I bizzarri coltelli africani e le loro trasformazioni (1901)

Da La Lettura, Anno I, N. 10, ottobre 1901.

(Da un articolo di L. Frobenius nel Prometheus di Berlino del settembre).
[nota: in realtà l’articolo viene dal numero del 28 agosto della rivista Prometheus.]

“■ È una cosa strana! Un istrumento così semplice e direi quasi naturale quale è il coltello — compresi «li parenti suoi»: il pugnale, la daga, la spada — manca persino a molti popoli, che pure esercitano, con buon successo, l’industria del ferro. Pare impossibile! Eppure la cosa non è infrequente nel sud e nell’est dell’Africa. Persino per gli intagli in legno adoperano il ferro delle lancie e le sue punte. Il coltello non viene, a così dire, che come una conseguenza della lancia. E perciò la forma della maggior parte dei coltelli africani ricorda quella del ferro di lancia delle rispettive tribù e, di rimbalzo, quella d’uno spiedo.
■ Altra cosa è nel bacino del Congo. Ivi si trovano già magnifiche lancie a punta lunga e larga, per lo più scolpite e di quasi artistico aspetto. La lama dei coltelli (fig. 1 a 5) assume anch’essa l’uguale forma di fronda. È quasi da chiedersi se a questi arnesi spetti ancora il nome di coltelli. Certo si prestano assai poco a tagliare. Come la mamma loro, la lancia, servono abitualmente a colpire di punta.

“Fig. 1. – Lancia e coltello del medio Lomani (Collezione Brandt).”
“Fig. 2. – Lancia e coltello del basso Ubongi.”
“Fig. 3. – Due coltelli dell’alto Lomani (Collezione Brandt.)”

■ Stupefacente assai è lo sviluppo preso dall’industria de’ coltelli nelle forme curve e simmetriche al Congo e al Sudan. Sembra quasi di primo acchito, che esse la facciano in barba a tutte le teorie scientifiche della lunga e lenta derivazione di cosa da cosa. Realmente però anch’esse non sono che una conferma di questo principio. Vediamo i coltelli delle fig. 5 a 7. Il primo, che proviene dal Sudan settentrionale, è un giavellotto, come serve ai popoli del deserto nelle caccie ai volatili e alla selvaggina o come lo avevano già gli antichi egiziani. Le altre due figure, invece, sono delle mazze, ma certamente provengono dal giavellotto e si costumano nel Congo. È anche naturale. Ivi, nel Sud, si stendono le grandi foreste vergini, in cui il giavellotto poco o punto servirebbe. Gli si applica un manico, un’asta ed ecco una mazza. Da questi due tipi deriva poi la innumerevole famiglia de’ coltelli curvi: dal giavellotto, originariamente di legno, il dardo; dalla mazza a larga foglia il coltello a sciabola, e a seconda della patria della forma originaria i dardi si moltiplicano nelle savanne del Nord e i coltelli a sciabola nelle foreste del Sud.

“Fig. 4. – Lancia e coltello del basso Aruvimi. (Collezione Brandt).”
“Fig. 5 a 7. – Armi dei Tuareg e dei Balolo.”

■ Schurtz, il primo che si sia dato con buon successo allo studio de’ dardi, ne fa la seguente descrizione, che comprende tutte le forme: «Il ferro de’ giavellotti è un’arma tagliente, un coltello di ferro, provvisto di varie lame sporgenti; una impugnatura, più o meno artistica, non manca quasi mai. Quest’arma viene scagliata orizzontalmente, in modo che descrive delle curve su sé stessa e, dove colpisce, taglia con le molte sue lame. « La terribile arma è in uso dal Nilo al Niger. Il suo sviluppo è dimostrato, in otto stadî, dalla fig. 8. Lo stadio I è un semplice giavellotto in ferro. Questa è la lama A. Dalla parte interna ecco il virgulto B (stadio II), che serve a facilitare il porto dell’arme sulla spalla, mentre quello C (dello stadio III) esce direttamente dall’asta ricurva. Ma ben presto questa escrescenza perde la sua forma diritta e si curva. La prominenza D, a sua volta, serve originariamente a puntello (stadio V) che si cinge di pelle, ma poi diventa anch’esso una forte lama tagliente. Nello stadio VII comincia l’incurvamento: il virgulto B sparisce. E infine, nello stadio VIII, A e C formano una sola cosa. La trasformazione da I a IV si manifesta tra il Nilo e il Niger, quella da V a VII soltanto nel paese meridionale fra il lago di Tsad e il Congo.

“Fig. 8. – Gli otto stadi di sviluppo del giavellotto.”
“Fig. 9 a 20. – Fig. 9 e 18 Mosgu, 17 Adamaua, 11, 12 e 26 Fede, 13, 14, 15, territorio settentrionale de’ Sanga, 16 Ubangi, 17 Cordofan.”
“Fig. 21 a 23. – Gruppo sud de’ giavellotti, stadio VI. – Fig. a destra Adamaua, le altre due Ubangi.”
“Fig. 24 a 31. – Fig. 24, 25, 27, 29 e 39
“Fig. 32 a 35. – Coltelli a sciabole. Forme primitive. Fig. 32 del Sanga, 33 dell’Obowa, 34 dell’Ubangi, 35 del Dahomey.”
“Fig. 39 a 45. – Coltelli a sciabole. (Gruppo occidentale). Fig. 39 e 42 dell’Adamaua, 40 del Congo. 41, 48, 44 e 45 dell’Ubangi.”
“Fig. 36 38. – Coltelli a sciabola. (Gruppo medio). I «Trumbasehe» de’ Mangbatta.”
“Fig. 46 a 53. – Coltelli a sciabola. (Gruppo orientale). Fig. 46 dalla Cateratta di Stanley, 47 de’ Wambaba, 48 e 49 de’ Lur, 50 e 51 de’ Mamfu, 52 e 53 de’ Mangbatta. Tutti de territorî dell’Aruvime e dell’Uelle.”

■ Se poi consideriamo i giavellotti del gruppo settentrionale — di cui le fig. 9 a 20 — vi troviamo soltanto delle armi a lama stretta, tranne quella della fig. 16 che proviene dal sud. Ma tutte rivelano già un certo grado di cultura e cioè, purtroppo, la ferma volontà d’un serio combattimento.

“Fig. 54 e 55. – Coltello del boja de’ Bangala.”

■ Invece, i giavellotti del sud (fig. 21 e 23) sono larghi, fantastici, quasi allegri; paiono de’ trastulli, delle bizzarrie. E la loro trasformazione si vede agevolmente nelle fig. 24 a 31. Ma perché queste stranezze, queste puerilità di forme? Gli è che nel sud il giavellotto non viene quasi punto scagliato sul serio. È un’arma più che da combattimento, da minaccia. E, in ogni caso, a forza di voler parere terribile, più che al gettito può servire a menar colpi…
■ Come dissi, dal giavellotto di legno derivò però anche un’arma pure in legno, la mazza curva. Da questa, alla loro volta derivarono i coltelli a sciabola, che fra il Nilo e il Sudan hanno una larga parte nell’armeria africana. Le forme semplici del coltello a sciabola le vediamo nelle figure 32, 35, 30, 38 e 39 e dalle loro trasformazioni risulta evidentemente che quegli Africani divennero accorti come il giavellotto cade naturalmente con l’estremità ossia con la punta all’ingiù. E perciò questa punta è fatta sempre più larga e forte. Molto interessante è di constatare che i Mangbatta, i quali vivono al confine tra le zone dì diffusione delle armi del gruppo orientale e del centrale, oltre che de’ tipi estremi delle due classi — tanto della figura 37, quanto della fig. 53 — possiedono anche un tipo loro proprio, un tipo misto, come risulta dalla fig. 54.

“Fig. 56. – Una decapitazione presso i Bangala.”

■ Devo ancora ricordare un’arma, in cui si congiungono e confondono il gruppo sud del giavellotto e il gruppo occidentale de’ coltelli a sciabola, e cioè il coltellaccio de’ carnefici. Questo orribile strumento di morte lo vediamo nella figura 55 e la sua sciagurata applicazione ci sì presenta nella fig. 56. Nelle tribù del Congo centrale — i Balolo della sponda meridionale e i Babangi o Bajansi della sponda settentrionale — si uccidono degli schiavi, talvolta perché sono veramente colpevoli, ma spesso anche perché sono de’ nemici fatti prigionieri o delle vittime per il culto religioso od anche — orribile a dirsi! — soltanto per sfoggio! Dei ricchi, che possiedono centinaia di schiavi, volendo far pompa delle loro dovizie, non trovano di meglio che far fare strage di alcuni de’ loro più pregevoli schiavi! Tra i Bangala la povera vittima viene fatta sedere, le gambe tese e ferme in ceppi al suolo, le braccia e le mani legate a un palo confisso nel terreno. Si spoglia delle foglie e de’ rami un giovane albero e l’estremità del duttile tronco si circuisce con de’ ceppi al capo del disgraziato. Dietro a questo appare l’esecutore e con un forte colpo separa il tronco dalla testa, che s’innalza col tronco liberato e continua ad oscillare alla sua dondolante estremità.”