Da Le Vie d’Italia, Anno XXXI, N. 10, ottobre 1925.
Di G. Almagià.
” ■ Tutto l’equipaggio è al suo posto di manovra. Il Comandante è sul palco di comando coll’Ufficiale di rotta e quello destinato al servizio dei segnali, gli altri Ufficiali di Vascello sono ai posti loro assegnati in coperta o sulle tughe, gli Ufficiali macchinisti nei locali delle macchine e delle caldaie, gli altri Ufficiali ai varî posti indicati nello speciale ruolo delle destinazioni. All’ordine di salpare, dato dal Comandante, viene messo in azione l’argano elettrico od a vapore, che prima trae su la pesante catena, cui è ammanigliata l’ancora, poi con potente sforzo strappa l’ancora dal fondo, dove essa ha fatto salda presa durante la permanenza nel porto.
■ Quando l’ancora «ha lasciato», termine marinaresco che significa «ha lasciato il fondo», cioè si è divelta da quello, la nave rimane in potere delle sole macchine, giacché nulla la trattiene più alla terra.
■ Ma, tranne casi eccezionali, il Comandante attenderà a servirsi delle macchine, per mettere avanti, che l’ancora sia stata sistemata al posto, che dovrà conservare durante la navigazione, e ciò per evitare il pericolo che essa, appesa alla catena, possa col movimento in avanti della nave urtare contro lo scafo. Quando tutto è pronto, il Comandante ordina, per mezzo di speciali telegrafi meccanici, installati sul palco di Comando, di muovere opportunamente le macchine.
■ E l’ordine, che giunge nel locale centrale delle macchine, sia per mezzo dei telegrafi stessi, sia oralmente per mezzo di portavoce di controllo, viene istantaneamente eseguito, e le potenti macchine si mettono in moto.

Molti certo dei lettori de Le Vie d’Italia avranno avuto occasione di vedere delle navi da guerra in moto, alcuni avranno anche avuto la fortuna di scendere nei locali interni e visitare le macchine è le caldaie, ma ben pochi, io credo, avranno potuto formarsi un chiaro concetto di quello che è l’apparato motore della nave.

T, labirinti a vapore; S, cuscinetti portanti; E, corone di tenuta; N, cuscinetto di equilibramento; R, tamburo rotante; C, palettatura a vari salti di pressione; B, entrata del vapore; A, scarico del vapore.”
■ Io mi propongo, coll’aiuto di qualche bella fotografia, di spiegare ciò nel modo più semplice e chiaro possibile, confidando che la mia modesta opera valga ad affezionare sempre più il pubblico alla nostra Marina da guerra, che con sacrifici spesso dai più ignorati, con continue logoranti fatiche, tiene sempre alto il nome d’Italia.
■ Ho parlato poco più sopra di «apparato motore della nave». Non si deve fare confusione tra ciò che si chiama «apparato motore» con ciò che si chiama «apparato evaporatore».
■ Quest’ultimo è costituito dalle caldaie, ed ha questa denominazione, perché nelle caldaie si converte l’acqua in vapore per mezzo del calore sviluppato da adatto combustibile opportunamente bruciato nei forni.
■ Il vapore ad una notevole temperatura e pressione passa ad agire nelle macchine, che costituiscono l’apparato motore della nave. Il vapore, per mezzo di speciali valvole di distribuzione, viene introdotto alternativamente da una parte e dall’altra di certi organi, detti stantuffi, moventisi entro i cilindri delle macchine. Il moto alternativo degli stantuffi viene convertito in moto rotatorio di un asse, che si chiama propriamente asse motore, e che termina nella sua parte poppiera coll’elica.
■ Questa, girando, imprime il moto alla nave.
■ Il processo, che ho sommariamente descritto, si verifica nelle macchine alternative ancora in uso sia nella marina mercantile, sia in quella da guerra. Da diversi anni però, in seguito all’invenzione dovuta al Parsons (1884) di un pratico ed efficiente motore rotativo, che fu denominato Turbina per similitudine di funzionamento colle turbine idrauliche, sulle più moderne e veloci navi da guerra e da commercio si è andato via via adottando questo ultimo tipo di motore (turbomotore o motore a turbina).
■ E di questo soltanto è naturale che io tratti alquanto diffusamente (dei motori a combustione interna e dei motori elettrici, usati su speciali tipi di navi, e specialmente sui sommergibili, non posso parlare qui. Mi limito a pubblicare due belle fotografie che illustrano questi due tipi di motore).

■ I vantaggi che il turbomotore presenta sul motore alternativo sono grandi: primo tra tutti quello di poter conseguire lo sviluppo della massima potenza con maggiore facilità e minore consumo di combustibile.
■ Nel motore a turbina il vapore non agisce per effetto della pressione come avviene nel motore alternativo, ma agisce in virtù della velocità che acquista, espandendosi attraverso speciali canali di conveniente sezione divergente, che sono chiamati ugelli o distributori, canali che permettono di avviare il vapore stesso tra le palette disposte alla periferia di una o più ruote costituenti l’organo motore.
■ Gli ugelli o distributori sono passaggi fissi, le palette sono passaggi mobili del vapore. L’organo motore o rotore (come comunemente si chiama) è unito direttamente, o con l’intermediario di speciali ingranaggi, all’asse di trasmissione del propulsore.
■ Da questa schematica descrizione del funzionamento delle turbine si comprende la grande semplicità di tale tipo di motore.
■ A seconda poi che il vapore agisce sulle palette del rotore completamente per effetto della sua velocità, oppure continuando ad espandersi tra le palette, si hanno due tipi di motori: turbina ad azione nel primo caso, turbina a reazione nel secondo.
■ In pratica non esistono turbine a completa reazione, ma sono chiamate turbine a reazione quelle nelle quali il vapore agisce principalmente per espansione. Le turbine Parsons del tipo primitivo sono turbine a reazione.
■ In sostanza la più notevole differenza tra i due tipi di turbine ora enunciati sta in questo:
Nelle turbine a reazione vi è differenza di pressione e di velocità del vapore all’entrata ed all’uscita delle palette della parte mobile (ruota), mentre nelle turbine ad azione tanto la pressione quanto la velocità del vapore hanno lo stesso valore sia all’entrata, sia all’uscita della stessa ruota mobile.
■ Evidentemente nel primo caso si avrà una maggiore possibilità di perdita per sfuggita di vapore tra ruota e ruota, mentre minor probabilità vi sarà nel secondo caso.
■ In conseguenza e per limitare le perdite sarà utile adoprare turbine ad azione nelle alte pressioni, e a reazione nelle basse.
■ L’esame delle figure schematiche, che accompagnano questo articolo, permette di rendersi conto della differenza tra la palettatura delle ruote nei due casi, permette cioè di distinguere a prima vista i due sistemi; giacché nel caso delle turbine ad azione si hanno passaggi a sezione costante, mentre nel caso di quelle a reazione si hanno passaggi a sezione variabile.
■ In quasi tutte le turbine vi sono parecchi ordini di distributori e di ruote.
■ Attualmente diversi sono i sistemi di turbine in uso, e va sempre più generalizzandosi il tipo misto, che partecipa cioè del sistema ad azione ed a reazione ad un tempo.
■ Sempre esaminando le figure, si può vedere abbastanza chiaramente come il vapore agisca per produrre la rotazione dell’albero motore, e come, dopo di aver agito così nei diversi ordini di ruote e distributori, si scarichi al condensatore (il condensatore è uno speciale recipiente, nel quale il vapore si condensa, venendo a contatto con una estesa superficie refrigerante lambita da una corrente di acqua di mare). La manovra del motore a turbina è della massima semplicità. Tutto si riduce all’apertura della valvola di vapore della turbina della marcia avanti, quando si vuole imprimere alla nave movimento in avanti, oppure all’apertura della valvola della turbina della marcia indietro, quando si vuole imprimere alla nave il moto opposto. Poche altre valvole debbono essere poi regolate durante il funzionamento.
■ Il locale delle turbine si presenta così al visitatore meravigliato come una bella sala, dove si può accedere per scale abbastanza comode, e senza timore di macchiarsi o di soffrire eccessivo caldo, grazie a una ben studiata ventilazione.
■ Quando qualcuno dei lettori di queste pagine si trovi per ragione di divertimento o di affari in uno dei nostri porti militari, e sappia che vi sono nel porto nostre grandi navi da guerra, non trascuri di recarsi a bordo, e chiedere possibilmente di visitare anche i locali interni.
■ La visita in determinate ore del giorno (generalmente dopo le 16 e sino al tramonto), è permessa al pubblico di qualsiasi specie; quando poi il visitatore dimostri un particolare interesse a vedere parti speciali della nave e declini le sue qualità al personale di guardia, salvo circostanze speciali, egli viene cortesemente accompagnato, e a lui vengono fornite le più ampie spiegazioni.
■ Si è detto poco più sopra come il vapore, che deve lavorare nelle turbine, sia prodotto dalle caldaie, che costituiscono l’apparato evaporatore.
■ Una caldaia consta in generale delle seguenti parti principali:
a) Un focolare, nel quale avviene la combustione. Il carbone si fa poggiare sopra la così detta superficie di griglia, composta di tante spranghe parallele, lascianti tra l’una e l’altra degli interstizî per fare cadere le ceneri nel sottostante cenerario, e far penetrare l’aria.
Al di sopra della superficie di griglia vi è la camera di combustione, dove la combustione si sviluppa più o meno completamente.
Sicché, concludendo, il focolare si compone di tre parti distinte: cenerario, griglia e camera di combustione. Nelle caldaie, che vanno esclusivamente a nafta, sono abolite le griglie ed il cenerario, ed il focolare è un ambiente unico, nel quale si producono e si sviluppano le fiamme.
b) Un fascio tubolare, ossia un insieme di moltissimi tubi ad assi paralleli, per entro i quali passa l’acqua che deve essere convertita in vapore, e che esternamente sono lambiti dalle fiamme (questa disposizione si verifica nelle caldaie a tubi d’acqua ormai d’uso generale nella Marina da guerra. Nelle caldaie, dette a tubi di fiamma, usate per il passato anche nella nostra marina, i tubi erano invece lambiti internamente dalle fiamme ed esternamente dall’acqua). Se da una parte è desiderabile avere in una caldaia i tubi sempre più numerosi e più lunghi per conseguire un più esteso contatto coi gas caldi, d’altra parte per ragioni costruttive il numero e la lunghezza dei tubi debbono avere un limite.
c) Una cassa a fumo, nella quale si raccolgono i prodotti della combustione, dopo che hanno lambito il fascio tubolare, per indi avviarsi al fumaiuolo. È da notare che nelle moderne caldaie la cassa a fumo è completamente fuori della caldaia, e può considerarsi piuttosto un accessorio che una vera e propria parte di essa.
d) Una camera d’acqua, dove si raccoglie e circola l’acqua destinata a trasformarsi in vapore, camera che nelle moderne caldaie a tubi d’acqua è costituita dal fascio di tubi, di cui ho già parlato, e da altri recipienti, di cui dirò tra poco.
e) Una camera di vapore, dove si riunisce il vapore generato dall’ebollizione dell’acqua, per poi andare a lavorare nel motore.
■ Nelle caldaie a tubi d’acqua, che, lo ripeto ancora una volta, sono le caldaie generalmente usate sulle moderne navi, la camera di vapore è costituita dalla parte superiore di certe camere speciali, di cui or ora parlerò.
■ Moltissimi tipi di caldaie a tubi d’acqua sono stati inventati ed applicati sulle navi moderne delle diverse marine.
■ A me basterà dare un cenno soltanto delle caldaie Yarrow, assai diffuse nella nostra marina da guerra (le caldaie Blechynden, anch’esse molto diffuse, differiscono assai poco dalle Yarrow; i tubi scaldatori, anziché essere diritti, hanno una lievissima curvatura).

■ A piccoli tubi questo tipo di caldaia è applicato a torpediniere e cacciatorpediniere; a grandi tubi è applicato sulle nostre grandi navi da battaglia. Così a grandi come a piccoli tubi il sistema non presenta differenze notevoli.
■ Due collettori inferiori ed un grande serbatoio cilindrico superiore sono collegati da due tubi esterni di circolazione o di caduta, e da fasci di tubi generatori che in questo caso sono diritti, e che formano la totalità della superficie riscaldata.
■ Quando le caldaie sono piccole, la camera di vapore si costruisce in due metà, riunite insieme con perni a vite, in modo che la metà superiore possa a volontà essere rimossa. I collettori inferiori hanno una parte piana che costituisce la piastra tubiera, e l’altra parte, che ha forma di un semicilindro, si unisce a questo con perni a vite. Se si tolgono queste parti amovibili, i tubi sono in vista alle due estremità ed, essendo diritti, possono essere esaminati e puliti ogni qualvolta lo permette il loro piccolo diametro.
■ Quando le caldaie sono grandi, l’unione con perni a vite e dado, nel serbatoio superiore, non resisterebbe agli sforzi di pressione. In tal caso il serbatoio si costruisce con lamiere inchiodate e per conseguenza non è più smontabile, ma vi si può accedere facilmente, data la sua grandezza, per le visite e per le riparazioni.
■ La graticola è sistemata tra i due collettori inferiori, ed i prodotti della combustione vanno al fumaiuolo, traversando i tubi scaldatori in tutta la loro lunghezza.
■ I tubi, che possono avere una lunghezza variabile da m. 1,20 a m. 1,50, sono d’acciaio senza saldatura e mandrinati nelle piastre.
■ Le caldaie, a qualunque tipo appartengano, possono funzionare a tirare naturale o a tirare attivato, secondoché l’aria necessaria per la combustione è richiamata nei forni dall’aspirazione naturale del fumaiuolo o vi è soffiata mediante ventilatori, che aggiungono la loro azione a quella del fumaiuolo.
■ Ciò è necessario, quando occorre aumentare la produzione di vapore e perciò bruciare una maggiore quantità di carbone.
■ Se l’attività della combustione supera un certo grado, il tirare che si crea artificialmente coi ventilatori deve avere maggiore intensità: si ha così il tirare forzato, che può avvenire in diversi modi:
1. – Mediante getto di vapore alla base del fumaiolo, come nelle barche a vapore.
2. – Col tirare indotto per cui un estrattore alla base del fumaiuolo provoca un’attiva aspirazione dei gas della combustione.
3. – Mediante ventilatori: si distinguono due casi, secondoché i ventilatori comprimono l’aria nei locali delle caldaie (che sono chiusi) e si ha il tirare a locali chiusi oppure la comprimono soltanto entro i cenerari e si ha il tirare a cenerari chiusi.
■ La combustione nelle caldaie a nafta (I combustibili liquidi derivano tutti o dalla distillazione secca dei carboni o dal petrolio grezzo. Il petrolio grezzo si estrae dai depositi mediante pozzi, quindi è sottoposto ad una serie di distillazioni, a temperature crescenti, dalle quali si ricavano successivamente gli olii leggeri (benzina, gazolina), gli olii illuminanti, gli olii lubrificanti. I residui sono infine utilizzati quali combustibili. La composizione media della nafta è 87 % di carbone, 12% d’idrogeno ed 1% di ossigeno. Il potere calorifico della nafta è molto elevato.) è sempre forzata ed a locali chiusi. La nafta, aspirata da pompe, viene avviata sotto pressione attraverso un filtro (a freddo) ad un riscaldatore che innalza la sua temperatura da quella ordinaria a circa 80-100 gradi. Uscendo dal riscaldatore, la nafta attraversa un filtro (a caldo) e va alle batterie di polverizzazione cioè ai bruciatori o polverizzatori. Questi sono di vari tipi e non starò qui a descriverli. Basti il dire che nei polverizzatori più comunemente usati, quali p. es. il Thornycroft ed il Miani, la nafta, attraversando dei canaletti tortuosi, acquista un moto vorticoso che facilita la polverizzazione all’atto in cui entra nella camera di combustione per bruciarsi.
■ Non posso chiudere il mio articolo senza dire due parole sui sistemi di propulsione della nave e, scartando per ragioni evidenti il propulsore a getto e quello a ruote, che non hanno applicazione sulle moderne navi da battaglia, dirò soltanto del propulsore ad elica.
■ Questo non si compone di un’unica superficie elicoidale fissata al mozzo, ma tale superficie è suddivisa in un certo numero di parti eguali dette pale, che sono calettate simmetricamente intorno al mozzo in perfetta corrispondenza trasversale.
■ L’elica è destrorsa o sinistrorsa, a seconda che gira verso destra o verso sinistra per un osservatore che guardi l’elica da poppa verso prora.
■ Nel caso più semplice l’elica propulsatrice è una sola ed allora il suo asse giace nel piano longitudinale della nave. Ma ormai tutte le navi delle marine da guerra, e le principali navi mercantili hanno almeno due eliche, che sono disposte simmetricamente rispetto al piano longitudinale della nave.
■ Ho detto almeno, perché sulle nostre grandi navi da battaglia le eliche sono quattro, due centrali e due laterali, corrispondenti ad altrettanti assi motori. Le eliche in uso attualmente hanno mozzi a grande diametro e pale larghe al mezzo e fini alle estremità.
■ Nei moderni apparati motori a turbina le eliche, pur non differendo essenzialmente da quelle usate per motori alternativi, sono a parità di lavoro da compiere, di dimensioni minori, e ciò in relazione al numero elevato di giri che esse debbono sostenere.
■ Se qualcuno dei miei lettori avrà la fortuna di visitare una grande nave da battaglia, quando essa si trova in bacino, potrà osservare tutte le parti della nave che normalmente sono sott’acqua, e con curiosità fermerà l’occhio sulle massicce eliche, che per mezzo dei loro bracci porta eliche si sporgono fuori, in posizione simmetrica rispetto al piano longitudinale della nave.
■ In quella posizione la nave fa l’effetto di un colosso ridotto all’impotenza. Ma si tratta di un’impotenza di breve durata. Appena ultimate le necessarie riparazioni e pulizie, la nave sarà nuovamente messa in mare e farà le prove di velocità, sotto la sorveglianza di una speciale commissione, prima di riprendere le sue missioni.
■ Allora quelle macchine, che nel periodo di bacino si mantennero silenziose e tristi, riprenderanno la loro marcia fremente: allora quelle eliche, che furono forzatamente immobili, riprenderanno il loro giro vertiginoso, spingendo la potente nave da battaglia là dove la sua presenza è richiesta, sia per missioni di pace (come ci auguriamo sempre), sia, ove sia necessario, per tutelare la sicurezza e il buon nome d’Italia.”