Da La Lettura, Anno IV, N. 8, agosto 1904.
“È un inglese che si occupa di questo argomento nello Strand Magazine: e se ne occupa, naturalmente, secondo il gusto e le preferenze inglesi. Ora pare che nel giudicare della bellezza di portamento della donna ci sia tanta diversità d’opinioni quanta può esservene su una questione di metafisica.
Così, mentre il popolo britannico è perfettamente soddisfatto del proprio modo di camminare, gli altri popoli non sono tutti della stessa opinione, e, per esempio, un critico francese ha scritto che le donne inglesi hanno un portamento goffo e ridicolo, che non è una vera camminata, ma un semplice sistema di locomozione. In questo, come in tutto, il pregiudizio nazionale si impone. «Noi inglesi — dice lo scrittore dello Strand — non sappiamo trovare nessuna grazia nel portamento delle donne tedesche (passo pesante e braccia piegate in avanti) o in quello delle donne italiane e spagnuole (che fanno sporgere troppo il busto e puntano troppo innanzi il piede), o nel passo Impacciato delle donne giapponesi o nel barcollar continuo delle cinesi. Ma ad onta dei pregiudizî nazionali, non è forse possibile trovare una risposta soddisfacente alla domanda: — Come dovrebbe camminare una donna?»
Una camminata ideale l’avevano certamente le donne greche. Perfettamente conformate di corpo e addestrate dalla ginnastica, avevano, di solito, un passo lento, ma sempre, anche nella fretta, fermo e dignitoso. La pavimentazione moderna ha ridotto molto i movimenti delle anche; nelle donne greche e romane questi movimenti dovevano aggiungere molta grazia al passo. Le donne greche, come ora le inglesi, portavano il capo bene eretto, sia che stessero sedute o in piedi: con un braccio reggevano di solito l’abito e spesso tenevano l’altro al petto o lo lasciavano pendere al fianco.
Nel Medio Evo il portamento delle donne era divenuto molto affettato, e poco estetico.
Un poeta italiano del quindicesimo secolo parla del collo sottile della sua donna inclinato verso il cuore, ed anche il Botticelli — sebbene nei suoi quadri non manchino esempi di figure dal passo fermo e vigoroso — le più volte si compiaceva di dipingere atteggiamenti affettati. «Nel saggio qui riprodotto — dice lo scrittore dello Strand — quantunque la donna rappresentata sembri perfettamente sana e robusta, il suo portamento è tutt’altro che corretto: il corpo è curvato in un modo poco estetico, abbastanza comune anche ora fra le donne italiane».
Questo difetto si rileva del resto, in grado maggiore o minore, in tutte le figure femminili del Medio Evo. Allora, naturalmente, non era considerato un difetto, e di ciò si hanno varie prove. Un poeta inglese del quattordicesimo secolo trova bellissimo il portamento di una giovinetta la quale faceva «che il petto si inchinasse così da sporgere più innanzi del piede»; e nelle ballate di Percy si trova esaltato lo stesso modo di locomozione. Una delle nostre figure rappresenta appunto quel portamento che ai nostri giorni non sarebbe certo ammirato.
Anche nei dipinti del Mantegna e di Fra Filippo Lippi si trovano varî esempî del modo in cui — secondo il nostro gusto moderno — una donna non dovrebbe camminare. Talora si trova qualche esempio di portamento eretto, portamento che allora, a quanto pare, si giudicava proprio delle donne pie: appunto un poeta del secolo decimoquarto accenna alla monaca che muove con la testa in aria e gli occhi all’in su.
Il portamento delle donne francesi era anch’esso, in quei tempi, tutt’altro che naturale, e «protuberante». Una cronista dichiara che le sue contemporanee camminavano péniblement, ondeggiando come barche in tempesta entro i loro abiti montagnosi che ne attestavano la vanità. L’incisione qui riprodotta da una miniatura medievale spiega perfettamente la cosa. Le povere francesi dovevano essere scusate se l’ornamento del capo allora usato era pesante come pare che dovesse essere; e certo dovevano usare tutte le arti per conservare un equilibrio decente — non parliamo di grazia — con quel treno anteriore e posteriore che doveva esser causadi non piccoli imbarazzi.
Secondo Rubens, il portamento ideale sarebbe quello della donna abbondante e muscolosa, tanto frequente nei suoi quadri. È un portamento più maschile che femminile, sebbene spesso Rubens, quasi segno del sesso, rappresentasse le sue figure di donna con una mano alla vita. In altri quadri Rubens per altro ha tratteggiato portamenti più dignitosi e rigidi. È curioso notare quale idea si facessero i «conoscitori» del secolo decimosettimo sul portamento più dignitoso per una donna. Secondo lo «Specchio del buon contegno», una pubblicazione inglese del 1617, la gentildonna, camminando, non deve «contraffare gli uomini, né muoversi con una fretta sconveniente, ma scivolare come una nave sospinta da un vento leggero, senza tradire il moto delle membra. Dovrebbe andare non troppo diritta né troppo inclinata, ma, come segno di grazia, dovrebbe piegare un poco il collo a destra o a sinistra e tenere le mani gentilmente incrociate sullo stomaco».
L’allusione al movimento delle membra che non si deve indovinare e richiama alla mente un motto d’un Grande di Spagna, il quale appunto osservava: «La regina di Spagna non ha gambe, signore!»
Più tardi pare che si arrivi ad un concetto più ragionevole sul portamento conveniente ad una donna. Un passo del Mercurius dice: «Vi sono molte particolarità nel portamento di una gentildonna che la fanno distinguere dalle donne male educate o dalle donne appartenenti ad altre nazioni, ove le signore di qualità non sono belle né graziose come in Inghilterra. La donna deve evitare tutte le affettazioni di movimento che si notano nel portamento elaborato delle donne francesi e nell’inceder tronfio e pettoruto delle donne spagnuole. Il suo passo non sia troppo breve, ma nemmeno troppo lungo, come quello dei contadini; noi vada con la persona eccessivemente eretta, non scuota le braccia e non appoggi le mani alle anche».
Nel secolo decimo ottavo ricorrono continuamente, nella prosa e nella poesia, gli accenni al miglior modo di camminare e i consigli sulla maniera di conseguire un portamento ideale. Nel Lady’s Magazine si nota che lo scopo del ventaglio, dello scialle e del réticule è di dare un’occupazione apparente alle mani, poiché quando non sono occupate le mani «cadono senza atteggiamento», e non compiendo nessuna funzione, non hanno nessuna grazia. E si aggiunge: «Nessuna donna bene educata farà oscillare le braccia, né secondo la moda odierna, le porterà dietro la schiena camminando».
Verso la metà del secolo nulla poteva riuscir più facile al bel sesso che far cadere o incrociare le braccia sull’ampia e sostanziosa struttura delle gonne, le cui proporzioni enormi — come erano quelle della crinoline — rendevano così goffa tutta la persona: ma sul finire del secolo decimottavo le ampie sottane e la maestosa ma antigienica acconciatura del capo sparirono lasciando al capo ed alle membra molta maggiore libertà naturale.
Col ritorno al vestire greco ed ai sandali avvenne una completa rivoluzione nel portamento, specie in Inghilterra. Non si cessa mai di raccomandare la libertà e la elasticità del passo, e per evitare la rigidezza del portamento sì dice alle signore del 1803 di «voltare in bel modo il capo». Ma — aggiunge la rivista — nel voltare la testa a dritta e a manca, bisogna pur fare attenzione agli eventuali impedimenti che si trovassero sul cammino ed alle possibili ineguaglianze del terreno». In altre parole, la signora o la signorina, pur cercando un portamento disinvolto e non curante, deve badar bene dove va. Questo portamento è rappresentato in una delle nostre incisioni, e sebbene non sembri tanto naturale e disinvolto come dovrebbe, non è privo di grazia.
Una trentina di anni fa era abbastanza in moda, specie in Inghilterra, un portamento che gli inglesi, chi sa perché, chiamavano «curva greca». Come molte altre mode, pare che anche questa fosse dovuta ad un semplice incidente capitato ad una dama dell’alta società che era divenuta zoppa.
Riassumendo, ogni epoca ha avuto il suo gusto speciale, e forse il nostro gusto odierno non sarà quello delle generazioni avvenire.
Sicché rispondere categoricamente alla questione: «Come dovrebbe camminare una donna?» non è forse possibile. Vi sono molti apostoli della «cultura fisica» femminile che cercano di inculcare nelle menti delle ragazze moderne quello che pare il miglior portamento. Una signora inglese, Mrs. Josef Conn, ha tenuto su questo argomento tutta una serie di lezioni e di conferenze alle Grafton Galleries a Londra. Lo scrittore dello Strand le ha sottoposto la domanda: «Quale è il portamento ideale per una donna?» ed ella ha risposto non colle parole, ma coll’azione, camminando essa stessa.
«Devo confessare — aggiunge lo scrittore — che quello mi parve un esempio perfetto di peripatetica moderna, e quando la signora dopo avermi data quella piccola rappresentazione, aggiunse un secondo esempio facendo manovrare innanzi ai miei occhi una delle sue allieve, la mia educazione fu completa».
Poiché nulla meglio del cinematografo potrebbe dare un’idea del modo ideale di camminare, presentiamo qui una serie di fotografie cinematografiche prese appunto per illustrare questo articolo.
Quello della signora Conn è un sistema di camminare che consiste nell’adattamento del portamento greco alle esigenze moderne.
— Le inglesi — dice la signora Conn — non sono greche. Le donne dei nostri giorni, vivendo nelle città, con molti obblighi e doveri sociali od anche d’affari, non possono andare attorno oziosamente calzate di sandali ed avvolte in ampi drappeggi; ma possono tenere la persona ben diritta, piantare il piede a terra in modo fermo e vigoroso, tenere bene aperto il petto e le braccia a posto. Nulla giova avere un bel corpo se si cammina male e sgraziatamente. Molte donne imitano la canminata americana, ma sbagliano. È così semplice camminar bene! Non si tratta di imitare questa o quella, la greca o la romana, il passo troppo rigido delle americane o quello troppo flessuoso delle francesi. Naturalezza ci vuole e semplicità: i movimenti siano facili e spigliati e i muscoli esercitino tutta la loro funzione.”