Da Sapere, Anno I, Vol. I, 31 agosto 1935.
Di Piero Amaldi.
” ■ In questi ultimi tempi fra gli strumenti più strani e meravigliosi della scienza, ha fatto la sua comparsa il polarografo, congegno delicatissimo che rende possibile la analisi chimica automatica di qualsiasi composto.
■ Benché tale apparecchio abbisogni ancora di molti perfezionamenti perché il suo uso divenga più semplice ed i suoi risultati quantitativamente più esatti, pure i principii teorici su cui si fonda e la genialità con cui vengono applicati permettono di porsi seriamente la domanda: «Cambierà il polarografo tutta l’analisi chimica attuale? Sarà veramente mai possibile col suo impiego porre la soluzione da analizzare nella speciale cella elettrolitica, girare un interruttore, lasciare funzionare l’apparecchio durante la notte e la mattina dopo trovare in un diagramma i risultati dell’analisi eseguita elettricamente ed automaticamente dal meraviglioso congegno?» Dagli studi eseguiti e dai risultati già raggiunti ciò non sembra impossibile. E crediamo interessante dire rapidamente qualche cosa al riguardo per permettere a chi voglia seguire a larghi tratti il progredire della chimica, di capite l’importanza del nuovo strumento.

■ Fino ad oggi il meccanismo di una comune analisi chimica è quanto di più lungo ed esasperante si possa immaginare. Esclusi i metodi volumetrici, d’altronde non sempre applicabili ed usati solo per determinare “quanto” si abbia di una sostanza dopo aver saputo “quale” questa sostanza sia, l’analisi chimica nelle sue linee generali consiste nel far precipitare dalla soluzione fatta con il corpo da analizzare, tutti gli elementi, ognuno con i suoi reattivi speciali. Ma poiché ogni reattivo fa precipitare più di un elemento, ossia ogni elemento è precipitato da più di un reattivo; ogni elemento è mascherato da altri, la temperatura e la concentrazione hanno un’importanza grandissima; ed infine gli elementi sono 92; si capisce facilmente quante complicazioni s’incontrino nell’eseguire la più semplice delle analisi. Oltre a richiedere pazienza, memoria ed attenzione grandissime, occorrono spesso dei giorni per eseguire un’analisi e non è raro il caso di errori e di risultati anormali. Si noti inoltre che tanto lavoro serve solo per dire quali elementi erano i dati, ma non quanto si aveva di ognuno. Per dire ciò bisogna effettuare un’ulteriore analisi, quantitativa, ancora più lunga e complicata. Ciò premesso, si comprende facilmente di che enorme ausilio sarebbe per i chimici uno strumento capace come il polarografo, di fare meccanicamente e contemporaneamente l’analisi qualitativa e quella quantitativa.
■ Ma può esistere tale strumento? E se sì, quali principii teorici dovrà utilizzare? Ec‘co quanto cercheremo di spiegare.

■ Quando noi sciogliamo un corpo in un solvente (per esempio del comune sale da cucina in acqua) gli atomi delle molecole di questo corpo (NaCl) per il rompersi dei reciproci legami si trasformano in ioni (Na e Cl). Senza entrare nei dettagli della complicata meccanica degli elettroni, per la comprensione di quel che diremo basta osservare che tutte le soluzioni dei composti della chimica inorganica, contengono gli elementi che ne costituivano la molecola più o meno allo stato di ioni, e che gli ioni di tutti gli elementi sono dotati di una carica elettrica. Se noi immergiamo quindi in una soluzione contenente degli ioni due elettrodi, ossia un polo positivo ed uno negativo, e vi lanciamo della corrente, gli ioni negativi andranno a depositare la loro carica all’elettrodo positivo e gli ioni positivi all’elettrodo negativo. Uno dei principii teorici sfruttati nel polarografo per compiere l’analisi qualitativa, è proprio che «ogni elemento chimico abbisogna di una determinata tensione applicata agli elettrodi per far muovere il suo ione nella soluzione in cui si fa l’elettrolisi.» Poiché inoltre il circuito elettrico è chiuso in seno alla soluzione dalle cariche elettriche trasportate dagli ioni, ne risulterà che l’intensità della corrente che, per una data tensione, attraversa una soluzione contenente degli ioni, è proprio data dal «numero degli ioni che in tale soluzione trasportano le cariche elettriche fra i poli di segno contrario; ossia dalla loro quantità». Sono queste dunque le due grandi leggi che in modo geniale sfrutta il polarografo.
■ Essendo questo strumento in grado di misurare a quale tensione il movimento degli ioni ha inizio, ed essendo tale tensione, come dicemmo, una caratteristica di ogni ione dei diversi elementi, l’analisi qualitativa è presto fatta. Basterà cercare su di un’apposita tabella quale elemento corrisponde alla tensione misurata. Inoltre, poiché lo strumento può anche automaticamente misurare l’intensità della corrente che passa tra gli elettroni ad ogni tensione, ossia, in altre parole, è in grado di contare quanti sono gli ioni, che, mossi dalla stessa tensione (ossia appartenenti allo stesso elemento) con il loro movimento trasportano la corrente elettrica fra i poli, da tale dato si ricava l’analisi quantitativa.



■ Per chiarire quanto abbiamo detto valga il seguente esempio: siano dati dei sali solubili di arsenico (As) antimonio (Sb) e bismuto (Bi). Noi, supponendo di ignorare quali siano le sostanze date, vogliamo determinare col polarografo questi tre elementi (analisi qualitativa) e la loro quantità (analisi quantitativa). Fattane la soluzione con acqua, posta questa nella cella elettrolitica del polarografo, si comincia ad aumentare lentamente la tensione applicata agli elettrodi. Per un po’ non osserveremo nessun passaggio di corrente, ma arrivati ad un certo punto che chiameremo a (figura 4) osserveremo che passa della corrente. Dalle tabelle si trova che la tensione a corrisponde a quella degli ioni bismuto di cui quindi sveliamo la presenza, e dalla quantità di corrente passata sotto la tensione a, ossia all’altezza h1, proporzionale alla quantità di ioni bismuto presenti nella soluzione, siamo in grado di farne l’analisi quantitativa.
■ Scaricati gli ioni bismuto, aumentando la tensione si arriverà a quella b relativa all’antimonio e così continuando a quella c dell’arsenico.

■ Come si vede niente reattivi, perdite di tempo, precipitati, pesate, ecc. Tutta l’analisi si riduce a girare un interruttore ed a interpretare il diagramma dato dal polarografo.
■ Innumerevoli difficoltà complicano le cose e le rendono ben diverse dal diagramma ideale che abbiamo tracciato. La fig. 5 dà il diagramma che si ottiene in pratica facendo il polarogramma di As, Sb, e Bi. Come si vede le curve non sono nette e non sono solo tre. Molti fenomeni secondari (come assorbimento di ioni da parte del catodo di mercurio, riduzioni, sovratensioni, ecc.) complicano le cose e rendono per ora il polarografo uno strumento | non esattissimo e di difficile impiego. Ma la bontà del suo principio teorico resta inattaccabile ed una volta eliminati i numerosi inconvenienti che attualmente presenta — in special modo quelli derivanti dal fatto che ogni ione liberato dalla sua carica elettrica diventa atomo e riacquista quindi la proprietà dell’elemento — il polarografo diventerà lo strumento indispensabile per ogni analisi chimica.
■ Un prossimo avvenire ci dirà se questo geniale strumento col suo cervello meccanico ed i suo nervi elettrici potrà sostituire i poveri chimici analisti minacciati nelle fabbriche e nei laboratori dal nuovo infallibile ed instancabile concorrente.”