Da Rivista Enciclopedica Contemporanea, dispensa di luglio 1916.
Di Francesco Cosentini.
“Lo sviluppo portentoso dell’industria moderna, in séguito alle grandi scoverte tecniche, la funzione importante in essa esercitata dal capitale, che tende sempre più ad allargare la sua sfera d’influenza e a varcare i confini della propria nazione, lo spirito forte e diffuso di associazione, che centuplica il vigore degli sforzi individuali, sospingendo alle più audaci intraprese, infine la tendenza internazionalizzatrice di tutte le energie economiche, in virtù della quale si va lentamente attuando quella sintesi economica, vaticinata dal Loria, hanno dato vita e vigore a molteplici forme di coalizione, tra cui son degni di speciale menzione i cartel, i trust, i sindacati, i rings, i pools, ed altre forme secondarie di associazione di capitale, che, pur avendo origine antica potevano solo svilupparsi in tutta la loro efficienza nelle condizioni offerte dell’industria moderna.
Ordinariamente si fa confusione fra tutte queste varie denominazioni, adoperando indifferentemente l’una o l’altra espressione. Ognuna di esse ha però un significato speciale, e riveste una forma del tutto propria, in conformità dell’ambiente economico, in cui essa prospera e si’ sviluppa. Così i cartel, i quali si sono a preferenza e più diffusamente organizzati in Germania, differiscono dalle altre forme di coalizione, e specialmente dai trust, con cui di solito vengono confusi.
Sotto il nome di cartel si comprendono quelle libere convenzioni (Vereinbarungen) tra imprenditori dello stesso ramo d’industria, che conservano la loro indipendenza, e sì propongono di esercitare sul mercato un potere di monopolio.
Definito così il cartel, si comprende bene in che esso differisce dal trust, che si è sviluppato a preferenza in Inghilterra ed in America. Mentre questo rappresenta un’organizzazione di carattere industriale, commerciale e finanziario al tempo istesso, che tende pure all’unificazione della produzione, però in guisa che coloro che vi partecipano non possono produrre isolatamente, ma devono unire i loro interessi a quelli dell’impresa comune; il cartel invece lascia libera la produzione, e ne regola soltanto il commercio, cioè il prezzo di vendita, la quantità da mettere sul mercato, ecc.
Il fine principale, che tali coalizioni si propongono, è quello di esercitare un potere di monopolio sul mercato, eliminando, il più che sia possibile, la concorrenza. Da tale tendenza derivano tanto i buoni quanto i cattivi effetti dei cartel.
I cartel sono, come abbiamo detto, un portato del tutto recente dell’industria: essi sono sorti in virtù degli sforzi degli imprenditori per attenuare la crescente divergenza tra il rischio del capitale e il profitto di esso, divergenza che tendeva ad accentuarsi per effetto della concorrenza. Da questa dunque derivò il fenomeno del tutto opposto: il monopolio.
La prima epoca di avviamento verso i cartel in Germania, data dalla profonda depressione economica del 1870. Allora apparvero le grandi associazioni delle industrie del carbone, del ferro, della carta, della potassa e di molti altri prodotti. Tuttavia alcuni cartel tedeschi, come quelli costituitisi pel sale, pel bismuto, pel ferro bianco rimontano al 1860, e si è anche assodato che tra il 1836 e il 1844 esisteva già un cartel di 4 officine di allume di Prussia, di cui due appartenevano a privati e due al fisco. Ma tutti questi cartel, di origine antica, costituivano fenomeni isolati.
La vera fioritura di tali coalizioni si ha nel 1879, quando si inizia l’èra della protezione doganale.
Si è molto esagerata l’influenza della protezione doganale sui cartel, e si sostiene tuttora che senza quella questi non avrebbero avuto tanto sviluppo. Senza dubbio vi è una certa corrispondenza e concomitanza tra i due fenomeni; ma, a nostro modo di vedere, essi sono entrambi il risultato della grande crisi, che condusse ad una aspra lotta di concorrenza, per attenuare la quale gli Stati furono portati ad un tempo sia verso la protezione doganale sia verso le coalizioni e i monopoli. Coll’uno e coll’altro mezzo i cartel riuscivano ad elevare il loro profitto: col protezionismo doganale riuscivano a trionfare di ogni concorrenza straniera; colla coalizione riuscivano ad una intesa sui prezzi, adattandoli alla domanda, ricostituendo così i loro diminuiti profitti.
Il dominio principale dei cartel è la produzione della grande industria, compresa la produzione mineraria. L’industria dei trasporti è anche molto adatta alla loro formazione. Un’ inchiesta compiuta nel 1905, in Germania dall’Ufficio imperiale dell’Impero constatava la esistenza di 385 associazioni di tal genere, di cui 62 per l’industria del ferro, 46 per le industrie chimiche, 19 per l’industria del carbone. Ma d’allora in poi le coalizioni sono accresciute considerevolmente in numero, di modo che ora sono più di 500.
Notevole è altresì l’aumento del numero dei cartel internazionali, che sussistevano sin dal 1880, specialmente nelle industrie chimiche. Nel 1897 ne esistevano circa quaranta, di cui più della metà appartenevano all’industria chimica. Ora il loro numero si approssima al centinaio, di cui parecchie dozzine riguardano l’industria chimica, una dozzina le imprese di navigazione.
Le forme, sotto cui gli imprenditori si raggruppano in tali monopoli, possono comprendersi in tre categorie: vi sono i cartel di zona, coll’assegnazione ad ognuno di una zona speciale di smercio o di una data categoria di compratori, in guisa da offrire ad ogni cartel un monopolio completo nel suo campo di azione : ciò avviene specialmente per i cartel internazionali. Vi sono poi i cartel dei prezzi, che si sottraggono a tale isolamento, e pervengono ad un’intesa sui prezzi, regolando la produzione di ciascun d’ essi. Ma quando la concorrenza riesce a una sovrapproduzione ingombrante, ed è difficile un’intesa sui prezzi, sì incomincia a risentire le necessità di regolarla e contenerla stabilendo restrizioni nell’esercizio e nella produzione, e allora sorgono i cartel di produzione.
Oltre che in Germania il cartel si è sviluppato anche in altri paesi. In Austria esso ha avuto anche notevole impulso, sebbene l’intervento dello Stato lo ponga in una situazione ciuridica differente.
Dopo l’Austria-Ungheria il Belgio aveva il più gran numero di cartel, creati spesso secondo il tipo tedesco. In Francia, malgrado l’interdizione della legge relativa alle coalizioni, che del resto non ha avuto pratica applicazione, ne sussistono nell’industria del ferro e nelle industrie chimiche. Ne esistono anche in Italia nelle industrie del ferro, dello zucchero, della carta, del marmo, del cotone, dello zolfo, dei concimi, della soda, dell’alcool, del vetro; in Ispagna nelle industrie dello zucchero, del ferro, dei prodotti chimici, del rame, del vetro, dell’alcool, del sale, della carta; negli Stati Scandinavi nelle industrie del legno, del ferro, del rame, del cemento, della calce, del granito, dei concimi, del vetro, della cellulosa, dello zucchero, della carta, dell’alcool; in Romania nelle industrie del petrolio, della calce, della carta; in Russia nelle industrie del carbone, del ferro, del rame, del cemento, dello zucchero, dei fiammiferi, del sale, dell’alcool, del ghiaccio, della carta, dei prodotti chimici, del petrolio, dell’amianto, dei prodotti tessili; in Isvizzera nelle industrie della seta, del cotone, della calce, del cemento, del cioccolato, del latte, dell’aceto, dei prodotti chimici, della birra, dell’elettricità, dell’orologeria; in Portogallo pel cotone e per la farina; in Bulgaria per l’alcool, per l’essenza di rose e pel tabacco; in Egitto per lo zucchero; in Giappone per la seta, pel cotone, pel thè, pel carbone, per lo zucchero, pei fiammiferi, per la birra; in Turchia pei tappeti di Smirne, per lo zucchero e per le derrate coloniali; a Cuba per lo zucchero; nell’Argentina e nel Brasile pei fiammiferi; nel Chili pel salnitro e nel Messico per lo zucchero e per la canapa.
In Inghilterra e in America le unioni in monopolio assumono la forma di trust.
In tal modo, dovunque, al periodo della libera concorrenza va subentrando quello delle grandi coalizioni industriali, che nei cartel e nei trust hanno il loro principale esponente.
Quali sono gli effetti dei cartel sulle industrie che da essi dipendono? Mentre la libera concorrenza produceva un ribasso dei profitti del capitale ed un accrescimento dei rischi del capitale, il cartel, grazie alla convenzione comune dei prezzi, stabilisce condizioni uniformi di smercio per l’ industria intera, adatta il prezzo alla domanda che sempre più si accresce, fa elevare i prezzi e il profitto, diminuisce il rischio del capitale, regola l’organizzazione della vendita, agevola una più completa messa in valore dell’impresa, accrescendo la produzione.
Non mancano, ben è vero, imprese che rimangono estranee ai cartel; ma allora questi cercano anzitutto di ottenere l’adesione dei refrattari con un’aspra concorrenza; in altri casi cercano di comprare tutte le fabbriche concorrenti. Ma il principale mezzo per costringere all’adesione i concorrenti è l’obbligazione al commercio esclusivo, il contratto esclusivo (Exclusivvertrag) coi compratori, i quali assumono l’impegno di comprare esclusivamente dai membri del cartel.
Ai cartel si riattaccano anche con una certa esclusività i loro operai; ai quali il maggior profitto dell’impresa consente salari più elevati, sino al conseguimento della scala mobile dei salari, che è nei voti delle grandi organizzazioni operaie. Tale vantaggio assieme all’ altro non meno importante della grande uniformità nei salari e nell’occupazione degli operai fa sì che il cartel riesca piuttosto benviso alle classi operaie, in quanto che esso agevola una più intima intesa tra le organizzazioni degli imprenditori e quelle degli operai, e rende più agevole il conseguimento di migliori condizioni di lavoro.
I cartel hanno altresì favorito lo sviluppo della grande impresa provocando sia le fusioni, amalgamando imprese della stessa natura per formarne una più grande, sia le combinazioni, riunendo in una sola grande impresa i diversi stadi della produzione. Coll’instaurazione della più grande impresa si diminuiscono le spese di produzione, di trasporto, di amministrazione, e nello stesso tempo si elimina il profitto dell’intermediario, del commerciante, che spesso diveniva il tramite tra le varie branche di una stessa produzione.
Non meno importanti sono gli effetti dei cartel sui compratori. Essi, specialmente nei periodi di depressione economica, impediscono il ribasso dei prezzi in proporzione della diminuita domanda, mantengono i prezzi elevati, adattando la produzione e l’offerta ad ogni stato della domanda, mentre nel regime della libera concorrenza ciò che si adatta alla domanda è il prezzo.
Il gran pericolo dei cartel sta nell’eccessiva elevazione dei prezzi; ma è impossibile precisare, senza conoscere a perfezione le condizioni, in cui si svolge l’industria, sino qual punto tale elevazione sia lecita e quando divenga illecita. Il gran pubblico dei consumatori del resto non risente punto l’influenza dei cartel, se non per quei prodotti, che passano direttamente dalle mani dei primi produttori a quelle dei consumatori, come pel carbon fossile, per lo zucchero, pel petrolio. Per compenso i cartel offrono il vantaggio di una grande stabilità ed uniformità dei prezzi.
Un’altra importante conseguenza dei cartel è la vendita a buon mercato dei propri prodotti all’estero. Si tratta del fenomeno del dumping; ma di esso ci occuperemo in un articolo a parte.
I cartel hanno esercitato una grande influenza anche sul commercio, ed in tal campo apporteranno ancora considerevoli trasformazioni economiche. Mentre, sotto il regime della libera concorrenza, il commercio, profittando della disgregazione dell’industria, metteva gli uni contro gli altri i produttori, e si erigeva come assoluto regolatore degli scambi economici, esercitando la sua attività speculatrice specialmente nei periodi di depressione e di concorrenza sfrenata, allorché i prodotti erano venduti al prezzo più basso, e quindi aveva sempre più interesse al rinvilio dei prezzi e allo sviluppo della concorrenza, invece col regime dei cartel quest’equilibrio fra l’offerta e la domanda, quest’organizzazione degli scambi passa in mano delle coalizioni industriali, le quali cercano di eliminare gli inutili intermediari, e colla clausola dell’obbligazione di esclusività commerciale recano un fiero colpo all’attività della classe commerciante. Se tale tendenza fosse generale, allora il grande commercio sarebbe finito; ma essa invece non è comune a tutte le forme di cartel. Per taluni di essi, come in quelli dei tappeti, del vetro, della porcellana, del latte, dei materiali di costruzione, del pari che nell’industria siderurgica e nell’industria tessile la coalizione dei commercianti ha trionfato sulla coalizione dei produttori.
Ad ogni modo l’approvvigionamento diretto dei consumatori e il favore accordato dai cartel al commercio al minuto hanno apportato un grave danno al grande commercio.
L’importanza economica assunta dai cartel e le profonde trasformazioni da essi esercitata sulla vita economica hanno fatto sorgere il problema dell’intervento dello Stato e del regime giuridico da adottare per tali forme di coalizione.
Appunto per la loro importanza considerevole è difficile la fissazione di norme giuridiche. Essi sono un portato necessario dell’odierno sviluppo economico, e creare loro colle leggi una fitta rete di ostacoli significa rinunciare al progresso economico, di cui sono l’esponente. Si tratta dunque, tutto al più, di sopprimere per quanto è possibile i loro effetti nocivi e il principale di essi, cioè l’ esagerata elevazione dei prezzi. Ma qui si rivela la maggiore difficoltà, poiché lo stabilire il giusto prezzo sarà sempre imperfettamente valutato dai giuristi.
D’altra parte tutte le vigenti disposizioni, adottate nei codici civili e penali dei varii paesi contro le unioni in monopoli e contro la fissazione del prezzi usurari si sono rivelate insufficienti e son fallite nella pratica applicazione.
La legislazione inglese è forse la sola che combatte aspramente le associazioni in monopolio, e difende il principio della libertà industriale, interdicendo i contratti in in restraint of trade (di restrizione commerciale), che impongono ai privati un limite nell’esercizio della loro industria. Gli stessi principj giuridici prevalsero in America, ove si lascia un più largo campo all’apprezzamento del giudice. Ma la pratica economica ha saputo, in America come in Inghilterra, eludere le disposizioni legislative, creando altre forme analoghe di organizzazione economica (trusts, holding companies), contro cui del pari si rivolgono provvedimenti legislativi.
Per eliminare le conseguenze dannose dei cartel occorrono provvedimenti speciali economici e legislativi ad un tempo.
Occorre anzitutto portare alla luce del sole queste coalizioni, impedendo che nell’ombra del loro segreto arrechino coi loro abusi danno alle collettività. E lo Stato può farlo benissimo, accordando ad essi il riconoscimento giuridico, come ha già fatto coi sindacati operai. Tale riconoscimento giuridico implicherà l’esigenza della pubblicazione degli statuti dei cartel e delle modificazioni introdottevi. Alla pubblicità degli statuti si dovrebbe aggiungere quello dei bilanci e delle rispettive relazioni e di tutte le altre decisioni del cartel circa la fissazione dei prezzi, la limitazione della produzione, i buoni di esportazione, ecc. È questo del resto il regime adottato per le grandi banche. Il compito di raccogliere questi dati e di esercitare sui cartel un’attiva sorveglianza dovrebbe essere affidata, a un particolare Ufficio, creato nel Ministero di agricoltore, industria e commercio, ufficio, di cui anche in Germania si è risentita l’esigenza.
Per un altro riguardo ancora occorre una disciplina giuridica; tutto ciò che riguarda quelle convenzioni, che si comprendono sotto la denominazione generale di contratti di esclusione, di clausole di concorrenza, di contratti di boicottaggio, di proibizione di consegna e proibizione di lavoro, di obbligazioni al commercio esclusivo, ecc. Ora, se non è possibile impedire tutto questo, perché si connette intimamente all’organizzazione della vita economica, ed è profondamente radicato nelle stesse relazioni economiche, il legislatore può efficacemente combattere in tali convenzioni ciò che costituisce ad un tempo un attentato alla libertà dell’industria ed all’interesse sociale, imponendo a tali convenzioni limiti determinati, oltre i quali si passa nella sfera dell’illecito.
Non bisogna peraltro illudersi, che i mezzi legislativi possano eliminare ciò che vi è di illecito e di antisociale nei cartel: questi appunto per la loro importanza e per la loro potenza hanno molteplici modi per eludere la sanzione della legge. Occorre ai provvedimenti legislativi associare i provvedimenti economici.
E stato rilevato, come si è detto, che lo sviluppo dei cartel coincide coll’espandersi del protezionismo doganale. Orbene, il più efficace dei provvedimenti economici appare la riduzione o l’elevazione dei dazi doganali, come il mezzo più adatto per combattere l’ elevazione eccessiva dei prezzi dei cartel. Il dazio doganale si risolve indirettamente in un premio per l’industria nazionale, e la preserva dalla concorrenza con quella straniera. Ora eliminare od attenuare questo sopraprofitto è per lo Stato un’arma per impedire l’abuso delle coalizioni. Ma quando effettivamente si effettui tale abuso e quale portato essa abbia, ciò è difficile stabilire. E quindi necessaria la creazione di un ufficio competente, che sia in grado di essere perfettamente edotto del movimento economico.
Al pari dei dazi doganali possono efficacemente influire sui prezzi le tariffe pei trasporti ferroviari.
Su questa via dei provvedimenti economici si è messa ad es, la Nuova Zelanda colla legge del 1907 per proteggere i consumatori contro il monopolio nel commercio della farina, del frumento e delle patate, essa permette, su proposta di una Commissione d’inchiesta, la sospensione dei dazî doganali per tre mesi almeno. Ed a tale Commissione è affidato il compito, di tempo in tempo, di fissare i prezzi.
Invece l’elevazione dei dazî doganali serve a frenare il dumping, cioè la vendita a prezzi più bassi. A tale rimedio è ricorso il Canadà colla legge del 1907, che permette di elevare i dazî doganali per prodotti venduti a prezzo più basso che nel paese di fabbricazione, ogni volta che al Canadà sussiste la fabbrica di un identico prodotto. Lo stesso criterio fu adottato dagli Stati Uniti, ove i dazi doganali furono calcolati ad valorem, cioè secondo i prezzi più elevati, praticati nei paesi di fabbricazione.
Si è pensato altresì, specialmente in Germania, nel 1906 e nel 1909, ad un dazio di esportazione; ma esso non ha avuto pratica applicazione, e d’altra parte esso potrebbe anche avere effetti dannosi per l’economia nazionale, segnando un arresto di sviluppo nella produzione e nello smercio.
Un grave danno era apportato ai manifatturieri, che non potevano far gravare sui loro consumatori e compratori l’elevatezza dei prezzi della materia prima. E la politica doganale venne anche in loro soccorso, adottando la libertà doganale del commercio di finimento, differendo cioè o addirittura rimettendo il dazio doganale, allorché la materia prima perfezionata è di nuovo esportata. Tale provvedimento avrebbe avuto maggiore efficacia, se, come fu proposto al Reichstagnel 1909, si fosse adottato il sistema dei buoni di importazione, che, come denaro contante, potessero esser rimessi in pagamento dei dazî doganali per altre merci importate, e rimessi anche in pagamento o venduti ai fornitori delle materie prime.
Anche i cartel vollero venire in aiuto dei manifatturieri con premi di esportazione, ma essendo questa una concessione, rimessa al loro libito, diveniva spesso un’arma per rafforzarne l’asservimento. Ma se tutti questi provvedimenti giovano ai manifatturieri per quanto riguarda l’esportazione, non riescono efficaci per quanto riguarda il mercato interno, e, quel che è più, non riescono ad attenuare la maggiore concorrenza, che si verifica tra i produttori manifatturieri.
In sostanza, il sistema del protezionismo doganale non ha più la portata di una volta. Nel periodo della libera concorrenza, si credeva di eliminare la concorrenza straniera coi dazî doganali, e si pensava che all’interno la concorrenza degli imprenditori bastasse per assicurare ai consumatori i prezzi meno elevati. Ora, i cartel hanno cangiato tale stato di cose: le industrie protette hanno messo completamente a profitto i dazì doganali; i prezzi nazionali si son aumentati dei dazì doganali in confronto dei prezzi stranieri, e ne son derivate perdite notevoli pei manifatturieri. Ma vi è di più: tali prezzi nazionali elevati permettono alle industrie protette di vendere all’estero a prezzi sempre più bassi. In tal modo la concorrenza esclusa all’interno infierisce sempre più aspramente all’estero. Così il sistema di protezionismo doganale, come tutte le misure di politica economica, finisce col trovare in se stesso le sue limitazioni. I singoli Stati elevano a vicenda i dazì doganali, ma con ciò offrono ai cartel il mezzo per elevare sempre più i prezzi all’interno e di superare così colla loro esportazione le barriere doganali elevate dall’estero.
Il rimedio efficace a tali inconvenienti sembrerebbe l’adozione del libero scambio. Ma se esso dal punto di vista teorico si presenta come la soluzione più ragionevole e più efficace, si urta, nella pratica, in molte difficoltà: la disparità di sviluppo industriale nei vari paesi, la tendenza di ognuno ad assicurarsi, per quanto può, l’indipendenza economica, il dualismo fra prodotti industriali e prodotti agricoli, la grande divergenza di interessi economici dei vari Stati.
Altro rimedio radicale per combatterlo è apparso, specialmente ai teorici del socialismo, la nazionalizzazione dei mezzi di produzione; ma chi consideri le risorse enormi, che occorrerebbero per un’espropriazione totale, e le difficoltà di un esercizio di Stato, riconoscerà che una tale soluzione è perfettamente utopica, e solo parzialmente realizzabile.
Quel che è dunque, positivamente sperabile, è che lo Stato con provvedimenti giuridici ed economici rattenga i cartel nei limiti del giusto e del lecito, impedendo ogni abuso del monopolio, ed esercitando con particolari organi una assidua vigilanza su di essi: 2° che una serie di intese internazionali e una disciplina più illuminata della politica doganale, applicando i principj della comunità d’interessi, intervengano per strappare alle coalizioni monopolizzatrici ogni illecito guadagno a danno della massa consumatrice; 3° che la stessa tendenza dell’industria moderna all’internazionalizzazione della produzione e della vendita, la quale si è andata, in questi ultimi tempi, così rapidamente rafforzando, acquisti una sì forte espansione, da abbattere quelle barriere doganali, che sono state e sono i più forti baluardi dei cartel nelle loro imprese monopolizzatrici e sfruttatrici.”