Il banco scolastico

Ognuno di noi ha ricordi variegati dei propri banchi di scuola. Scomodi a prescindere, anche se magari ergonomicamente ineccepibili, personalmente ne ricordo solo spigoli, sbeccature del legno, schegge in cui si impigliavano i vestiti, piedi senza feltrini che al minimo movimento interrompevano le lezioni producendo barriti che suscitavano l’ilarità generale. Siamo portati a dare per scontato il banco di scuola, quasi subito, perché la nostra mente è focalizzata sulle lezioni e sull’infinità di distrazioni in aula e soprattutto in attesa fuori di essa. Banchi che molto spesso si trasformavano in opere d’arte, laboratori di incisione e di pittura, in cui venivano incisi messaggi, disegnate chimere e sogni e asportate parti come trofei inopinati o solo per far ingannare il tempo a mani spesso inoperose. Magari l’ultima generazione avrà opinioni ancora più complesse sul banco di scuola, visto che è stato pure provvisto di rotelle e a causa della pandemia provvisto di una bolla di esclusione tutto intorno.
In questo articolo tratto da un numero de La Scienza per tutti del 1916, in pieno conflitto mondiale le problematiche di questo oggetto di cui spesso non ci si è curato quanto si dovrebbe. Qui leggiamo di banchi più simili alle panchine dei migliori parchi d’Italia e del banco da portare a spalla per le scuole all’aperto (che bella l’aula che non ha muri!) che giustamente, visto che si può portare sui prati, fu brevettato da uno che di cognome fa Grilli.

“Fin dal 1854 da M. Barnard e poi nel 1863 dal dott. Fahner di Zurigo, venne compresa la necessità di migliorare il più importante mobile della scuola: il banco. Pure, sino a non molti anni fa, nelle nostre scuole il banco consisteva di due assi orizzontali, una che serviva da scrittoio ed una che serviva da sedile, era a quattro o cinque posti e per nulla proporzionato alla statura di chi lo occupava.
Perchè la scuola possa trarre dallo scolaro il massimo profitto, è necessario che esso sia in buone condizioni fisiche; fattore importantissimo è per ciò una posizione comoda, regolare, corretta, che permetta libertà di movimenti.

Fig. 1: “Sedile, schienale e scrittoio del banco di scuola. Distanze (positiva, nulla e negativa: a, b e c) dal sedile allo scrittoio.”

Il dottor Ragazzi dice :
« La prima condizione alla quale deve rispondere il banco è quella di essere proporzionato allo sviluppo fisico dello scolaro che lo occupa: così esso deve permettergli di entrare ed uscire comodamente dal suo posto, di sedersi e alzarsi liberamente, di stare seduto o in piedi, di leggere e scrivere in posizioni corrette e non affaticanti: inoltre il banco deve essere aperto così da permettere al maestro una facile sorveglianza, avere il posto per riporvi libri e quaderni, avere le parti mobili che funzionino senza rumore, non occupare molto posto, essere semplice, solido, leggero così da poter essere spostato facilmente per permettere una buona pulizia del pavimento e, finalmente, deve essere di costo moderato, nell’interesse dell’amministrazione».

Fig. 2: “Deviazioni della colonna vertebrale dovute all’irrazionalità dei banchi scolastici.”

Pur non volendo accusare il banco di essere la causa delle anomalie e delle deformità che i fanciulli facilmente contraggono durante il periodo scolastico, si può però affermare che esso, con la concorrenza di altre circostanze (gracilità, denutrizione), coopera alla deviazione della colonna vertebrale e favorisce la miopia, se non è costruito secondo le norme suggerite dagli igienisti. Si comprende benissimo che se il banco è troppo alto il quaderno od il libro restano eccessivamente vicini agli occhi costringendoli ad un temporaneo adattamento che costituisce una miopia temporanea, la quale può, a lungo andare, trasformarsi in vera e propria malattia.
Se il banco è troppo basso, lo scolaro è obbligato, per leggere e scrivere, ad abbassare molto la testa, posizione questa che porta disturbi di circolazione, ed a portare in avanti la persona, favorendo così le deviazioni della colonna vertebrale (cifosi e scogliosi).
Il banco deve constare di quattro parti indispensabili: lo scrittoio, il sedile, lo schienale, il poggiapiedi.
Lo scrittoio deve essere formato da due parti: l’una, la più lontana dallo scolaro, orizzontale, munita di scannellatura per le penne e le matite, e dove sarà fissato il calamaio; l’altra, che costituisce lo scrittoio, inclinata leggermente (15 gradi), perché tutti i punti siano circa equidistanti dall’occhio.
Il poggiapiedi deve essere largo quanto basta e pure inclinato; se esso manca, costringe o a tenere i piedi sul pavimento, che è freddo, o a lasciar spenzolare le gambe; ora, questa posizione, comprimendo le coscie e i loro vasi arteriosi, danneggia la circolazione e provoca una posizione obliqua che comporta una continua irrequietezza.
Un’asse, posta sotto allo scrittoio, sufficientemente larga e a debita distanza, costituisce un ripostiglio per libri e quaderni, che deve essere aperto davanti e di dietro per permettere un’accurata pulizia e per facilitare la sorveglianza del maestro.

Fig. 3: “Deviazioni della colonna vertebrale dovute all’irrazionalità dei banchi scolastici.”

Lo schienale non deve assolutamente mancare, perché non si può costringere lo scolaro a star seduto senza sostegno della colonna vertebrale: egli sarebbe forzato ad appoggiarsi in avanti sollevando or l’una or l’altra coscia, il che obbliga la spina dorsale a deviazioni. Lo schienale, (vedi figura 1) non dev’essere molto alto e deve modellarsi sulle curve della persona; sarà bene che sia unito al sedile e non incorporato al banco che sta dietro; il sedile pure deve essere curvo perchè nessuna parte delle coscie venga compressa.

Fig. 4: “Banco Pezzarossa, di legno a due posti, con assicella mobile per ripiegamento, con sedili separati e fissi.”

Il banco preferibile è quello a un posto, ma, dovendo fra una fila di banchi e l’altra lasciare un corsello, per economia di spazio, vengono generalmente adottati quelli a due posti. Vi sono banchi costruiti in legno, altri in legno e ferro per renderli più solidi; però questi ultimi sono meno facilmente trasportabili. È bene invece che il banco sia leggero per facilitare un’accurata pulizia. I banchi d’antico modello avevano l’orlo dello scrittoio eccessivamente lontano dall’orlo del sedile costituendo così un banco detto a distanza positiva.

Fig 5: “Banco Simonetta in ferro e legno.”

Se la perpendicolare calata dall’orlo dello scrittoio va a cadere sull’orlo del sedile, si dice allora che la distanza è nulla; la distanza può essere anche negativa. Se il banco è a parti fisse la distanza positiva è molto dannosa. Infatti si comprende che lo scolaro, per leggere e scrivere, è costretto a portare il corpo in avanti, posizione scorretta e faticosa che obbliga ad appoggiarsi ora su l’uno ed ora sull’altro avambraccio, con conseguenti torsioni della colonna vertebrale.

Fig. 6: “Banco-zaino Grilli (brevetto N. 113-968) per le scuole all’aperto.”

La distanza deve dunque essere negativa o, per lo meno, nulla; in tal caso, se si ha un vantaggio quando lo scolaro è seduto, gli è resa impossibile la posizione in piedi; sarebbe obbligato ad uscire nel corsello. È quindi necessario che la distanza sia negativa quando lo scolaro scrive o legge, ma possa divenire positiva quando deve alzarsi. Ciò si ottiene in diversi modi: costruendo il banco con distanza negativa, ma rendendo mobile lo scrittoio o il sedile. Il sedile è reso mobile mediante cerniere che da orizzontale gli permettano di divenire verticale (vedi figura 8, a sinistra); si capisce che, se anche la distanza è negativa, lo scolaro, nell’alzarsi, solleva il sedile ed ha spazio sufficiente per poter stare comodamente in piedi. Quando il sedile è fisso può essere mobile in modo analogo, per ripiegamento, lo scrittoio (vedi figura 8 a destra).

Fig. 7: “Il «banco Retting»: fissato a cerniera al pavimento, può ruotare per un quarto di giro.”

A questo proposito però il Badaloni osserva:
« Può dirsi che oggi esiste un completo accordo tra gli igienisti e i pedagogisti sulla forma da dare alle singole parti del banco: resta però ad essi di accordarsi sulla questione se debbano preferirsi i banchi a parti fisse o a parti mobili.»
In una relazione del Torraca si legge :
«Non parrà credibile, ma i banchi di forma razionale non sempre piacciono ai maestri. C’è stato un corpo insegnante che, in aule nuove, fornite di mobili nuovi, ha chiesto banchi di forma antica per la ragione che le parti mobili dei nuovi producono rumore quando gli alunni li maneggiano».
Però la questione può essere risolta così: i banchi vengono costruiti con distanza positiva, che permette allo scolaro di alzarsi e di uscire comodamente dal suo posto. Essendo però indispensabile dal lato igienico che la distanza diventi negativa quando lo scolaro deve leggere o scrivere, si è reso mobile lo scrittoio per scorrimento. Il rumore, con tale sistema, è molto minore di quello prodotto dai sedili. Non sarà difficile al maestro sorvegliare che l’assicella sia tenuta nella posizione voluta durante la scrittura e la lettura.
Alla scuola «Rinnovata secondo il metodo sperimentale», di Milano, al sedile venne sostituita una seggiolina completamente mobile: se ciò presenta il vantaggio di poter più facilmente muovere e spostare il banco, richiede però una continua ed accurata sorveglianza da parte dell’insegnante perché il sedile venga collocato e mantenuto a debita distanza.

E veniamo ora a parlare dei tipi di banchi maggiormente conosciuti e usati. Ve ne sono di svariatissimi, di complicati; ci limiteremo a parlare dei principali.
Il banco Pizzoli è costruito in legno e ferro, è a due posti, ha il sedile fisso, l’assicella mobile per scorrimento. Il sedile, pur rispondendo a tutte le norme igieniche per ciò che riguarda la forma, ha però l’inconveniente di essere unito; sarebbe bene che per ogni scolaro vi fosse un sedile separato per ragioni di disciplina e per facilitare la circolazione dell’aria.
Il banco Pezzarossa è in legno, pure a due posti, con assicella mobile per ripiegamento, con sedili separati e fissi.
Il banco Retting è tutto a parti fisse, a due posti, con distanza lievemente negativa, in ferro, solidissimo. Per mezzo di speciali articolazioni è fissato al pavimento da una parte, e lo si può ribaltare, come si vede [dalla figura 7]; il che permette un’accurata pulizia di tutto il pavimento. Naturalmente il calamaio non è rovesciabile.
Un banco che presenta qualche analogia col precedente e che, pur presentando qualche vantaggio, richiede delle modificazioni al sedile e allo schienale, è quello del prof. Simonetta.
L’autore dice:
«Naturalmente, volendo ottenere la maggior possibile facilità di accesso al banco, ho dovuto fermarmi imprescindibilmente sul banco a due posti, il quale rappresenta per se stesso, se non l’optimum, almeno il bene in riguardo all’igiene ed anche in riguardo alla pedagogia, che avrebbe per ideale il banco assolutamente individuale. Prima di tutto pensai al materiale di costruzione. Esso doveva, nelle parti di sostegno, accoppiare alla maggiore solidità il minor volume possibile, ed è appunto perciò che, escluso il legno e scartato il ferro fuso, ho dato la preferenza al ferro a T battuto. Il legno infatti rappresenterebbe un diaframma assai cospicuo, che impedirebbe certamente la circolazione d’aria, tanto necessaria; il ferro fuso ha l’’inconveniente di non poter esser preparato altro che da officine speciali, che non si trovano in tutti i paesi e villaggi, esige poi modelli, forme, ecc. (e ciò ne aumenta assai il prezzo), è assai fragile e le fratture di esso non possono essere accomodate da tutti i fabbri ferrai — i quali invece sono sempre e tutti capaci di dare al ferro a T le foggie che desiderano e di fare tutte le riparazioni eventuali; riparazioni di cui, del resto, sarà rarissimo il bisogno perché il ferro a T è robustissimo.»

Fig. 8: “Sedile mobile a sinistra; scrittoio mobile adestra.”

Ora che abbiamo un’idea del materiale da costruzione di questo banco, veniamo alla forma.
Esso ha tutte le parti fisse, ed essendo a distanza lievemente negativa, lo scolaro, se deve alzarsi in piedi, non può stare nel banco, ma deve uscirne. Il sedile è di un sol pezzo per i due posti; la spalliera consta di una traversa di legno orizzontale convessa anteriormente. Il cassetto è abolito ed è sostituito da una tavoletta posta sotto lo scrittoio; per impedire che i libri possano cadere in avanti, è stata messa una serie di fili metallici fra lo scrittoio e la tavoletta.
Come vedesi in quella delle nostre illustrazioni che lo rappresenta, il sedile e la spalliera dovrebbero essere modificati, ma l’autore parte dal principio, molto discutibile, che l’ufficio dello schienale è molto limitato. Un grande vantaggio presenta questo banco: solidità ed economia.
Il banco di Lickroth ha il sedile mobile automaticamente girevole sul proprio asse; quando lo scolaro si alza, il sedile si porta indietro. Speciali contatti di feltro eliminano il rumore e il pericolo di schiacciarsi le mani.
Accennerò, da ultimo, al banco-zaino Grilli, modernissimo, per le scuole all’aperto. È leggero, comodo e facilmente trasportabile come è bene, anzi necessario, sia in questo tipo di scuole. Certo non è fatto per scuole comuni.

Fig. 9: “Tipo del banco Pizzoli, in ferro e legno, con sedile fisso e tavolo mobile per scorrimento.”

Abbiamo visto, fin dal principio di questo articolo, la necessità che lo scolaro si trovi, quando scrive, in posizione corretta; sia per avere un buon profitto, sia perché non contragga abitudini di cattive posizioni che, a lungo andare, possono nuocere al suo fisico. Ora, il bambino non lavora solo nella scuola. La tanto dibattuta questione dei compiti di casa non è ancora risolta, e si continua ad assegnare compiti, non lunghi né gravosi, ma che pur richiedono un certo tempo di occupazione da parte dello scolaro. È difficile nelle case trovare una tavola e una sedia adatte alla statura del fanciullo, ed è pure difficile poter sorvegliare che la sedia sia messa ad una giusta distanza dalla tavola.
Il fanciullo ingombra ovunque con libri e quaderni, se non ha un posto fisso e comodo per riporli. Il calamaio, appoggiato sulla tavola, è facilmente rovesciabile e sarà raro trovare un ragazzo che, in queste condizioni, non imbratti tavola, quaderno, pavimento… Come si vede, tutto questo complesso di cose non è certo fatto per ottenere il massimo profitto dallo scolaro durante l’ esecuzione dei compiti di casa.
Ora, molte famiglie possono disporre dell’esigua somma occorrente per comperare un banco — perché dunque non viene esso introdotto nella casa? Molto probabilmente perché non si sono ben misurati i vantaggi che ne deriverebbero.
Si metterebbe lo scolaro nelle condizioni volute dall’igiene perché possa tenere una posizione corretta; sì eviterebbe ingombro di libri e quaderni: il calamaio, essendo fissato al banco e non sporgente da esso, non verrebbe rovesciato; le penne, posate nell’apposita scanalatura, non macchierebbero né rotolerebbero a terra; lo scolaro sarebbe insomma a suo agio e, io credo, lavorerebbe meglio e più volentieri.
Il banco, in questo caso, potrebbe essere a un posto, con sedile mobile, perché il rumore in casa non porterebbe le conseguenze che dà in scuola.
Mi si dirà: dato che il banco deve essere proporzionato alla statura dello scolaro, non può durare per tutto il periodo scolastico. Ma in quelle famiglie ove i figliuoli sono due o tre, il banco che prima ha servito al maggiore potrà servire poi al secondo e pel primo se ne acquista un altro adatto alla sua statura. Del resto non sarebbe difficile, qualora il banco venisse introdotto nelle case, di aiutarsi fra conoscenti o di potere, comperandone uno nuovo, scontare quello usato.
Vi è un banco che, per mezzo di speciali articolazioni, può venir modificato nell’altezza, tanto del sedile quanto dello scrittoio, così da poter durare per tutto il periodo scolastico. Questo meccanismo, naturalmente, aumenta il prezzo, ma di banchi comuni se ne possono avere invece di buoni con una spesa relativa.
Ad ogni modo, chi vorrà mettere in atto questa idea ricordi sempre che la distanza fra scrittoio e sedile deve essere negativa quando lo scolaro scrive, e che il banco deve essere posto in modo che la luce venga dalla sinistra di chi lo occupa.
T. ALBINI.”
da La Scienza per Tutti, Anno XXIII – N. 10 – 15 maggio 1916