di E. Bertarelli.
Da Sapere, Anno I, Volume I, N. 1, 15 gennaio 1935.
“Da quattro anni William Beebe del Museo di storia naturale di New York tenta le profondità abissali in vicinanza alle isole Bermude e racconta a noi attraverso la National Geographic Magazine la sua superba avventura. L’idea primitiva era sorta in Beebe quattro anni sono: costrurre una sfera di acciaio resistente munita di opportuna apertura destinata a rendere possibile la penetrazione di uno o due individui nella camera metallica, provvista di una o più finestre opportunamente studiate così che i vetri potessero bene resistere a fortissime pressioni; collegare questa sfera con cavo telefonico e con un conduttore di energia luminosa elettrica; provvedere opportuni mezzi chimici per la rigenerazione dell’ossigeno e la fissazione dell’anidride carbonica, e legare la sfera ad un cavo resistente che svolgendosi permettesse alla sfera stessa di affondarsi nel mare.
Per tal via non doveva essere impossibile scendere a profondità di alcune centinaia di metri in condizioni di buona funzionalità respiratoria, mantenendosi in rapporto col mondo esterno per mezzo del telefono, illuminando per un certo tratto lo strato idrico attorno alla sfera in modo da osservare i viventi che si presentavano per caso nel campo di visione. Nello stesso tempo diventava possibile procedere ad alcuni rilievi di carattere fisico negli strati che si sarebbero attraversati. Beebe (il cui nome era noto a molti studiosi specialmente per le belle esplorazioni delle isole Galapagos le quali debbono a lui la loro celebrità così da aver poi richiamato in questo arcipelago presso l’equatore, abitatori europei destinati a interessare tanto profondamente la cronaca) era stato aiutato in questa impresa alla Verne da Otis Barton che fu il primo mecenate e il primo compagno in queste esplorazioni oceaniche.
Il curioso apparecchio destinato a penetrare negli abissi oceanici veniva battezzato da Beebe col nome di batisfera, o sfera della profondità.

Il quesito da risolvere non era semplice. Se la costruzione di una sfera cava di poco più di un metro di diametro atta a sopportare bene pressioni di alcune decine di atmosfere non presentava difficoltà reali, non altrettanto poteva dirsi del problema di preparare finestre circolari od ovali provviste di buoni vetri, che avessero resistito alla pressione, ed il cui telaio non avesse dato luogo a penetrazioni di acqua con il pericolo che ne poteva derivare.
Altri quesiti si affacciavano allo spirito: quello di una illuminazione sufficiente che permettesse di bene vedere e bene rivelare i viventi che si sarebbero presentati nel campo di osservazione, quello di rimediare al facile pericolo di umidità nella cella metallica destinata a contenere due individui, quello di correggere la sottrazione di calore a profondità che hanno sempre temperature relativamente basse, quello infine di garantire la continuità cella comunicazione telefonica e di permettere la buona distribuzione di numerosi apparecchi in uno spazio fatalmente ristrettissimo.
Alcuni di questi problemi si dimostrarono in pratica assai meno semplici di quanto a tutta prima si sarebbe creduto. Ad esempio non fu facile impresa quella di ottenere telai per le finestre capaci di sopportare pressioni di decine di atmosfere, e qualche spiacevole incidente si verificò nelle prime discese di assaggio. Così in una delle discese si ebbe ad un tratto la penetrazione di acqua che entrava con una pressione diabolica nella batisfera, e qualche prova in bianco provò come, tratta la batisfera alla superficie, si sprigionasse poi un getto di acqua raccolta nell’interno, tale che bastava per decapitare una persona.
Circa tre anni sono la prima esplorazione abissale era condotta a termine con risultati sorprendenti: e Beebe con Barton giungeva verso i 400 m. di profondità rivelando fenomeni curiosi di colorazione delle acque, e nello stesso tempo riuscire a stabilire la forma di alcuni viventi abissali o ignorati o mal noti che per la prima volta erano veduti dall’occhio umano nel loro ambiente naturale di vita.
L’interesse e la curiosità sollevata dalla batisfera e dalle esplorazioni abissali spingeva a nuove imprese e nel 1934 Beebe trovava larghissimi aiuti dalla Società geografica americana e dalla Società zoologica di New York; aiuti che permettevano di studiare e di costrurre una batisfera perfezionata e meglio atta a tentare la discesa verso gli otto o i novecento metri. Le consultazioni dirette a studiare le pratiche possibilità per la costruzione di una batisfera che potesse scendere sino a 900 metri nel mare non furono né semplici né brevi. Nel rapporto pubblicato da Beebe nel numero di dicembre 1934 della National Geographic Magazine non si nasconde che più di un tecnico delle costruzioni meccaniche restava assai scettico sulla possibilità di ottenere un apparecchio che offrisse tutte le garanzie e che potesse bene servire alle osservazioni.

Pur essendo pacifica la questione della forma generale e del materiale (acciaio) della batisfera, si trovavano difficoltà gravi per quanto si riferiva alle finestre (una centrale e due laterali di proiezione oltre alla apertura di penetrazione per i due osservatori che dovevano abitare per qualche tempo la curiosa cella), e tutto ciò per il timore di una buona resistenza alla pressione e quindi alla possibile penetrazione dell’acqua.
Le difficoltà furono però risolte: il quarzo opportunamente lavorato fornì i vetri limpidissimi e resistentissimi che dovevano formare la parte più debole della sfera: e tutte le altre porzioni dell’apparecchio furono predisposte dopo adatte prove e dopo numerosi controlli. Tutto ciò non impedì che al momento opportuno qualche apparecchio apparisse troppo grande per poter passare dalla apertura di carico della batisfera, come succedette per lo spettrografo. Una piccola flotta di tre cargo (Skink, Gladisfen, Ready) si dovette preparare per il trasporto delle persone, dell’apparecchio col suo cavo di sospensione e di tutto lo strumentario. La nave Ready caricò la batisfera e servì quindi di base per le discese in profondità. Otis Barton accolse l’invito di unirsi a Beebe e anche in questa esplorazione abissale rimase compagno al coraggioso e sapiente naturalista. Uno stato maggiore di disegnatori e di studiosi di storia naturale accompagnava gli esploratori per notare i caratteri delle specie di viventi marini che si fossero incontrati, e per raccogliere tutti gli altri dati delle osservazioni sperimentali.

La nuova batisfera è molto più robusta della prima: anche in essa però gli abitatori debbono restare accovacciati e debbono penetrare orizzontalmente senza qualche difficoltà.
Fortunatamente il carico somatico di Beebe è di quelli che rendono facile questo lavoro di penetrazione! L’11 agosto 1934 la batisfera era pronta alla discesa: il cavo di attacco ed il telefono erano stati verificati, gli apparecchi per l’ossigeno compresso e per la fissazione dell’anidride erano in sede, psicrometro, barometro, fotometro, camera oscura, spettroscopio erano pronti a funzionare e Beebe ed Otis entravano nella batisfera per la discesa abissale. Presso lo zoccolo della palla di acciaio era posto un altro apparecchio studiato da Beebe per la eventuale cattura di esemplari marini.
Beebe descrive nel suo rapporto le impressioni visive accompagnanti la discesa e le modificazioni di colore presentate dagli strati idrici man mano che la sfera si approfondiva negli abissi. Dapprima l’acqua appariva verde, ma a 200 piedi la percezione risultava tale da rendere impossibile un giudizio se l’acqua fosse bluastra o azzurro-verdognola. Già a questa profondità apparivano viventi di varia natura e verso i 360 piedi si mostravano delle colonie di sifonofore. Verso i 600: piedi gli strati apparivano di un intenso azzurro con tale tono e caratteristica di tinta che diventa difficile tradurre sulla carta la percezione visiva. Il verde era già interamente scomparso e resisteva soltanto l’azzurro: alla osservazione collo spettroscopio si sarebbe detto che il blu fosse diventato l’ultimo colore dello spettro proprio come se il violetto fosse interamente assorbito.
Nel frattempo, mentre la batisfera si portava sino ai 2500 piedi di profondità, curiose e strane creature vive apparivano innanzi alla finestra. Erano pesci, molluschi, crostacei, cefalopodi talora nettamente sconosciuti: molti presentavano fenomeni di fosforescenza e parti varie del corpo apparivano luminose.

Accanto alla sfera si aggiravano pesci lunghi oltre un metro i quali osservavano incuriositi il mostro di acciaio giunto a turbare la parte degli abissi ove le tragedie si svolgono nella penombra e nel silenzio. Uno di questi pesci che non fu possibile catturare nella rete è il bathysphaera intacta osservato per la prima volta in questa occasione. Non mancò neppure lo spettacolo di qualche tragedia come quella del piccolo chiasmodon niger che affronta, uccide ed ingoia il bregmaceros macclellandi tre o quattro volte più lungo dell’aggressore. E la vittima si dispone nello stomaco rigonfio del vincitore il quale lentamente digerisce la preda.
Non meno impressionante era la visione del chauliodus sloanei colla bocca viperina armata di denti a scimitarra, lunghi quasi quanto la testa e tali che imprimono al vivente un aspetto terrificante anche se le dimensioni restano moderate.
Tutta una serie di esseri descrive Beebe, dai delicati rhabdosoma, crostacei che ricordano la mantide religiosa, insino al cupo saccopharynx harrisoni che può dirsi il gigante osservato da Beebe. Tra l’altro ricorda la visione di crostacei del gruppo acanthephyra i quali per difendersi lanciano contro gli aggressori una specie di fine liquido fosforescente proprio così come i lanciafiamme in guerra lanciavano fiamme contro il nemico.

La discesa si spinse sino verso i 3000 piedi (quindi sin verso il mezzo miglio) ma la temperatura si era fatta bassa, l’umidità era notevole e il segnale di estrazione fu dato: e prima del mezzodì Beebe e Barton ritornavano alla superficie dopo circa due ore col loro ricco bottino di osservazioni, di materiale, di contemplazione.
La batisfera ha dimostrato come sia possibile rivelare all’uomo un mondo impensato di meraviglie e come sia nella umana possibilità sondare gli abissi marini.
Le profondità degli oceani arrivano a vari chilometri e si inabissano con valori maggiori di quanto le cime dei monti si innalzano verso il cielo. Ma la via alla discesa è aperta: e la batisfera ha offerto la prova della possibilità alle esplorazioni.
Forse un giorno i nipoti scenderanno nelle immani valli del Pacifico collo stesso animo col quale noi antenati tentiamo le rocce dell’Hymalaya.”