di Carlo Foà.
Da Sapere, Anno I, Volume I, N. 1, 15 gennaio 1935.
“L’indagine fisiologica che ha fornito le basi dottrinali ed i mezzi strumentali indispensabili per i voli ad altissima quota, pel record di Donati, non ha da dare suggerimenti importanti pel volo velocissimo. Solamente essa potrà contribuire ad una più affinata selezione dei piloti d’alta velocità, conoscendosi quali siano i meccanismi fisiologici che entrano in giuoco ed i disturbi che l’alta velocità può provocare. Devesi anzitutto stabilire che questa di per sé sola, per quanto alti valori raggiunga, non è causa di alcun disturbo. L’organismo umano, riparato dalle correnti d’aria, mentre la traslazione perdura con velocità uniforme, anche se altissima, non ne soffre per nulla. Sono solamente le variazioni di velocità e di direzione quelle che l’organismo risente, e cioè i mutamenti positivi o negativi dell’accelerazione e quelli che gli vengono impressi dalle inclinazioni e dalle volte dell’apparecchio.
Gli apparati fisiologici atti a percepire queste variazioni e che di esse possono più o meno gravemente soffrire sono diversi, ma uno sopra tutti, per la sua particolare costituzione anatomica, è destinato a siffatta forma di sensibilità ed è il labirinto dei canali semicircolari, situato nell’orecchio interno (Fig. 1).

“Fig. I. – Rappresentazione diagrammatica di tutto l’organo uditivo umano secondo Debièrre. 1. padiglione auricolare; 2. condotto uditivo esterno; 3. membrana del timpano; 4. ossicini: incudine, martello, staffa; 5-6. tromba o tubo di Eustachio; 7.Cavità del vestibolo ripiena di perilinfa; 8. Canali semicircolari e otricolo; 9.Chiocciola (organo uditivo).”
Trattasi di tre minuscoli canali ossei a forma di cerchio incompleto, situati in tre piani fra loro ortogonali, cioè nelle tre dimensioni dello spazio sensibile, le cui estremità sboccano in un vestibolo (Fig. II e III).
Per entro i canali ossei e adattati alla loro forma, stanno i canali membranosi che nel vestibolo formano due sacchetti: il sacculo e l’otricolo. Tra le pareti del canale membranoso e quelle del canale osseo v’ha uno strato di liquida linfa, la perilinfa; entro il canale membranoso sta un simile liquido, l’endolinfa.

“Fig. II e III. A sinistra: labirinto osseo isolato veduto dal suo lato esterno. A destra: lo stesso visto dal suo lato interno. A) canale semicircolare superiore con a) sua estremità ampollare; B) canale semicircolare posteriore con b) sua estremità ampollare; C) canale semicircolare esterno con c) sua estremità ampollare, 1. finestra ovale, 2.finestra rotonda, 3.vestibolo, 4. chiocciola (organo uditivo), 5. condotto uditivo interno, 6.acquedotto di Falloppio.”
In punti differenziati delle pareti dell’ampolla, del sacculo e dell’otricolo che prendono il nome di creste e di macule si trovano cellule sensoriali che sulla loro libera superficie recano delle lunghe ciglia (Fig. IV), tutte conglutinate in una massa gelatinosa, e su questa poggiano gli otoliti, minuscoli cristallini prismatici dalle microscopiche dimensioni di 14 millesimi di millimetro.

Le cellule cigliate sono riccamente innervate ed i filuzzi nervosi sensitivi che da esse si partono, vanno a formare il ramo vestibolatore dell’ottavo paio di nervi cranici, e per esso recano le sensazioni a determinati centri cerebrali (Fig. IV e V).
L’apparato labirintico ora descritto non fornisce sensazione alcuna sinché il corpo è fermo o per tutta la durata d’un movimento uniforme per quanto veloce, ma non appena vi siano variazioni della velocità di traslazione entrerà in giuoco l’inerzia, stabilendosi una differenza di velocità fra la parete di un canale semicircolare e l’endolinfa, per cui questa viene a scorrere sulla, cresta nello stesso senso o in senso contrario al movimento del canale, provocando una flessione delle ciglia delle cellule sensitive, e generando così una sensazione più o meno viva che ci avverte delle variazioni di velocità anche senza il controllo della vista o d’altri sensi.

Poiché i tre canali semicircolari sono situati nelle tre dimensioni dello spazio, ciascuno di essi ci rivelerà le variazioni di velocità e quelle della posizione del corpo che avvengono nel piano in cui esso giace (Fig. VI e VII). Durante l’accelerazione o il rallentamento della traslazione, o durante una brusca variazione di direzione, interviene una sollecitazione d’inerzia anche nel sacculo e nell’otricolo, in quanto gli otoliti poggiano sulla massa gelatinosa, che tocca l’epitelio sensibile, seguendo con ritardo il cambiamento di velocità del corpo e ciò fa variare la pressione che essi esercitano sull’epitelio, destando la sensazione precisa del movimento e delle sue variazioni. Quando la sollecitazione d’inerzia esercitata sugli otoliti è molto forte, intervengono riflessi nervosi che alterano profondamente il respiro e la circolazione sanguigna e provocano l’irrigidimento dei muscoli. Quest’ultimo può essere causa di disastri aviatori perché i muscoli delle braccia irrigiditi fissano i comandi: in modo inadeguato all’equilibrio dell’apparecchio che invece, lasciato a sé, potrebbe equilibrarsi spontaneamente. Una soverchia eccitabilità labirintica può quindi provocare gravi disturbi ed è necessario determinarne il grado per giudicare se il pilota sia idoneo ai voli d’alta velocità che esigano rapide volte.

La sensibilità dell’apparato vestibolare viene saggiata sottoponendo il corpo del pilota a movimenti rotatori mediante apposite sedie girevoli, ed osservando i disturbi che ne conseguono.
I soggetti più sensibili provano un senso di ambascia e di nausea, divengono o molto pallidi oppure congesti in volto, hanno tremore.e vomito, perdono l’equilibrio e divengono momentaneamente incapaci di dirigere i movimenti della mano sovra un apposito bersaglio. Un modello di sedia rotatoria molto bene studiato è quello di M. H. Fischer-Toennies, posseduto anche dal prof. Khayel Arslan di Padova, che ne ha descritto lucidamente l’uso.
Solamente i piloti che alla prova sperimentale dimostrano una relativa insensibilità dell’apparato vestibolare possono cimentarsi coi voli velocissimi e soprattutto con le virate strette e veloci, ove interviene la forza centrifuga, il cui valore per una data velocità è inversamente proporzionale al raggio della curva percorsa. Si producono allora disturbi simili a quelli che soggetti particolarmente sensibili avvertono in automobile o in giostra, o nel taboga per rapide variazioni di velocità, soprattutto in curva, congestione del volto, impressione di vuoto nella testa, stiramenti e dolori nei visceri addominali, brusche perdite di controllo di se stesso e inibizione fugace dei movimenti. I piloti che presero parte a gare di acrobazia o di velocità riferirono che nelle curve strettissime vedevano “nero” mentre vedevano “rosso” nella grande volta invertita.
Il pilota esercita sul seggiolino una spinta il cui valore è uguale al prodotto della massa del suo corpo per l’accelerazione impressa dalle variazioni di velocità del volo. Il limite estremo che può essere sopportato dall’organismo umano corrisponde per una velocità di 450 km.-ora ad una curva di 200 m. di raggio, mentre ai 200 km.-ora corrisponde ad una curva di 39 m. di raggio.
Alla velocità di 500 km.-ora, se si volesse fare una curva di 200 metri di raggio, un pilota del peso di 70 kg. subirebbe una pressione di 825 kg. L’urto subito dal pilota è in funzione della differenza fra i valori successivi della velocità e del tempo che impiega questa differenza a realizzarsi. La forza viva che vien messa in gioco si fa risentire soprattutto sulla massa dei visceri toracici e addominali che tendono a spostarsi stirando o comprimendo i loro legamenti ed i loro rami nervosi sensitivi. Le improvvise forti variazioni dell’accelerazione possono determinare la frattura di talune ossa, ed essere gravemente risentite nel collo, sia per i delicati organi nervosi e vascolari che vi passano, sia perché deboli sono le articolazioni delle vertebre cervicali. È necessario perciò che in questi casi il capo sia sorretto e fissato ad un apparecchio di contenzione.
Padre Gemelli, che in un suo recente discorso al Congresso della Società per il progresso delle scienze, ha diffusamente trattato della fisiologia dell’uomo nelle varie condizioni del volo, ricorda fra l’altro come v’abbia chi ritiene che il veder “nero” dipenda dall’improvviso arresto della circolazione di sangue nella retina, mentre il veder “rosso” nella gran volta invertita dipenderebbe da un maggiore afflusso di sangue nell’occhio, determinato dalla forza centrifuga che agisce in direzione opposta. L’anemia dell’occhio sarebbe dovuta all’affluire ed al ristagnare del sangue nei visceri addominali, e l’inglese Marshall consiglia di fasciare l’addome con un largo corsetto flessibile ma inestensibile. L’oscuramento della vista può durare sino a venti secondi, e, poiché s’accompagna con una momentanea anemia cerebrale, si ha pure una momentanea e fugace perdita della coscienza, che subito si dilegua non appena la voltata è finita e l’apparecchio si rimette sulla linea diritta.
La resistenza delle ossa, delle articolazioni, dei muscoli, dei vasi sanguiferi nonché la salda costituzione dei visceri del torace e dell’addome e soprattutto la tonicità delle loro connessioni anatomiche, sono gli elementi della resistenza individuale alle variazioni estreme dell’accelerazione. L’allenamento aumenta gradatamente la resistenza, ed il coraggio del pilota nonché la sua noncuranza dei disturbi che lo fanno tetragono alla sofferenza, nella tensione acutissima della volontà, sono gli elementi indispensabili del trionfo.
Ma per quanto giovi l’allenamento, per quanto i movimenti del pilota destinato a mantenere la velocità e la rotta, a variare la direzione e la quota ed a correggere e compensare gl’incidenti improvvisi, gradatamente divengano automatici e si compiano perciò senza sforzo e senza il sussidio di una troppo tesa attenzione; e per quanto la sensibilità del pilota acuta e pur non eccessiva, rappresenti pur sempre la volontà intelligente che domina le strutture e gli elementi, v’hanno tuttavia condizioni fisiologiche che non potranno essere superate mai e che costituirebbero una limitazione soverchia ed umiliante se non soccorressero meccanismi atti a sostituire e ad integrare i poveri sensi dell’uomo, il più inetto degli animali; condannato dalla sua costituzione a camminare aderente alla terra.
Ma ormai i sei gradi di libertà interdipendenti e responsabili dell’equilibrio che il Crocco ha profondamente analizzato e studiato debbono trovare nel pilota «non un servomotore automatico ma un servomotore intelligente» al quale debbono recare continue indicazioni i più delicati strumenti di bordo. Non si può richiedere all’uomo più di quanto la sua costituzione fisica e psichica possano dare, al di là dei limiti imposti dai suoi sensi non fatti per vivere in volo. Ma non c’è bisogno di questo: l’inclinometro, lo sbandometro e l’indicatore di accelerazione forniscono al pilota dati più sicuri di quelli che non senza disturbi e pericolosissimi errori vengono forniti alla coscienza dall’apparato vestibolatore e degli altri sensi.
Il volo in velocità è problema essenzialmente strumentale. L’ingegneria ha tali mezzi da sostituire vantaggiosamente quelli scarsi e limitati di cui l’organismo umano dispone.”