Il trasporto dei dispacci per mezzo delle api (1892)

Da La Scienza per Tutti, Anno XII, N. 9, settembre 1892.

“■ A titolo non foss’ altro di curiosità trascriviamo testualmente da un periodico d’oltr’alpi il seguente articolo firmato dal signor A. Brun, ingegnere civile.
■ “Che il lettore leggendo il titolo di questo articolo non creda che si voglia mistificarlo; no davvero, perché si tratta veramente di domandare un nuovo servigio a quell’insetto sì utile nelle nostre campagne, e di far sì che esso, dopo aver contribuito ad aumentare la ricchezza nazionale, concorra alla difesa della patria comune quando questa sarà minacciata.
■ Ma che? dirà taluno, voi certo non penserete seriamente a surrogare il piccione viaggiatore, che varca spazii immensi per ritornare al suo colombajo, con velocità eguali e spesso superiori a quelle dei convogli direttissimi, con un insetto incapace di guidarsi, se la mano dell’uomo o la forza del vento lo portano a poche leghe dall’alveare e le cui attitudini alla velocità non sostengono il paragone con quella del messaggero alato, sì utile in tempo di guerra. Calmatevi, tale non è il nostro pensiero e non crediamo nemmeno che sia quello del signor Teynac, il valente agricoltore della Gironda, che concepì l’idea di questa ingegnosa innovazione. Pel momento non si tratta che di esperimenti singolari ed importanti assai, tuttavia insufficienti per ben giudicare certi servigi che potrà rendere questo nuovo modo di trasmissione delle corrispondenze.
■ Comunque sia, i risultati ottenuti sino ad oggi dall’autore di questo metodo sono notevoli quanto basta perché non temiamo di metterli sotto gli occhi dei lettori, certi che essi penseranno come noi, che qui ci sono i germi di uno studio interessantissimo. Esperienze numerose e già vecchie hanno stabilito in modo indiscutibile che, se si chiude in un sacco uno sciame d’api, lo si trasporta ad una distanza di quattro o cinque chilometri dall’alveare e poi si apre il sacco, le api, dopo aver turbinato alcuni istanti, non tardano a dirigere il loro volo verso l’alveare con quella sicurezza di istinto che la natura sembra aver largito in un grado più o meno alto a tutti gli animali. Le più agili compiono il tragitto in un lasso di tempo che varia dai 20 ai 25 minuti, il che corrisponde ad una velocità media di 12 chilometri all’ora. Si fa partendo da questo fatto che Teynac concepì l’idea di usufruire l’istinto che riconduce l’ape al suo nido, per farne una messaggiera, e che costruì il piccolo materiale rappresentato nei nostri disegni e del quale spiegheremo l’uso.

“Fig. 1. – 1. L’alveare. 2. Cassetta da viaggio; cassetta di latta situata davanti alla finestrella dell’alveare.”

■ Supponiamo che il proprietario di uno sciame voglia stabilire un sistema di corrispondenza con un amico la cui abitazione si trova discosta dalla propria tre o quattro chilometri. Egli incomincia collo spedirgli un piccolo alveare costrutto come quello rappresentato dalla figura 1, ben popolato e provveduto di viveri. In capo ad alcuni giorni le api sono assuefatte quanto basta al nuovo cielo perché si possano incominciare gli esperimenti. Si prende allora da ogni alveare un certo numero di api che vengono introdotte nella piccola cassetta da viaggio (fig. 1). Questa cassetta è coperta su quasi tutta la faccia superiore da una tela metallica che lascia penetrare l’ aria indispensabile alle prigioniere. Le api vengono introdotte pel foro N. 4 che si vede in fondo a sinistra della cassetta, la quale poi viene chiusa col coperchio girevole. In questa guisa si può farne la spedizione per la posta. Giunti a destinazione gli insetti sono lasciati liberi in una stanza, ove si è preparata sopra un tavolo una sottocoppa contenente un po’ di miele. L’ape si precipita su quel pasto, ed è allora, in quell’istante, che l’operatore, cogliendo l’occasione a volo, deve incollarle sul torace il dispaccio anticipatamente preparato, e che è rappresentato ingrandito dieci volte nella fig. 2. Si vede che l’estremità del foglietto fu tagliata colle forbici in guisa da formare due peduncoli che si spalmano di colla di pesce e che si applicano in fretta sul torace dell’ape che si tien stretta in una pinzetta. Fa mestieri aver cura che la colla non tocchi le ali né le zampine dell’insetto, il quale, quando è ben pasciuto, spiega il volo e si dirige poscia in linea retta verso il suo alveare. Ma ivi incontra un ostacolo impreveduto. Infatti, davanti al finestrino di ogni alveare sì ebbe cura di predisporre una cassettina di latta munita, sopra una faccia, di fori di una dimensione appena sufficiente pel passaggio dei maschi; la parte opposta, completamente aperta, è applicata esattamente contro l’apertura del finestrino, di maniera che così per uscire come per entrare le api sono obbligate a passare per quei fori.
■ La piccola messaggiera, impedita dalla prominenza che il dispaccio forma sul suo dorso, si perde in vani sforzi per passare, ma le è giuocoforza aspettare che qualcuno venga a liberarla dal fardello che le impedisce di riguadagnare il suo nido.

“Fig. 2. – Sottocoppa contenente miele. Pinzetta. Forbici. Dispaccio ingrandito 10 volte. Vaso per la colla. Ape che porta un dispaccio.”

■ Ecco in tutta la sua semplicità il sistema di corrispondenza ideato dal signor Teynac. Si vede che nello stato attuale l’uso di esso è poco pratico; la grande difficoltà risiede nell’estensione del campo di operazione di uno stesso sciame, il che per una distanza lunga renderebbe necessaria una moltiplicità di stazioni distanti le une dalle altre tre o quattro chilometri. E vero che l’impianto di quelle stazioni non è né difficile né costoso, poiché non v’è più bisogno, come cogli altri messaggieri, di preoccuparsi della questione del nutrimento degli insetti, mentre per lo contrario ogni stazione sarebbe pel guardiano una sorgente di lucro. Ma nella maggioranza dei casi, per esempio per una città stretta d’assedio, l’impianto d’una stazione a tre chilometri dalla città è si evidentemente impossibile, che inutile sarebbe arrestarsi a dimostrarlo. Di più, quegli scambii sì vicini darebbero luogo a perdite di tempo notevoli. Rimane a sapersi se nell’ immensa famiglia degli imenotteri non sia possibile trovare un messaggiero, che, grazie ad un’istruzione paziente e ad una selezione opportunamente operata, potesse superare distanze più notevoli. Le indagini del Teynac vertono ora precisamente su questo punto; egli esperimenta il Bombus hortorum da lui addomesticato, ed è su questa via che dovranno essere diretti gli sforzi dei cercatori che vorranno dedicarsi a questo interessantissimo studio.”