Da La Scienza per Tutti, Anno XI, N. 4, aprile 1891.
“■ La scuola di Salerno raccomanda di mangiare l’uovo al latte fresco e bazzotto.
■ Il primo precetto verrà sempre seguìto dai buongustai. L’uovo deve esser deposto da poco tempo, è inutile il dirlo, e, salvo in alcuni punti remoti del nostro globo, ove l’uovo stantio è considerato come un manicaretto prelibato, noi cerchiamo, per mangiarle al latte le uova più fresche possibili, e qualche volta le troviamo.
■ In quanto alla seconda prescrizione della celebre scuola italiana che ci raccomanda di mangiare le uova bazzotte, si deve riconoscere che le opinioni ed i gusti diversificano.
■ Dal cantante che tutte le mattine assorbe il suo uovo crudo, sino al buongustajo che vuole il suo quasi sodo, noi passiamo per tutte le gradazioni di cottura, che si traducono colla coagulazione più o meno perfetta della albumina. Qui ancora, troviamo una durezza media di cottura sulla quale la maggioranza è concorde; dopo due minuti di soggiorno nell’acqua bollente, l’albumina di un uovo di gallina incomincia a coagularsi quanto basta per non essere più liquida; oltre ai quattro minuti, il bianco dell’uovo si fa solido e la sua digestibilità è in ragione inversa del suo grado di cottura. La media dei tre minuti sembra dunque ammessa generalmente, ed un mezzo minuto di più o di meno basta per darci un uovo troppo cotto o poco cotto. Perciò la cottura delle uova al latte o, come altri, dicono da bere, che sembra la cosa più facile del mondo, è stata in ogni tempo la disperazione delle cuoche. Bisogna fissare gli occhi sull’orologio per tre minuti, e si sa come in questo caso tre minuti sono lunghi. Senza spingersi innanzi come Ampère, che metteva il suo orologio nell’acqua bollente e vigila gelosamente l’uovo nella mano, la persona che soprassiede alla cottura delle uova al latte non deve soffrire la menoma distrazione durante quei tre minuti sacramentali, poiché molti gastronomi accetteranno una costoletta od una bistecca un po’ troppo cotta, ma saranno severissimi quando si tratta di un uovo al latte. Perciò l’imaginazione degli inventori ha lavorato, e come! per venire in ajuto delle donne di casa, e, se si dovessero passare in rassegna tutte le serie di apparecchi a quest’uopo inventati, non la si finirebbe più; […]. Ci starem quindi paghi a far passare sotto gli occhi delle nostre amabili lettrici quei soli apparecchi che diedero risultati pratici, lasciando in disparte quelli che ebbero una voga effimera e che ora sono miseramente relegati in un angolo della cucina.
■ I dilettanti desiderosi di cuocere da sé stessi le uova in tavola potranno scegliere fra i tre apparecchi del nostro primo disegno (fig. 1). Il numero 1, rappresentato sulla destra, comprende due recipienti ovoidi, muniti di coperchio: in ciascuno di essi un vasettino di terra refrattaria contiene una piccola quantità d’acqua; la fiamma di una lampada a spirito di vino, che penetra per l’apertura inferiore, provoca l’ebollizione di quell’acqua, di maniera che l’uovo è circondato di vapore; quando lo spirito di vino, che fu misurato, sì spegne, si leva il coperchio e le uova sono cotte.
■ Dopo questo utensile, riservato ai celibi, ecco qua l’apparecchio di famiglia (N. 2, fig. 1). È un vasto recipiente capace di cuocere una dozzina d’uova in una volta sola.
■ Si versa sul fondo una misura d’acqua grande come un ditale; la medesima misura serve a regolare la quantità di spirito di vino da mettersi nella lampada, e le uova cuociono in uno spazio chiuso pieno di vapore. Questo apparecchio elegante nella forma, colla piccola gallina che lo sormonta, sembra in oggi alquanto dimenticato; forse non presentava una sicurezza assoluta.
■ Il N. 3, a sinistra del primo disegno (fig. 1) rappresenta un apparecchio nel quale le uova si cuociono non più nell’acqua bollente, bensì nell’aria calda. Dopo averle disposte tutte all’ingiro in un piatto pieno di fori, e sopra una lampada di cui si misurò accuratamente l’alcool, lo si copre con una campana di vetro; tosto, per effetto del calore raggiante, si stabilisce nell’interno della campana un’ alta temperatura, e quando la lampada si spegne la campana vien tolta via.
■ Come gusto, le uova cotte in questa maniera a noi sembravano migliori di quelle cotte nell’acqua bollente; ma in omaggio alla verità dobbiam confessare che l’estremità superiore è poco cotta, mentre per compensazione, l’estremità inferiore, vicina alla fiamma, lo è spesso un po’ troppo. Perciò questo ingegnoso apparecchio si è poco diffuso nelle famiglie.
■ Il N. 1 del nostro secondo disegno (fig. 2) ci mostra un antico apparecchio, utilissimo per le famiglie ove si va a tavola gli uni dopo gli altri. La fantesca riempie il vaso d’ acqua bollente, vi introduce il sostegno metallico che porta le uova, chiude i due coperchi, e depone il tutto sulla tavola. Ogni convitato trova così il suo uovo più o meno caldo, più o meno cotto, ma mai sodo.
■ Il N. 2 rappresenta l’orologio a polvere oscillante ben noto, munito di un contrappeso e di un piccolo martello. Si regola l’apparecchio per due, tre o quattro minuti, e quando quel periodo è trascorso, l’orologio a polvere si capovolge; ed in quel capitombolo il martello batte sopra un campanella che sta attaccata sul sostegno dell’istrumento. Questo piccolo apparecchio è ingegnoso assai, ma la sua precisione non è punto scientifica, e noi lo menzioniamo pel solo titolo di curiosità. Allo scopo di poter mettere agevolmente le uova nella casseruola e di levarle tutte in una volta senza correr pericolo di screpolarne il guscio, si può deporle in una tasca a rete, od in un panierino di filo di ferro analogo a quello del nostro numero 3. Fa d’uopo per altro che la donna di casa, avvertita da un orologio o da un campanello avvisatore, si dia la pena di ritirare il paniere metallico dall’acqua bollente.
■ Ma che direste voi, belle e leggiadre signore, se vi proponessimo un apparecchio che permettesse alle uova di uscire da sole dalla casseruola appena raggiunto il grado di cottura da voi prestabilito?
■ Questo apparecchio esiste e fu inventato da un ufficiale dell’esercito francese; lo vedete raffigurato al N. 4 del nostro disegno. Il suo aspetto esterno è quello di un girarrosto munito di un quadrante diviso in dieci parti eguali e sul quale si move una lancetta piuttosto grande. Una leva metallica, una specie di braccio articolato, esce dal fianco dell’istrumento; ad una delle sue estremità è sospeso il paniere che contiene le uova. Voi montate il congegno d’orologeria semplicissimo che esso contiene, facendo girare sei volte la lancetta intorno al quadrante, poi piantate quella lancetta sulla divisione 2, 3, 4, ecc., secondo il numero dei minuti che avete stabilito per la cottura. In quel momento l’estremità della leva è abbassata, il paniere e le uova pescano nell’acqua della casseruola posta sul fornello, e non avete più da darvene pensiero. La lancetta percorre il quadrante e quando è arrivata alla cifra X dell’apparecchio, posizione indicata sulla nostra figura, uno svincolo fa girare rapidamente un tamburo situato nell’interno, ed intorno al quale si avvolge una catenella attaccata all’altra estremità della leva. La trazione della catenella farà oscillare la leva ed uscire immediatamente il paniere e le uova dalla casseruola.
■ Uova che escono spontaneamente dall’acqua quando sono cotte, ecco una cosa ben ingegnosa, ma per essere proprio fin de siècle, la Favorita, che tale è il nome di questo apparecchio, dovrà essere munita del perfezionamento seguente: nell’atto che si alza la leva, il tamburo metterà in movimento il cilindro di un piccolo fonografo, e si udranno le uova gridare con voce squillante: Caterina, siamo cotte!“