appartenente alla Regina Vittoria.”

■ Così, esso divenne, a poco a poco, una piccola arma di civetteria femminile che, nascondendo la parte inferiore del volto permetteva, come una sottile maschera delle labbra, lasciando scoperti gli occhi, piccoli audaci giuochi di cui le dame moltissimo si dilettavano. Così un poeta poté scrivere che «il ventaglio di una bella dama è lo scettro del mondo».
■ E le belle dame, per verità, se ne servirono senza parsimonia, e ne vollero di sempre più belli, tanto che celebratissimi artisti si dedicarono a dipingerne, e taluno, conservato sino al nostri giorni, rappresenta oggi il valore di un capolavoro.
■ Ma non soltanto per le pitture o per i disegni i ventagli acquistarono pregio, sì anche per gli autografi che molte signore raccolsero su di essi. Oggi, la moda è alquanto passata, ma, sino a venti anni fa, nessuna signora sapeva sottrarsi alla consuetudine di chiedere a un uomo celebre, o. semplicemente a un adoratore, un verso, un motto, un pensiero di cui ornare il proprio ventaglio. Nel secolo scorso il ventaglio fu uno dei più gentili, comodi e comuni «galeotti» per le dichiarazioni d’amore…

“Ventaglio di Ninon de Lenclos.”

■ Non si creda pertanto, che l’uso di scrivere sopra i ventagli sia una trovata moderna: tutt’altro. I giapponesi — che del ventaglio fanno larghissimo uso — se ne servirono fin dai più remoti tempi come d’un vero e proprio taccuino sul quale annotavano per abitudine i loro appunti, e i Cinesi adottarono i ventagli-autografi per farne piccoli doni diplomatici. Si narra che, quando fu firmato il primo trattato tra la Cina e la Francia, il Commissario imperiale Huan offrì alcuni suoi autografi su dei ventagli. Il signor Di Lagrenée, plenipotenziario francese, rispose allora a quel dono con un altro ventaglio sul quale scrisse, improvvisandola, una lunga lirica, la quale costituisce ancor oggi, una rarità diplomatico-poetica conservata con molto riguardo in una ricchissima collezione cinese.

“Ventaglio Luigi XVI.”

■ Perché — è inutile dirlo — anche i ventagli han trovato i loro collezionisti i quali si sono specializzati nei diversi rami: ventagli dipinti, ventagli di piume, ventagli autografati, ventagli storici, ventagli bizzarri, e così via. La regina Vittoria patrocinò nel 1871 una grande esposizione di ventagli al South Kensington Museum e non è a dire quali e quante inimaginabili varietà ne comparvero da ogni parte. Nel 1874, una esposizione analoga ebbe luogo a Milano, e anche questa fu una nuova dimostrazione della infinità di tipi di ventagli che la fantasia umana è stata capace di creare.

“Ventaglio Luigi XIV.”

■ Né ancora la feconda fantasia dei fabbricanti si è esaurita: ecco che in questi ultimi anni se n’è creato un tipo nuovo.
■ Ma, ahimè! — buon’anima di Tomaso Carlyle! — anche il ventaglio, il piccolo grande alleato, della sottile civetteria femminile, è stato ridotto a un meccanismo: un arido ventilatore di celluloide, azionato da una molla, sostituisce il ventaglio fastoso di piume o trinato, il ventaglietto su cui un cavaliere aveva scritto, una sera….. ebbene, sì: al chiaro di luna… «amor che a nullo amato»…”

“Ventaglio moderno.”